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Alessia e Giulia travolte da un treno a Riccione

Cosa potrebbe aver spinto sui binari Alessia e Giulia Pisano, morte sotto un treno a Riccione

La decisione di buttarsi sulle rotaie delle sorelle Pisano potrebbe avere a che fare con il senso di smarrimento conseguente al furto dello smartphone.
A cura di Anna Vagli
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Alessia e Giulia Pisano
Alessia e Giulia Pisano
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La linea gialla, quella che non si può oltrepassare, è un chiodo fisso per i pendolari. Così come lo è l’annuncio che invita ad allontanarsi dalla stessa e che rimbomba ad ogni passaggio di treno.  Quella portata salvifica dell’altoparlante, però, non è servita a preservare la vita di due giovani sorelle, Alessia e Giulia Pisano. Entrambe adolescenti, 15 e 17 anni, queste ultime hanno perso la vita dopo essere state scaraventate via dai binari della stazione di Riccione. Erano circa le 6.30 di domenica 31 luglio e Giulia ed Alessia dovevano rientrare a casa, nel bolognese, dopo una serata di movida romagnola. Il destino, però, non ha lasciato loro scampo. In assenza di telecamere in grado di fornire riscontri oggettivi e forti esclusivamente delle testimonianze dei presenti, resta ancora un mistero che cosa possa aver indotto le due giovani a spostarsi sulle rotaie quando un treno ad alta velocità stava entrando in stazione. È opportuno premettere che l’indagine avviata dalla Procura è a “modello 45”, cioè non contempla alcuna ipotesi di reato. E, di conseguenza, esclude la presenza di indagati. Dagli elementi emersi, tuttavia, è possibile, secondo il mio punto di vista, ricostruire la dinamica e le motivazioni alla base di una simile (e scellerata) scelta.

Che cosa è accaduto davvero ad Alessia e Giulia?

Non mi convince, e forse non convince neppure gli inquirenti, la versione per la quale la morte di Giulia ed Alessia sia stata frutto di un attraversamento incauto. Le due sorelle, difatti, stavano tornando a casa. A Madonna di Castenaso, in provincia di Bologna.

Impossibile, dunque, che abbiano pensato di raggiungere il binario due, dove era in partenza un treno diretto ad Ancona. Neppure è plausibile la volontà improvvisa di cambiare meta, dal momento che una manciata di minuti prima dello scontro fatale avevano chiamato il padre per rassicurarlo: di lì a poco sarebbero rientrate a casa. Ancora più inverosimile è l’ipotesi che entrambe possano essere distrattamente scivolate poco prima di essere travolte. Una fatalità, anche questa, che mal si sposa con la ricostruzione prospettata dai testimoni oculari.

Quindi, per cercare di capire che cosa è accaduto davvero, mancando riscontri oggettivi come quelli delle telecamere, è  fondamentale focalizzarsi non solo sugli istanti prima dell’impatto, ma anche sulle ore che lo hanno preceduto.

Lo “stato confusionale” e il furto di documenti

Di rientro da una serata alla discoteca Peter Pan, una delle più note della riviera romagnola, Alessia e Giulia si erano trattenute (forse) più del dovuto. Avevano sicuramente fretta di tornare a casa, considerata la telefonata fatta al padre – comprensibilmente preoccupato – prima dello schianto. In questo scenario, si aggiungono due variabili decisamente non trascurabili. La prima, il visibile e testimoniato stato confusionale nel quale versava una delle due sorelle. Non ritenuto, almeno al momento, imputabile ad un abuso di alcol. Considerato che, chi indaga, non sembra essere intenzionato a disporre gli esami tossicologici.

La seconda, il furto della borsa contenente il cellulare ed i documenti. Questi ultimi due sono elementi che fanno da apripista ad una serie di considerazioni che potrebbero essere dirimenti per la ricostruzione della dinamica. Partiamo dal generale. Giulia e Alessia erano nel pieno dell’adolescenza. Ed i ragazzi adolescenti, chi più chi meno, passano attraverso una serie di trasformazioni psico fisiche che si ripercuotono sulla percezione che hanno di sé stessi e di tutto ciò che gli accade. Dunque, in questa fase, il modo di vivere e gestire le proprie emozioni, come la frustrazione e la rabbia, muta bruscamente e si allontana dalle ordinarie modalità di percezione dei problemi. Riavvolgiamo il nastro. Uno dei testimoni ha raccontato che una delle due sorelle appariva profondamente turbata e in un visibile stato di alterazione. Potrebbe quindi essere verosimile che, in preda ad un’ansia esasperata dovuta alla perdita del telefono, una delle Pisano sia stata indotta a gettarsi in mezzo alle rotaie, spingendo così anche l’altra sorella nell’estremo tentativo di salvarla? Più nel dettaglio, è plausibile che la disgrazia possa essersi verificata perché la ragazza che per prima si è buttata sui binari era in preda ad un eccessivo ed amplificato stato d’ansia connesso proprio alla sottrazione dello smartphone.

Non è questa la sede per ribadire quanto il nostro essere iper-connessi attraverso cellulari e tablet sia deleterio per conservare una certa lucidità nel discernimento delle priorità della vita. Contestualizzando ancora, però, è opportuno sottolineare come gli adolescenti trascorrano la maggior parte del tempo incollati agli schermi dei device. In particolare, con il cellulare i ragazzi fanno tutto: leggono, chattano, comprano i biglietti per i concerti e titoli di viaggio. Ciò posto, proviamo ad immaginare cosa possa aver significato per una delle sorelle Pisano essere privata del proprio smartphone. Aggiungiamo poi il fatto che le due avevano appena trascorso una lunga nottata in discoteca dopo un estenuante pomeriggio lavorativo e che erano in ritardo per il rientro a casa.

In questo scenario, potrebbe quindi ipotizzarsi che, una delle due ragazze, abbia perso il controllo e la lucidità emotiva e si sia gettata tra le rotaie. Forse una noncuranza, un momento di trascuratezza e di imperdonabile sottovalutazione del rischio. Quella sensazione tipica adolescenziale di smarrimento che potrebbe averla fatta piombare in uno stato confusionale. Spingendo così l’altra sorella a prendere le redini della situazione per tentare di salvarla. Questa è a mio avviso l’ipotesi più verosimile ed ha a che fare con il furto subito e in generale con le ore antecedenti allo schianto. Non ritengo, invece, assolutamente prospettabile l’ipotesi suicidaria. Pur essendo convinta della imperversante situazione di malessere, come detto, quella situazione non è stata a mio avviso alla base dell’estremo gesto, ma piuttosto da un vuoto adolescenziale che ha determinato il tragico epilogo.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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