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Neonata rapita in ospedale e ritrovata a Cosenza

Cosenza, il giorno del rapimento della neonata Rosa Vespa è rimasta ore in clinica: “Non sapevo cosa fare”

Al giudice per le indagini preliminari Rosa Vespa ha detto che non sapeva cosa fare e che decisioni prendere quando si è trovata il giorno del rapimento in clinica a Cosenza e ha rapito la piccola Sofia.
A cura di Giorgia Venturini
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Avrebbe fatto tutto da sola Rosa Vespa, la donna di 51 anni in carcere con l'accusa di aver rapito la piccola Sofia lo scorso 21 gennaio dalla clinica Sacro Cuore di Cosenza. Nell'interrogatorio di convalida davanti al giudice per le indagini preliminari, ha spiegato come era riuscita a mentire alla sua famiglia e a suo marito che ha sempre creduto alla "finta" gravidanza. Un piano studiato e pensato nei minimi dettagli.

Durante il "finto" parto Rosa Vespa si era nascosta in bagno

Tutto sarebbe iniziato quando Rosa Vespa avrebbe creduto di essere incinta dopo un ritardo del ciclo mestruale e, dopo aver capito di non esserlo, avrebbe approfittato della situazione per simulare la gravidanza. Come si legge nell'ordinanza di convalida, nel corso dei mesi si è fatta accompagnare dal marito e della madre alla clinica Sacro Cuore quattro o cinque volte per sottoporsi ai controlli medici di routine convincendo però i suoi accompagnatori a restare in macchina. Lo stesso è accaduto l'8 gennaio, il giorno del "finto" parto: è stata accompagnata da sua madre che, su richiesta della figlia, non è entrata in ospedale.

Rosa Vespa quindi in clinica è entrata da sola e per non destare sospetti al personale sanitario si è trattenuta per diversi minuti un po' in sala d'attesa, un po' in bagno. Solo in serata avrebbe scaricato la foto dal web di un neonato e l'avrebbe inviata alla famiglia. A loro avrebbe detto anche di aver contratto il Covid, così come il neonato. Giustificando in questo modo la lunga permanenza in ospedale. Ma lei non era in ospedale: la sera dell'8 gennaio ha soggiornato all'hotel Royal di Cosenza. Il pomeriggio successivo ha fatto un giro per la città e poi ha chiesto alla famiglia di venirla a prendere davanti alla clinica. Senza il figlio perché ancora in osservazione.

Il post su Facebook di Rosa Vespa il giorno del suo "finto" parto
Il post su Facebook di Rosa Vespa il giorno del suo "finto" parto

Rosa Vespa il giorno del rapimento ha trascorso due ore in clinica

Il 19 gennaio sarebbe ritornata ancora in ospedale e, anche questa volta, avrebbe detto che suo "figlio" non poteva essere ancora dimesso. Infine il giorno del rapimento: il 21 gennaio Rosa Vespa è stata accompagnata in clinica dal marito per portare il piccolo a casa, dove intanto la madre di Rosa stava organizzando una festa di benvenuto.

Quello che è successo in clinica l'indagata lo racconta così al giudice: dice di non ricordare molto perché era entrata in uno stato confusionale. Ha detto che non sapeva cosa fare e che decisioni prendere. Sapeva per certo – dice – di non essermi recata in clinica con l'intento di sottrarre un bambino alla propria madre.

La donna avrebbe vagato per quasi due ore per la clinica: qui infatti sarebbe arrivata per le 17 e alle 18.43 – come riprendono le telecamere di video sorveglianza – la 51enne avrebbe raggiunto il marito che l'attendeva fuori dalla struttura sanitaria. Ma in tutto questo tempo cosa ha fatto Rosa Vespa e come sia stato possibile che nessun sanitario si sia accorto della sua presenza?

Il capo della Squadra Mobile di Cosenza, Claudio Sole, con in braccio la piccola Sofia che sta ritornando tra le braccia della sua mamma
Il capo della Squadra Mobile di Cosenza, Claudio Sole, con in braccio la piccola Sofia che sta ritornando tra le braccia della sua mamma

Rosa Vespa ha girato per i piani superiori della clinica, per poi scendere al piano terra e risalire di nuovo. Poi la donna ha raccontato di essere entrata in uno stato confusionale: sarebbe entrata – come si legge dall'ordinanza di convalida dell'arresto – in una prima stanza di degenza e, presentandosi come un'infermiera, avrebbe chiesto a una mamma se il neonato dovesse essere cambiato. Ma la madre aveva rifiutato e non le aveva dato il piccolo. Così Rosa Vespa era tornata a vagare per i corridoi per poi entrare in una seconda camera, quella della piccola Sofia, e chiedere la stessa cosa alla madre che le ha affidato la neonata per essere cambiata. A questo punto Rosa Vespa avrebbe avvolto la piccola nel suo giubbotto e portata in tutta fretta fuori dalla clinica.

I parenti hanno visto Rosa Vespa usare il tiralatte

Una volta in casa è stata accolta dalla festa dei parenti. La donna avrebbe raccontato che c'è stato un momento dove avrebbe composto il numero dei carabinieri senza però iniziare la conversazione. Pochi attimi dopo alla porta ha bussato la Squadra Mobile, comandata da Claudio Sole: è entrato nell'abitazione mentre i parenti ripetevano la frase "vi stavamo chiamando".

La famiglia forse proprio pochi secondi prima l'arrivo della polizia ha avuto i primi dubbi. Per mesi tutti hanno creduto alla sua finta gravidanza. Anche perché lei presentava immagini di ecografie e la sua pancia, inspiegabilmente cresceva, come avrebbe detto il marito che dopo l'arresto in un primo momento è stato scarcerato perché ritenuto dal giudice per le indagini preliminari all'oscuro di tutto. Non solo, il cognato di Rosa Vespa avrebbe riferito agli investigatori di aver visto l'indagata i giorni dopo il "finto" parto preparare il latte da portare in clinica al bambino: ha visto Rosa con il tiralatte.

Ora l'avvocata difensore di Rosa Vespa, Teresa Gallucci, procederà chiedendo la perizia psichiatrica per la sua assistita. Intanto gli investigatori della Squadra Mobile hanno sequestrato i telefoni e verrà presto nominato un perito per analizzarli.

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