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News sull'omicidio di Elena Del Pozzo a Catania

“Così Martina Patti ha ucciso la figlia Elena senza guardarla”: cosa è emerso dalle indagini del Ris

In vista del processo a carico di Martina Patti per l’omicidio della figlia Elena Del Pozzo, Fanpage.it ha parlato delle indagini scientifiche dei carabinieri con il Tenente Colonnello Carlo Romano, comandante della Sezione di Biologia Molecolare del RIS di Messina.
Intervista a Tenente Colonnello Carlo Romano
comandante della Sezione di Biologia Molecolare del RIS di Messina
A cura di Antonio Palma
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Tra poche settimane si aprirà il processo a carico di Martina Patti, la donna accusata dell'omicidio della figlioletta di 5 anni, la piccola Elena Del Pozzo, uccisa a coltellate il 13 giugno dello scorso anno a Mascalucia, in provincia di Catania, e poi seppellita in una buca poco lontano dall'abitazione della mamma.

Numerose sono le prove raccolte dagli inquirenti a carico della donna che hanno già portato alla confessione del delitto da parte dell'imputata e al suo arresto. Elemento chiave le analisi condotte dal Reparto investigazioni scientifiche dai carabinieri sui reperti rinvenuti sul luogo del ritrovamento del cadavere ma anche in casa della donna e nella sua auto.

Fanpage.it ne ha parlato con il Tenente Colonnello Carlo Romano, comandante della Sezione di Biologia Molecolare del RIS di Messina, a cui la Procura ha delegato le indagini scientifiche.

Tenente Colonnello Carlo Romano
Tenente Colonnello Carlo Romano

Oltre alla confessione dell’imputata, nel processo che ad aprile si aprirà a carico di Martina Patti per l’omicidio della figlioletta Elena del Pozzo, conterà molto la ricostruzione dei fatti per stabilire l’eventuale premeditazione del reato. Quali sono gli elementi sui quali si sono concentrati i Ris in questa inchiesta?

Il nostro apporto all'indagine è quello scientifico sui reperti. La Procura in questo caso voleva da noi una ricostruzione della dinamica o comunque rispondere a un preciso quesito ovvero dove il delitto sarebbe avvenuto perché c'era il dubbio che la bimba potesse essere stata uccisa sul posto oppure in casa dove viveva con la mamma.

Quindi noi abbiamo effettuato due sopralluoghi: uno sul posto dove è stata rinvenuta la piccola, e l'altro in casa della mamma dove la piccola viveva. Abbiamo attestato che il delitto non è stato commesso in quella casa perché non vi erano tracce o elementi che facessero propendere per questa ipotesi. La piccola infatti è stata uccisa con un numero elevato di coltellate e quindi avremmo trovato le caratteristiche tipiche dell'accoltellamento come proiezioni ematiche oppure tracce di sangue, anche se latenti o lavate, in quanto rintracciabili con varie tecniche che noi utilizziamo per poterle rinvenire, tra cui il luminol.

Quindi con questo tipo di intervento sui luoghi abbiamo appurato già che il delitto sicuramente non è avvenuto in casa. Incrociando questo dato con tutta una serie di altri dati tecnici che provenivano ad esempio dalle telecamere di sorveglianza dei luoghi nelle vicinanze della scuola della bimba, della casa e del campo del ritrovamento, si è stabilito che il delitto è avvenuto sul luogo del ritrovamento del cadavere.

Le analisi sui reperti trovati in casa della donna, nell’auto e sul luogo del ritrovamento del corpicino della bimba quale impatto avranno nel chiarire la dinamica di quanto accaduto?

Noi abbiamo effettuato rilievi anche sulle autovetture, sia di Martina Patti sia del suo fidanzato, e neanche nelle auto abbiamo rinvenuto qualcosa di rilevante che avesse far potuto pensare ad esempio a un trasporto del cadavere da un posto all'altro.

Questo è un ulteriore elemento che ci ha fatto confermare dove il delitto è avvenuto, ovvero dove è stato rinvenuto il corpo. Per quanto riguarda il luogo del ritrovamento, uno degli elementi più inquietanti che abbiamo rilevato è quello rappresentato dal fatto che l'indagata – e ora imputata nell'imminente processo – abbia coperto la figlia con dei sacchi della spazzatura prima di ucciderla e questo lo ha fatto probabilmente per non vederla in faccia mentre l'accoltellava.

Questo però ha causato, forse involontariamente, l'impossibilità di rinvenire su tutti gli indumenti di Martina Patti le proiezioni ematiche da impatto tipiche nel momento in cui si uccide una persona con coltelli o qualcosa che produce delle ferite. I vestiti della donna erano praticamente puliti, a differenza di altri casi di accoltellamento, ma forse la sua volontà non era tanto quella di evitare di sporcarsi quanto quella di non vedere la figlia mentre la uccideva. Sui sacchi, del resto, c'erano le sue impronte quindi il fatto che li abbia messi lei e manipolati lei è pacifico.

Martina Patti dunque è stata diversi minuti in quel campo, ci sono stati ritrovamenti di tracce di quel terreno sui suoi abiti o sulle scarpe ed eventuali analisi dei Ris?

Noi non abbiamo fatto questo tipo di analisi e non ci sono state richieste in tal senso dalla Procura ma del resto non è così semplice associare un terreno a delle tracce di terra trovate sotto la suola delle scarpe. Spesso si pensa che si possa fare sempre una comparazione ma per poter dare una identità al terreno, se così possiamo dire, devono esserci delle peculiarità molto importanti. Ad esempio vado sull'Etna e c'è lava vulcanica.

Nelle zone del delitto della piccola Elena Del Pozzo, invece, i terreni sono tutti uguali quindi questo tipo di accertamento non avrebbe tolto ogni dubbio. L'analisi del terreno non sarebbe stata dirimente per le indagini.

Patti avrebbe scavato la buca nella quale avrebbe poi seppellito la bambina poche ore prima di ucciderla. Quella stessa mattina una telecamera la inquadra mentre fa jogging e infine, poco prima delle 10, tornare a casa. Ha premeditato il delitto e ha fatto tutto a sola?

Assolutamente sì. Incrociando tutti i dati tecnici, le intercettazioni telefoniche, l'analisi dei cellulari e di tutti i suoi device, l'analisi delle telecamere e i nostri accertamenti scientifici, che hanno consentito di escludere categoricamente che l'omicidio possa essere avvenuto in un altro luogo, portano a una unica conclusione: che lei abbia agito da sola e con premeditazione. Del resto la zona del ritrovamento del cadavere, per quanto sia vicinissima all'abitato, è piena di arbusti che rendono impossibile vedere dal di fuori. Si tratta di un'area abbastanza protetta dalla vista.

Ci sono stati esami su telefoni, computer e apparecchiature informatiche della donna per ricostruire, almeno in parte, il movente del delitto?

Il movente resta per ora non perfettamente chiaro. Dalle indagini dei miei colleghi, dagli atti ed elementi raccolti, viene fuori una personalità della Patti, a mio avviso, non troppo matura. Ci sono una serie di elementi personali e familiari combinati che forse hanno prodotto questo impulso omicida. Però nessuno più dire con certezza quale possa essere stato il movente e forse non è neanche unico.

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