Cos’è successo sulla Marmolada un anno fa: le vittime, le cause e la situazione attuale
Il 3 luglio del 2022, esattamente un anno fa, il crollo del ghiacciaio di Punta Rocca in Marmolada provocò la morte di 11 persone. Tutti alpinisti "vittime di una delle più brutte pagine della storia della montagna” come la definirono all’indomani della tragedia, il presidente della Provincia autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, e il governatore del Veneto, Luca Zaia.
Otto furono i feriti, uno dei sopravvissuti si risvegliò dal coma dopo due mesi. Dopo il ritrovamento delle vittime, le ricerche sono andate avanti per altri dieci giorni per trovare i reperti mancanti via cielo e via terra.
Qualche giorno fa il gip del Tribunale di Trento, Enrico Borrelli, ha stabilito che quel disastro fu causato da un “crollo imprevedibile”. Non ci fu alcuna responsabilità umana diretta, dunque, per quella strage.
Il distacco di un seracco dal ghiacciaio della Regina delle DolomitiIè stato provocato da diversi fattori: lo scioglimento della neve, la formazione di torrenti sotto il ghiaccio e le crepe e, come riportato dai consulenti della Procura, dalle “temperature elevate registrate da metà giugno”. In altre parole la tragedia della Marmolada sarebbe stata provocata anche dai cambiamenti climatici.
Tragedia della Marmolada, cosa è successo il 3 luglio 2022
Il 3 luglio 2022 si staccarono improvvisamente dal ghiacciaio della Marmolada, nelle Dolomiti, circa 64.000 tonnellate di acqua, ghiaccio e detriti rocciosi – equivalenti a un grattacielo di 30 piani che viene giù a 80 metri al secondo – dando origine ad una valanga che ha travolto una ventina di persona provocando la morte di 11 anime.
La massa di ghiaccio e detriti si arrestò in un canalone dopo aver percorso circa 2,3 chilometri lungo il pendio. Il crollo avvenne nella parte alta del versante settentrionale della Marmolada, a quota 3.213 metri, e interessò un lembo sommitale del ghiacciaio, nei pressi di Punta Rocca.
Come affermato da un team di ricerca internazionale coordinato dal professor Aldino Bondesan dell’Università di Padova in uno studio appena pubblicato sulla rivista Geomorphology e ripreso anche da Nature, il distacco fu causato da “un cedimento lungo un crepaccio mediano, in parte occupato da un enorme volume d’acqua di disgelo generato da temperature altamente anomale della tarda primavera e dell’inizio dell’estate, che hanno raggiunto i 10,7 °C al momento dell’evento”.
Chi sono le 11 vittime
Undici persone hanno perso la vita quel 3 luglio di un anno fa.
Si tratta di Filippo Bari, 27 anni di Malo, Tommaso Carollo, 48 anni di Thiene, Paolo Dani, 52 anni di Valdagno, Davide Miotti di 51 anni e la moglie 44enne Erika Campagnaro di Cittadella, Nicolò Zavatta di 22 anni di Barbarano Mossano (il più giovane e l'ultimo ad essere recuperato), i fidanzati di Asolo Gianmarco Gallina e Manuela Piran, Liliana Bertoldi, 54 anni di Levico, Martin Onuda, 48 anni, e la moglie Dana Pavel di 46 anni, della Repubblica Ceca.
Nove i superstiti, otto le persone rimaste ferite, tra loro anche la compagna di Carollo, Alessandra De Camilli. "Ti amo Tommaso. Sempre e per sempre", il messaggio che aveva dedicato all'uomo. Tra i più gravi c'era Davide Carnielli, uscito dal coma dopo quasi due mesi dall'incidente.
Sopravvissuti che ancora oggi convivono con cicatrici fisiche e psicologiche.
Le cause del distacco
Da metà giugno 2022, le temperature in vetta avevano raggiunto i 10,7 gradi° con "una riduzione di circa sette centimetri al giorno" del ghiacciaio. Ma gli esperti non hanno indicato le alte temperature come la sola causa del crollo: negli strati più profondi del ghiacciaio vi erano infatti crepacci e fratture. La stessa area di Punta Rocca è una porzione distaccatasi dal ghiacciaio principale nel 2012.
La disgregazione del ghiacciaio sarebbe stata causata dallo scioglimento della neve e dalla formazione di torrenti sotto le crepe. Ma i periti Carlo Baroni dell' Università di Siena e Alberto Bellin e dell'Università di Trento, che hanno analizzato il caso insieme a ricercatori universitari e del Cnr, specificano che "la temperatura non avrebbe causato il crollo e neppure avrebbe di per sé dovuto allarmare, attesa l'assenza di segnali premonitori osservabili macroscopicamente”, si legge nella perizia. “Il peggioramento delle condizioni del ghiaccio è un fattore rilevabile a posteriori e ciò contribuisce a confermare l'ipotesi di una imprevedibilità dell'evento", scrivono.
Su queste basi il gip del Tribunale di Trento, Enrico Borrelli, ha stabilito che si è trattato di un evento "imprevedibile".
Le testimonianze dei sopravvissuti
Un rumore assordante seguito subito dopo da blocchi di ghiaccio grandi quanto un camper. I due escursionisti francesi, Christian e Patricia Chêne, ricordano così quel giorno: miracolosamente sopravvissuti hanno raccontato i drammatici momenti vissuti sulla Regina delle Dolomiti alla rivista francese Montagnes Magazine.
Impressionante è il ricordo di quei blocchi che “cadono e ci volano addosso a una velocità sorprendente. I blocchi si schiantano intono a noi: un'atmosfera apocalittica. Indossiamo i caschi e ci proteggiamo la testa come meglio possiamo. Un primo impatto seguito da altri, sempre più grandi, ci bombarda. Aspetto sconvolto il blocco fatale”, è il ricordo di Christian.
A pochi metri di distanza "vedo la coppia di italiani ancora lì nonostante i tanti impatti. Ma all'improvviso, un enorme flusso di acqua, ghiaccio e fango precipita come un geyser nella gola in cui si trovano. Vedo che vengono gettati nel vuoto, sento urlare e poi, improvvisamente una calma da fine del mondo. Mi volto e Patricia è ancora lì, viva e vegeta, un miracolo. Ho solo una mano insanguinata. Sotto, la giovane donna urla”.
Qual è la situazione oggi
L’archiviazione dell’inchiesta due settimane fa non basta per annullare 12 mesi di divieti di accesso alla Marmolada. Subito dopo il collasso, la Protezione civile del Trentino, attraverso interferometri e radar doppler, ha monitorato sia l’area del crollo, sia le due lingue glaciali che lo delimitano in destra e sinistra orografica. La nicchia di distacco è risultata potenzialmente instabile.
Il ghiacciaio è attualmente monitorato tramite la registrazione e l’analisi dell’andamento di alcuni parametri nivometeorologici: l’andamento della temperatura dell’aria e della copertura nevosa possono infatti fornire una stima della vulnerabilità del ghiacciaio, anche alla luce di un evento del tutto simile che accadde nella notte del 6 luglio 1989 sul Monviso.
I dati hanno confermato che lo stato di salute della Marmolada per cui il sindaco di Canazei, Giovanni Bernard, ha confermato che "non ci sarà nessuna zona rossa" nel versante nord della Marmolada, mentre sono in fase di definizione le modalità con cui l'area potrà essere percorsa in sicurezza.
Negli ultimi mesi sono stati raccolti dati molto dettagliati sui movimenti del ghiaccio, sulla temperatura e sulle precipitazioni
A brevissimo sarà invece effettuato un volo sperimentale con uno strumento innovativo dell’Università di Trento con cui, oltre alla copertura ghiacciata, si punterà a monitorare la presenza di quantità significative di acqua all’interno della massa glaciale. Se questa modalità di rilievo desse buoni risultati, potrebbe essere ripetuta con cadenza regolare nei mesi estivi anche con l’utilizzo di un drone, consentendo il monitoraggio continuo della zona interessata dal crollo.
Intanto in questi giorni sono già iniziate le commemorazioni tra Canazei e Passo Fedaia, ai quali hanno partecipato anche alcuni parenti delle vittime. "Mi sento di dire che è come se fosse passato un giorno dal 3 luglio 2022, anche se dopo un anno si riesce a parlare dell'evento più lucidamente", dice Alessandro, fratello di Filippo Bari, di Isola Vicentina, che ha perso la vita a 27 anni sulla Regina delle Dolomiti, lasciando la compagna e il figlio di quattro anni.