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Covid 19

Cos’è la “nebbia cognitiva” da Covid-19 e quanto dura: “È importante chiedere aiuto”

La Professoressa Laezza sta studiando la “Nebbia Cognitiva”, uno dei postumi che il Covid lascia nei guariti e che causa stanchezza cronica e confusione mentale.
A cura di Gianluca Orrù
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Antonella La
Antonella Laezza – Responsabile Servizio di Psicologia Clinica al Mauriziano di Torino
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Viene chiamata "nebbia cognitiva" ed è un insieme di astenìa, deficit di concentrazione, problemi del sonno, confusione mentale. "Stiamo studiando una malattia che non conosciamo ancora del tutto – racconta la Professoressa Antonella Laezza, responsabile del servizio di psicologia clinica dell'Ospedale Mauriziano di Torino – e che lascia strascichi per 6 o anche 12 mesi dalla guarigione".

La Professoressa Laezza è la responsabile di uno sportello di consulenza psicologica, per il momento dedicato esclusivamente ai dipendenti dell'Ospedale Mauriziano, ma si tratta anche di un trial clinico che punta prima di tutto a identificare questa nebbia mentale, a renderla osservabile oggettivamente: "Stiamo conducendo una serie di questionari, di test – spiega la Professoressa Laezza – prima di tutto per definire di che cosa si tratta. Ci sono diversi studi e la letteratura scientifica si sta accumulando, che ci dicono che questa nebbia cognitiva colpisce il 36% dei guariti da Covid. Alcuni di loro potrebbero avere dei problemi dovuti allo stress psicologico, alla paura di aver avuto la malattia, altri invece potrebbero avere dei veri e propri problemi che in questo caso possiamo contribuire a risolvere".

È possibile che questa nebbia cognitiva sia legata all'ossigenazione del cervello, sotto stress dopo una malattia che colpisce i polmoni, ma non tutto è ancora chiaro: "Il Covid-19 è una malattia nuova e la stiamo studiando – racconta Antonella Laezza – ma puntiamo a far uscire i pazienti da questa condizione attraverso una rieducazione cognitiva, una serie di esercizi psicologici che puntano a riallenare la mente"

L'importante, secondo Antonella Laezza, è non sentirsi soli: "Alcuni dei pazienti lamentano di non essere creduti – prosegue – e questo contribuisce ad acuire la sensazione di non essere ‘ritornati quelli di prima', ma io invito tutti coloro che sentono di avere ancora qualcosa che non va dopo il Covid a contattare il proprio medico di base o il servizio psicologico della Azienda Sanitaria Locale, chiedere aiuto è fondamentale per risolvere questi strascichi o almeno attenuarli".

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