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Incidente del bus a Mestre

Incidente del bus a Mestre, cos’è successo: la dinamica dell’incidente e le cause

La dinamica dell’incidente del bus precipitato a Mestre il 3 ottobre 2023: il mezzo cadde da circa 10 metri metri dopo aver strisciato contro il guardrail per alcuni metri. Furono 22 i morti, di cui due bambini, e 15 i feriti. Il bus elettrico era stato noleggiato per portare dei turisti verso un campeggio. Ora la svolta nelle indagini: fu lo sterzo del mezzo a rompersi e causare la sbandata.
A cura di Luca Pons
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Nell'incidente di Mestre avvenuto la sera dello scorso 3 ottobre, un bus precipitò dal cavalcavia Vempa causando 22 morti e 15 feriti. Il pullman elettrico cadde da un tratto sopraelevato di via dell'Elettricità, che porta verso l'autostrada A4, di fianco a dei binari ferroviari. Dopo l'impatto col suolo, poi, fu avvolto dalle fiamme. Negli ultimi mesi gli inquirenti hanno vagliato diverse ipotesi sull'origine della strage. Inizialmente si era pensato a un possibile malore dell'autista, pista poi esclusa. Si era parlato anche dell'ipotesi che il guardrail fosse troppo basso. Oggi, poi, il procuratore di Venezia ha fatto sapere che si sono concluse le analisi dei periti ed è emerso che l'incidente sarebbe stato legato alla rottura di un perno destro ammalorato, e quindi del giunto che collega lo sterzo alle ruote. Un guasto tecnico, insomma, che rese impossibile controllare il bus.

La frattura sullo sterzo del bus precipitato a Mestre: svolta nelle indagini

Il procuratore di Venezia Bruno Cherchi ha fatto sapere oggi che si è conclusa la fase delle analisi dei periti, e che i risultati saranno inviati alle parti perché li mostrino ai loro consulenti. Dall'indagine sullo sterzo del mezzo, recuperato dopo essere precipitato nel viadotto, è emerso che quella sera il perno destro si ruppe, il giunto che collega lo sterzo alle ruote cedette, e così diventò impossibile manovrare il mezzo. A causare lo sbandamento non fu, quindi, un malore dell'autista come si era inizialmente ipotizzato. Alberto Rizzotto, morto a 40 anni alla guida del mezzo a causa del forte trauma alla testa seguito alla caduta, era in salute al momento dell'incidente. Le analisi hanno confermato anche che Rizzotto non aveva mai usato il cellulare per la durata della corsa.

Chiarita la rottura dello sterzo, restano diverse da capire diverse cose. Da una parte, come mai si sia guastato lo sterzo di un mezzo che aveva appena un anno di vita. Per romperlo, in condizioni normali sarebbe servita una sterzata o una frenata molto brusca, entrambe cose che la ricostruzione della Procura ha escluso. Dall'altra parte, resta aperto il tema del guardrail. Le analisi hanno confermato che si tratta di una barriera vecchia e priva di manutenzione. Per un bus da 13 tonnellate, non c'era speranza che reggessero l'urto. Bisognerà stabilire, quindi, se ci siano delle responsabilità a riguardo. Sono indagati tre funzionari del comune di Venezia e l'amministratore delegato di La Linea, l'azienda per cui lavorava Rizzotto.

La dinamica dell’incidente: il pullman rallenta e sfiora il guardrail

Cosa successe negli attimi immediatamente precedenti è stato ricostruito anche grazie ai video raccolti dagli inquirenti. Le immagini mostravano il mezzo arrivare, rallentare e riuscire quasi a fermarsi quando sfondò il guardrail. Il bus, dopo aver strisciato per decine di metri sul guardrail, cadde a causa di un punto di sfogo, un buco di due metri lasciato senza barriera. Come testimoniato da un altro autista nei giorni successivi al disastro, il bus non procedeva troppo velocemente né mostrava altre particolarità, fino a quando sterzò bruscamente a destra.

Cosa è successo dopo la caduta: il bus ha preso fuoco

Il pullman era elettrico, e i soccorritori appena giunti sul posto cercarono di abbassare la temperatura della batteria. Non si trattava di un mezzo alimentato a metano, come era stato detto anche dal ministro dell'Interno Matteo Piantedosi nei primi minuti dopo l'incidente. Non furono coinvolti altri mezzi nell'incidente. Il bus prese fuoco solo dopo la caduta: questo aveva permesso di escludere fin da subito che un incendio (causato da un guasto tecnico o da un altro imprevisto) fosse tra le cause la caduta.

Le prime ipotesi sulle possibili cause: dal malore dell'autista al guardrail troppo basso

Una delle ipotesi su cui la Procura aveva lavorato inizialmente era quella di un malessere dell'autista, Alberto Rizzotto, di Treviso. A supporto di questa teoria c'era il fatto che il mezzo avesse strisciato contro il guardrail per diversi metri prima di cadere. Se si fosse trattato di un altro tipo di distrazione o di un colpo di sonno, è il ragionamento delle autorità, l'autista si sarebbe svegliato. L'autopsia aveva rivelato una presunta anomalia al cuore di Rizzotto, ma le successive analisi hanno confermato che il cuore era sano e, soprattutto, che l'incidente fu causato da un problema meccanico.

Lo stato del guardrail in quel tratto di strada aveva fatto sollevare l'ipotesi che la barriera fosse troppo bassa, per un tratto di strada che si trova a quell'altezza da terra. Ciò che è certo, secondo le perizie, è che in quel settore le barriere sono vecchie e prive di manutenzione, con dei lavori già programmati da tempo per essere avviati quest'anno. Non a caso, il punto di sfogo di due metri serviva a portare a una scaletta che però non esiste più da oltre vent'anni.

Il cerchio rosso indica il guardrail che è stato sfondato dal bus precipitato a Mestre.
Il cerchio rosso indica il guardrail che è stato sfondato dal bus precipitato a Mestre.

Anche due bambini tra le vittime dell’incidente del bus di Mestre

Per quanto riguarda le vittime, oltre all'autista tutte le persone uccise dall'incidente erano turisti di varie nazionalità (ucraini, tedeschi, francesi) diretti al campeggio Hu di Marghera. Il mezzo era un bus noleggiato con conducente, che abitualmente faceva da navetta tra Venezia e Marghera. Ci furono anche due bambini tra i morti.  Altri minori furono estratti dalle lamiere. Tra le vittime anche Charlotte, di un anno e mezzo, figlia di due giovani turisti tedeschi, entrambi di 28 anni ed entrambi sopravvissuti. La madre di Charlotte, Maike Annabel Frommherz, dopo l'incidente fu ricoverata e rimase in cosa a lungo all'ospedale di Mestre. Probabilmente, non potrà tornare a camminare.

Un altro dei quindici sopravvissuti, il 39enne Alexander Lomakyn, raccontò pochi giorni dopo di essersi trovato "in mezzo a dei cadaveri". Negli istanti della caduta, preceduta solo da un boato, addosso ai passeggeri caddero i bagagli e anche le altre persone presenti. Lomakyn perse su padre, di 70 anni. Lo venne a sapere solo in ospedale, dopo essere stato soccorso.

Gli eroi di Mestre: chi ha soccorso per primo le vittime dell’incidente

Tra i primissimi soccorritori a Mestre ci furono anche Boubacar Toure e Godstime Erheneden, due operai di 27 anni che dopo aver sentito lo schianto del pullman si erano gettati ad aiutare i Vigili del fuoco per prestare assistenza e portare in salvo le persone rimaste tra le lamiere del mezzo. I due, intervistati da Fanpage.it la notte stessa, avevano detto di non aver paura. Nei giorni successivi, già dall'indomani, avevano continuato a lavorare normalmente, anche se Toure aveva detto di non essere riuscito a dormire per giorni. Una settimana dopo l'incidente, i due erano stati convocati insieme a Bujar Bucaj dal sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, per ricevere il ringraziamento ufficiale della città. In quell'occasione, Toure aveva affermato che avrebbe rifatto tutto: "Certo che sì. L'ho fatto con il cuore, quando ho visto quello che succedeva l'ho fatto subito".

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