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Guerra in Ucraina

Cosa sta succedendo tra Russia e Ucraina (e perché non c’è nessuna invasione all’orizzonte)

A dispetto di tutte le analisi e le paure, Vladimir Putin non ha alcuna intenzione di invadere l’Ucraina. Perché l’ha già fatto e perché non gli conviene. Ma c’è un incubo di nome Nato che potrebbe complicare tutto.
A cura di Fulvio Scaglione
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Dopo “Covid” e “vaccino”, la parola più usata nel 2021 rischia di essere “invasione”. Quella dell’Ucraina da parte della Russia, ovviamente, come da milionate di articoli, interviste e analisi viste in ogni dove negli ultimi mesi. Invasione, quella roba in cui un Paese cerca di prendersene un altro: come la Germania di Hitler con l’Urss, l’Urss con la Cecoslovacchia, gli Usa e il Regno Unito con l’Iraq. Possibile?

Infatti no, non è possibile. Prima di spiegare perché sia così nonostante che quasi tutti dicano che invece sì, occorre un brevissimo riassunto delle puntate precedenti. Nel 1991, quando l’Ucraina votò per staccarsi dall’Urss, il primo Paese a riconoscerla come Stato indipendente fu la Russia di Boris Eltsin, anch’essa in procinto di mettersi in proprio. Dal 1991 al 2014 l’Ucraina ha poi attraversato varie vicende, cercando sempre di barcamenarsi tra un Est importante per l’economia (gas, petrolio, commerci) e un Ovest molto più attraente ma non incline ad accoglierla nelle sue strutture in tempi brevi. Tutto cambia nel 2014, allorché il presidente Yanukovich (un filibustiere, ma regolarmente eletto) decide di ritirarsi dall’accordo di associazione all’Unione Europea, passo decisivo per pensare a un ingresso nella Ue, e stringere ancor più con Mosca. Lubrificate dall’appoggio e dai quattrini degli Usa, le proteste del cosiddetto Euromaidan infine cacciano Yanukovich. Replica di Mosca: riannessione della Crimea e appoggio agli autonomisti filorussi del Donbass, con conseguente guerra civile che ha finora provocato almeno 13 mila morti e un numero imprecisato, ma ormai calcolabile in milioni, di sfollati, rifugiati ed emigrati.

Da allora, complici trattative di pace (gli Accordi di Minsk) che non hanno portato a nulla, le posizioni si sono vieppiù radicalizzate. L’ingresso nella Ue e nella Nato è addirittura diventato un articolo della Costituzione dell’Ucraina, un obbligo per i suoi Governi. La Russia ha concesso la nazionalità agli abitanti del Donbass e stretto con le Repubbliche autoproclamate di Donetsk e Lugansk un trattato di libero scambio. Kiev e Mosca, di fatto, si sono bruciate i ponti alle spalle. Fine del riassunto.

Tutto questo ci aiuta a capire perché, a dispetto di tante parole, non ci sarà l’invasione russa dell’Ucraina. In primo luogo, alla Russia non conviene. L’Ucraina ha 45 milioni di abitanti ed è vasta più del doppio dell’Italia. Con l’aiuto degli Usa e di altri Paesi ha ormai costruito forze armate di tutto rispetto, affiancate da milizie filofasciste quando non filonaziste ma bene addestrate e molto combattive. Ovvio, non ha la potenza di fuoco della Russia (l’ex vice capo dello Stato maggiore ucraino, generale Safonov, ha detto in Tv che l’esercito ucraino potrebbe reggere al massimo sei ore), ma farebbe pagare a carissimo prezzo un’invasione del territorio, anche perché a quel punto gli aiuti militari occidentali potrebbero solo aumentare. Tra i russi, come dimostrano gli ultimi sondaggi, non c’è alcun entusiasmo per un’eventuale missione militare e anche quel poco sfumerebbe appena tornassero a casa le bare con i corpi dei caduti. Vladimir Putin viene descritto come un poco di buono ma mai come un fesso. Cinico e calcolatore com’è, perché dovrebbe cacciarsi in un’impresa dove i rischi sono tanti e certi e i vantaggi pochi e incerti?

C’è poi un’altra ragione, questa: la Russia una parziale “invasione” dell’Ucraina l’ha già fatta. Si è ripresa la Crimea, e attraverso l’aiuto agli indipendentisti, ha tolto a Kiev il controllo del Donbass. In cifre, ciò significa il 7% del territorio ucraino e, secondo i dati pre-guerra, il 20% del Pil e il 25% delle esportazioni del Paese. È come se la Russia avesse strappato una gamba all’Ucraina che infatti, pur tra tanti progressi, tira avanti grazie agli aiuti dell’Occidente e ai prestiti miliardari del Fondo Monetario Internazionale. L’Ucraina è oggi il secondo Paese più povero d’Europa (dietro la Moldavia) e per risollevarsi davvero deve trovare un modo per coesistere con la Russia. E questo Putin lo sa.

Ma allora le truppe russe, i mezzi corazzati che vanno su e giù, i cacciabombardieri, le minacce, le “linee rosse” che secondo Putin non devono essere superate? Quello è il riflesso del vero incubo del Cremlino, che non è un’Ucraina indipendente e nemmeno un’Ucraina membro della Ue. Il vero incubo si chiama Nato. Quando l’Euromaidan cacciò il presidente filorusso Yanukovich da Kiev, Putin e i suoi avevano questo quadro in mente: portaerei Usa nel porto di Sebastopoli in Crimea e missili appunto nel Donbass, così vicini alla Russia da non essere intercettabili e da impedire qualunque risposta in caso di guerra. Questo è ciò che i russi intendono quando dicono che un eventuale ingresso dell’Ucraina nella Nato metterebbe a rischio la sicurezza nazionale e sarebbe quindi per Mosca inaccettabile. Per evitare questo si sono ripresi la Crimea e hanno sobillato il Donbass.

Dal loro punto di vista i russi hanno ragione. Non esiste Paese Nato che non ospiti sul proprio territorio gli armamenti della Nato. E noi dovremmo saperlo bene, visto che è dai tempi degli Euromissili degli anni Settanta che accogliamo ordigni manovrati da altri. Al momento attuale, una settantina di bombe atomiche, oltre a basi aeree e navali. Quindi è piuttosto logico pensare che anche l’Ucraina, una volta entrata nella Nato, diventerebbe ospite di armamenti vari. Anzi: chiederebbe di averli, per sentirsi più sicura.

Sull’altro lato della barricata, il lato Usa-Nato-Ue e Ucraina, si ribatte al Cremlino che nessuno può dire a un Paese a quale alleanza deve o non deve aderire. L’ingresso nella Nato degli altri Paesi dell’Europa dell’Est (Ungheria, Repubblica Ceca, i Baltici, la Polonia…) è avvenuto con procedure democratiche, fossero il voto del Parlamento o un referendum. E si parla comunque di Paesi che, storicamente, prima o poi hanno avuto con la Russia brutte esperienze. È però anche vero che, allo stesso modo, in politica non si possono ignorare le preoccupazioni altri, fare come se gli altri Paesi non esistessero. A maggior ragione se le preoccupazioni sono quelle di un Paese come la Russia, che non è una robetta da niente, ha risorse naturali immense, un esercito potente, un ruolo nel mondo (si pensi in Medio Oriente) e un dialogo con la Cina che, da economico e politico, potrebbe in breve tempo diventare anche militare. Ed è appunto di tutto questo che ora discutono Putin e Biden e l’infinità di leader, dal francese Macron all’inglese Johnson, dall’italiano Draghi al finlandese Niinisto, che fanno la spola a telefonare all’uno e all’altro cercando di mettere una buona parola. Non è facile ma nemmeno impossibile. E comunque, anche per oggi niente invasione.

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