Cosa succede a Zaki dopo la condanna, Noury (Amnesty): “L’Italia ha mollato la presa su questa storia”
L’Egitto ha rispedito in carcere Patrick Zaki. Lo studente dell’università di Bologna, arrestato al Cairo nel febbraio del 2020, è stato condannato a tre anni: lo ha riferito uno dei 4 legali dell'attivista al termine dell'udienza odierna a Mansura, in Egitto.
La sentenza – definitiva, non potrà esserci appello – è arrivata alla fine di una mattinata non facile con la tensione che cresceva fra i parenti, gli amici, gli avvocati e i rappresentanti delle ambasciate. Il ragazzo è stato arrestato in tribunale in preparazione del suo trasferimento alla stazione di polizia di Gamasa e portato via dall'aula attraverso il passaggio nella gabbia degli imputati.
A margine della sentenza Fanpage.it ha sentito Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
Se l'aspettava questa condanna?
Ci aspettavamo di tutto: un'assoluzione, un rinvio, una condanna. Noi abbiamo sempre detto. Noi abbiamo sempre detto che Patrick era imputato e in Egitto "imputato" è sinonimo di "condannato". Sappiamo che in quel tipo di tribunale in Egitto la sentenza non è soggetta ad appello o a ricorso in cassazione, ma potrebbero esserci altre vie. Ad esempio c'è il precedente di uno studente dell'università di Vienna la cui condanna venne annullata e poi fu fatto un nuovo processo.
Zaki è stato portato via tra le grida della madre e della fidanzata che attendevano all'esterno…
Un'immagine terrificante. Quella di un innocente che si è già fatto 22 mesi di carcere, intrappolato in un processo da un anno e mezzo, che viene portato via per scontare probabilmente altri 14 mesi in carcere.
Adesso cosa può succedere?
Sul piano giudiziario ci sono poche possibilità. Sul piano politico dobbiamo dire che dal giorno in cui Patrick è stato scarcerato, l'Italia come istituzione ha mollato completamente la presa su questa storia.