Cosa hanno in comune Napoli e New Orleans? Quando l’arte diventa rinascita
Nell'Agosto del 2005 gli Stati Uniti sono stati colpiti da una delle più gravi e feroci catastrofi naturali della storia: l'uragano Katrina. Più di 1800 le vittime e innumerevoli i danni alle città e all'ambiente. Un impatto tremendo che ha distrutto tutto ciò che l'uragano ha trovato lungo il suo cammino. Eppure, dopo che a poco a poco ci si rialza, si sente il bisogno di dare un senso a ciò che è stato. Attraverso l'arte.
"Ten Years Gone" è una mostra forte, potente, immediata. E' la testimonianza di tutto ciò che è stato, della ferita che Katrina ha inferto ai territori su cui è ferocemente passata, e di come si convive, oggi, con quei ricordi. Le opere contano diversi artisti, come Isabelle Hayeur, che nelle sue fotografie utilizza il livello dell'acqua per tracciare il confine tra il sopra e il sotto, ma anche come segnale di pericolo. Alba Dedeux, invece, ha lavorato con delle sculture in resina, che segnano il livello della piena. Esse sono poggiate accanto alle opere della collezione permanente, per ricordare che il passato è costante e non svanisce.
Il significato profondo che sta dietro questa mostra è la sua visione dell'arte come rinascita e punto di partenza. Grazie all'arte riusciamo a riflettere. Ci guardiamo indietro con dispiacere e terrore, consapevoli del fatto che bisogna guardare avanti. Esorcizzare la paura ed elaborare il lutto che ci ha colpiti. Quando il tema di una mostra è come quello del NOMA (New Orleans Museum of Art), non si può fare a meno di capire che, in questi casi, l'arte funge da collante: uno strumento in grado di unire le persone, farle sentire meno sole, capendo che i sentimenti e le paure sono le stesse per tutti.
Ci si potrebbe chiedere cosa hanno in comune Napoli e New Orleans, “N” a parte. Tuttavia, la risposta risiede proprio nel potere dell'arte. Il terremoto dell'Irpinia del 1980 che causò circa 3000 morti, fu uno dei momenti più terrificanti per il popolo partenopeo. Tantissimi furono gli sfollati, e il terrore regnava sovrano, poiché in ogni momento, di nuovo, la terra avrebbe potuto tornare a muoversi.
Azzardato, forse lontano, il paragone con Lucio Amelio. Ma il gallerista, nato nel 1931, fu una delle più emblematiche figure dell'arte mondiale, accogliendo nella sua galleria un incredibile numero di artisti e riuscendo ad aprire le porte di Napoli alle numerose correnti e influssi creativi provenienti dall'estero, trasformando la città in uno dei più grandi punti di riferimento della scena artistica contemporanea. Dopo il terremoto dell' '80, i suoi amici e artisti chiesero cosa avessero potuto fare per la città. Fu così che nacque la collezione “Terrae motus”, ora nelle sale della Reggia di Caserta, che comprende le opere di artisti come Mimmo Palladino, , Andy Warhol, Mario Merz, Robert Rauschenberg, Michelangelo Pistoletto, Joseph Beuys e tanti altri.
Sono opere che affondano le loro radici nell'intento comune di offrire qualcosa a Napoli, in un momento di estrema difficoltà. L'arte unisce, protegge, aiuta. Lavori come quelli di Beuys o Warhol mostrano la connessione di questi artisti con la città: essi hanno cercato di compenetrarsi nei sentimenti del popolo che stava soffrendo. Proprio come hanno fatto coloro che hanno lavorato per la mostra “Ten Years Gone” per New Orleans, rendendo vicine le due città, perché dove c'è sofferenza, non c'è distanza. C'è invece la volontà di oltrepassare il dolore, anche attraverso l'arte.