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Cosa non torna nella scomparsa della piccola Nicole e perché la bimba può ricordare cosa è accaduto

Che cosa è successo la notte in cui Nicole è scomparsa? La bambina, e soprattutto la sua memoria, può dare informazioni utili per la ricerca della verità?
A cura di Anna Vagli
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Per Nicole, appena cinque anni, si è temuto il peggio. È scomparsa in una fredda notte di aprile nella frazione di Fonte San Pietro, a Sant’Angelo Limosano (Campobasso). Per fortuna, come sappiamo, la bambina è stata ritrovata illesa. Tuttavia, il racconto della madre, oggi indagata, non ha convinto gli inquirenti. Ed è per questa ragione che, nelle ultime ore, sono state nuovamente raccolte le testimonianze sia dei genitori di Nicole che dei nonni materni e paterni. Chi coordina le indagini ha altresì disposto l’acquisizione delle carte planimetriche di contrada Fonte San Pietro, dove Nicole vive con i genitori e il fratellino di pochi mesi. Si cercano casolari, masserie o ristori dove si ipotizza possa essere stata trattenuta la bambina nella notte tra il 2 e il 3 aprile 2022.

Nonostante il lieto fine ancora restano molti dubbi su quanto accaduto. E ad alimentare le perplessità sulla veridicità del racconto della madre è proprio il nonno materno. Che ha parlato di un presunto rapimento. Un dato singolare e certamente non trascurabile. Considerato che, l’uomo, ha puntato il dito contro la figlia dicendosi sicuro che la sua nipotina non avrebbe mai scavalcato quella finestra. A maggior ragione non lo avrebbe fatto da sola e al buio.

Restano pertanto al momento aperte tutte le piste investigative. Inclusa quella della faida familiare. Un nuovo caso Denise Pipitone, ma con epilogo differente? Al momento solo due sono le certezze: il finale fiabesco e l’iscrizione della madre nel registro degli indagati. Quest’ultima, appena 24 anni, è indagata per il reato di abbandono di persone minori di cui all’art. 591 del Codice penale. Di conseguenza, qualora ne fossero accertate le responsabilità, rischierebbe la pena della reclusione.

Visto che gli elementi sono ancora confusi e le tessere del puzzle sembrano proprio non incastrarsi, facciamo un passaggio fondamentale. Ci chiediamo spesso a che età siamo in grado di ricordare. Ed è proprio su questo punto che oggi ci focalizzeremo.

Il racconto di Nicole e la memoria

L’unica persona in grado di raccontare che cosa è accaduto davvero quella notte, e di fugare ogni dubbio, è Nicole. Nicole che, però, è anche testimone vittima. E, da tale angolo di visuale, quando quest’ultima è stata sentita, ha dichiarato di non ricordare come possa essere finita nel luogo in cui è stata ritrovata. E lo ha dichiarato per ben due volte.

In merito, approfondiamo il concetto di ricordo nei bambini di quell’età. Difatti, i ragazzini in età prescolare hanno buona memoria e, se ben interrogati, possono essere ritenuti attendibili. Ma c’è un rovescio della medaglia. In quella fase di sviluppo la memoria è altamente manipolabile. Per tale ragione, se incalzati, i bambini tendono a far confusione tra ciò che effettivamente hanno vissuto e ciò che è stato detto loro al riguardo. Specialmente se a dialogare con loro è un genitore o una persona conosciuta. Quindi, una figura di riferimento.

È difficile ipotizzare che, il non ricordo di Nicole, possa dipendere dal trauma. Nel dettaglio, appare più verosimile l'ipotesi che la bambina sia stata indotta da qualcuno a dichiarare di non sapere cosa le fosse successo quella notte.

In questo senso, ancora, la reazione emotiva all’evento e il forte stress influiscono sulla precisione del ricordo, ma non sono in grado di eliminarlo totalmente. Dunque, anche se fosse stata prelevata nel sonno, Nicole non può non aver visto chi, eventualmente, l’abbia accompagnata nel punto esatto in cui è stata ritrovata.

Come poter ovviare il fattore suggestionabilità? Attraverso la documentazione dell’incontro in audizione protetta con il minore. E non è un caso che anche a Nicole abbiano fatto fare un disegno. Così argomentando, non è da escludere che venga ascoltata per una terza volta. Visto che, il suo racconto, sarebbe in grado di dirimere la questione.

Si è parlato anche di conversazioni Whatsapp cancellate da alcuni parenti della vittima durante le ricerche. In questa direzione, utile alle indagini, sarà anche – a mio avviso – la richiesta della copia forense del telefono della madre e dei familiari di Nicole. Una simile operazione peritale è in grado di recuperare non solo le chat eliminate, ma anche tutti i contenuti. Questi, in effetti, anche se cancellati, restano solitamente conservati nel cloud del telefono.

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Dottoressa Anna Vagli, giurista, criminologa forense, giornalista- pubblicista, esperta in psicologia investigativa, sopralluogo tecnico sulla scena del crimine e criminal profiling. Certificata come esperta in neuroscienze applicate presso l’Harvard University. Direttore scientifico master in criminologia in partnership con Studio Cataldi e Formazione Giuridica
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