Cos’è il Vishing, coppia truffata risarcita dalla banca: “Non ha attivato i sistemi di sicurezza”
Vittoria davanti all'Arbitro Bancario per la coppia veneta che a Fanpage.it, lo scorso agosto, aveva raccontato di essere rimasta vittima di vishing, perdendo tutti i propri risparmi. L'organo preposto alla risoluzioni di controversie fra istituti di credito e intermediari o clienti venerdì scorso ha infatti emanato un provvedimento, già esecutivo, che impone a Banca Sella, presso la quale erano depositati circa ottomila euro dei due giovani, sottratti dai truffatori, di risarcirne la metà. I quattromila euro che adesso dovranno essere restituiti dall'istituto potrebbero rappresentare un precedente importante per le altre vittime dello stesso raggiro, essendo uno dei pochi casi in cui vengono prese decisioni simili, anche se, sottolinea il legale della coppia, “si deve trattare di situazioni speculari, cioè con gli stessi presupposti, termini e modalità”.
Il vishing è una forma di truffa simile alla più nota phishing, cioè quella effettuata su internet con l'invio di false email da parte di istituto postali o bancari, ma ha lo stesso obiettivo: ottenere informazioni utili ad entrare nei conti dei malcapitati, non più tramite un click, bensì al telefono. La disavventura della coppia era cominciata il 25 giugno scorso. Sul telefonino della donna arriva la chiamata dal numero verde della banca; dall'altra parte del telefono un uomo si presenta come un dipendente dell'istituto, ufficio frodi. Sostiene che ci siano strani movimenti segnalati a Lugano sul loro conto e che i risparmi vanno immediatamente messi in sicurezza su un'altra carta, per evitare truffe. “Hanno i suoi codici, i suoi dati sensibili, hanno tutto” dicono, mettendo anche in evidenza una notevole conoscenza della risparmiatrice. “Facevano riferimenti a movimenti passati -sottolinea la donna- e sapevano che qualche mese prima avevo bloccato una carta”. Dicono che proprio tramite questa carta bloccata i truffatori sono riusciti a mettere in pericolo i risparmi della coppia, che non c'è tempo da perdere. “C'era una voce molto agitata, diceva dobbiamo muoverci, quindi gli ho dato i codici -continua la vittima-. Evidentemente però i loro tentativi non andavano a buon fine e quindi hanno riprovato per sei volte in 25 minuti”. E in tutto questo tempo, raccontano i due, dalla banca non è arrivato “nessun alert, una chiamata, niente”. Alla fine della telefonata parte così un bonifico da ottomila euro intestato a tale Bruno Strazzullo, evidentemente un nome di fantasia, con causale “invio” e conto corrente su una banca digitale tedesca, la N26. “Nessuno ci ha dato un minimo di tutela -aggiunge il marito della donna-, un minimo di garanzia, di sicurezza. Neanche una parola di conforto che magari un correntista si aspetta in un momento così delicato. Abbiamo cure da effettuare, tasse da pagare e non so come fare. Lo abbiamo fatto presente alla banca, ma ci è stato detto che non sono loro problemi”.
Dopo averci provato più volte autonomamente, è così partito un altro iter, concluso la settimana scorsa col provvedimento dell'arbitro. Ad assisterli sono l'avvocato Massimiliano Briganti e l’avvocato Giulia Targa dello studio legale Arena-Bertuzzo-Briganti-Rigo & Partner di Vicenza. “I riferimenti e i dati anche molto personali condivisi da chi ha chiamato la vittima -spiega Briganti- sono stati tali da metterla nelle condizioni di comunicare il codice necessario per effettuare il bonifico che poi ha svuotato di fatto il loro conto corrente. L'autorità bancaria ha però ritenuto a carico della donna non sia stato posto in essere un atteggiamento tale da integrare una colpa grave. Invece, ha ritenuto che tutte quelle attività di sicurezza che la banca ha l'obbligo di garantire al correntista non siano state attivate”.
“È una pronuncia molto favorevole perchè è, se non l'unica, una delle poche che fa riferimento al fenomeno del vishing, truffa perpetuata per telefono con l'uso di numeri riconducibili ad un istituto bancario -conclude il legale-. Non c'è un secondo grado, ma la banca adesso potrebbe agire in tribunale se si ritiene lesa dal provvedimento, ma si tratta di un'azione autonoma”. Nel frattempo, infatti, la cifra stabilita dovrà comunque essere restituita alle vittime da parte della banca, che ha un mese di tempo a disposizione per adempiere alla decisione dell'Arbitro Bancario.