Era il 1929 quando Freud scriveva il saggio dal titolo “Disagio della civiltà”. In effetti, mai come in questo momento storico la civiltà, oltre che a disagio, appare precipitosamente a rischio. Considerando, tra gli altri fattori, l’assiduità con cui gli uomini uccidono le donne. Quotidianamente tutte le cronache, non solo nazionali, narrano di morti efferate all’interno della famiglia e cagionate per i motivi più disparati. Sto parlando di quelle che abbiamo imparato a rubricare con il nome di femminicidio. Le stesse che hanno portato all’istituzione di una giornata internazionale contro la violenza sulle donne, celebrata il 25 novembre di ogni anno.
Tra i femminicidi su scala globale del 2022 deve essere annoverato anche quello di Antonella Castelvedere, la professoressa originaria di Brescia e morta a 52 anni nella sua casa di Colchester, in Inghilterra. Docente di letteratura inglese all’Università di Suffolk, il marito l’avrebbe uccisa perché non tollerava il suo successo nel lavoro. Un’accademica stimata e con una carriera in costante ascesa. Quella carriera che era evidentemente diventata enorme fonte di conflitto dentro e fuori le mura della loro abitazione.
Cosa spinge allora un marito o un compagno ad uccidere la moglie professionalmente più appagata? La risposta è sempre la stessa ed è di matrice culturale. Fino a quando la donna resta sotto la sfera di dominio di questi uomini e non smette mai di dipendere da loro nessun problema. Difatti, in questo senso non c’è un rapporto paritario, ma solamente l’uomo e il suo oggetto. Di conseguenza, la questione si pone quando una donna riesce ad affermarsi non solo come moglie e madre, ma anche come professionista. E ciò perché da oggetto diventa un soggetto del rapporto. Facendo così esplodere un’invidia intollerabile. Invidia, sicuramente già presente, ma silente. Pertanto, non essendo elaborata, improvvisamente tramuta in odio, spingendo l’uomo ad eliminare quel divario professionale inaccettabile. In altri termini, subentra in questi soggetti (malati) un sentimento di inferiorità. E percepire l’inferiorità, per alcuni individui di sesso maschile, è disturbante al punto da innescare meccanismi distruttivi. L’omicidio, o meglio chiamarlo femminicidio, diventa l’istintiva affermazione del potere.
Così, in questi casi ci sono solo vittime. Con i figli che finiscono con il diventare terreno di queste battaglie. Come la figlia, venuta a conoscenza dalle autorità inglesi – perché così prevede la legge – che la madre Antonella era morta per una mano a lei famigliare: quella di suo padre.