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Covid 19

Cos’è e come si calcola l’indice Rt, decisivo per stabilire le zone arancioni e rosse

Tra gli indicatori di cui più si discute e che vengono presi in considerazione per stabilire la collocazione delle Regioni nelle zone gialle, arancioni e rosse c’è l’indice Rt. Si tratta di un valore che rappresenta il numero medio di persone a cui un paziente infetto da Covid trasmette la malattia. Vediamo cos’è nello specifico e come si calcola, sulla base di quanto spiegato dall’Osservatorio Cpi.
A cura di Stefano Rizzuti
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Tra i 21 indicatori impiegati per valutare la situazione epidemiologica delle singole Regioni e stabilire le zone gialle, arancioni e rosse, uno di quelli di cui si parla di più è l’indice Rt. L’Osservatorio Cpi, diretto da Carlo Cottarelli, spiega cos’è questo indice e come viene calcolato. L’indice rappresenta il numero medio di persone a cui un paziente infetto da Covid trasmette la malattia. Si può, teoricamente, stimare a partire dalla curva dei contagi e dai dati epidemiologici. La soglia ritenuta critica è 1, perché se si supera questo limite vuol dire che un positivo contagia, a sua volta, più di una persona. Motivo per cui è importante che questo valore scenda al di sotto dell’1 per riuscire a ridurre i contagi.

Come si calcola l’indice Rt

Per calcolare l’indice Rt c’è bisogno di aspettare di avere tutti i dati sui contagi avvenuti dopo il tempo t determinato dalla formula. Per capire quali informazioni servono, l’Osservatorio Cpi fa un esempio:

Supponiamo che il primo giorno in cui una persona è diventata contagiosa infetti un’altra persona, quindi un’altra persona il secondo giorno, e che in seguito (terzo giorno) guarisca. Sappiamo quindi che l’Rt è 2. Ma supponiamo di non saperlo. Conosciamo però il numero di nuovi contagiati giorno per giorno:

All’inizio ce n’era solo 1 (il paziente A, il nostro paziente “zero”);il primo giorno sempre 1 (il paziente B contagiato da A);il secondo giorno ci sono 2 nuovi contagiati (quello infettato da A e quello infettato da B; chiamiamoli C e D);il terzo giorno A è guarito (o per lo meno non è più contagioso), ma B, C e D ne infettano altri 3;con la stessa logica si capisce che il quarto giorno ce ne sono 5 e così via (vedi Figura 1)

Sapendo quanti contagiati ci sono ogni giorno e qual è la distribuzione dei contagi nel tempo (cioè che un contagiato ne contagia 1 il giorno dopo l’infezione e un altro due giorni dopo, prima di guarire) si può dedurre che l’andamento dei contagi osservato giorno per giorno richiede che l’Rt sia 2.

Per calcolare l’indice c’è una formula matematica specifica, che si basa sulla curva dei contagi e sui coefficienti di infettività relativa, calcolati sulla base degli studi epidemiologici passati.

Il calcolo dell’Iss e i problemi dell’indice Rt

L’Istituto superiore di sanità, però, effettua il calcolo basandosi su una metodologia molto più sofisticata, ottenendo anche gli intervalli di confidenza, che permettono di avere un quadro più completo delle stime. In ogni caso servono sempre sia la curva dei contagi che la valutazione dell’infettività dei contagi nel tempo. Secondo l’Osservatorio il problema principale di questo indice riguarda i contagi, poiché si calcola solo sui casi sintomatici, considerando che l’individuazione degli asintomatici dipende molto dalla capacità di screening di ogni regione e varia molto nel tempo. Altro rischio è quello di una sottostima, considerando l’alta incidenza degli asintomatici che, comunque, possono essere contagiosi. Inoltre, l’altro problema sottolineato è che l’indice Rt viene calcolato in ritardo e i dati non arrivano subito. Infine, il rischio è anche quello che le regioni forniscano dati incompleti.

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