Corruzione, tangenti e ritardi: cos’è il Mose e perché non è stato ancora terminato
Le immagini di Venezia completamente sommersa dall'alta acqua in seguito al maltempo che ha messo in ginocchio l'Italia stanno facendo il giro del mondo. Linee telefoniche guaste, danni alla cripta della Basilica di San Marco, barche spinte dal vento sulle calli: insomma, una "devastazione totale, apocalittica", come l'ha definita il governatore del Veneto Luca Zaia, aggiungendosi a Luigi Brugnaro, il sindaco della città lagunare, che nelle ultime ore ha registrato il record del livello di alta marea dal 1966, toccando quota 1 metro e 87. Una situazione difficile, che ha riacceso i riflettori sul Mose, il grande progetto che avrebbe dovuto proteggere Venezia da eventuali allagamenti, mai portato a termine eppure costato 7 miliardi di euro e al centro di una contorta vicenda di corruzione, che ha coinvolto alcuni dei massimi esponenti della politica locale. Tante le polemiche passate e presenti, che stanno tornando in questo momento di emergenza e che ha spinto il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D'Incà ad annunciare che "a breve arriverà la nomina del commissario al Mose che va finito il prima possibile".
Cos'è il Mose a Venezia
Per capire perché sono divampate queste polemiche, che da Venezia sono sono arrivate a Roma, bisogna fare un passo indietro, spiegando innanzitutto che cos'è il Mose. Con questo nome, acronimo di "Modulo Sperimentale Elettromeccanico", si designa una barriera fra la laguna di Venezia e l'Adriatico per scongiurare gli allagamenti. Nello specifico, si legge sul sito internet ufficiale, si tratta di "4 barriere costituite da 78 paratoie mobili tra loro indipendenti in grado di separare temporaneamente la laguna dal mare e di difendere Venezia sia dagli eventi di marea eccezionali e distruttivi, sia da quelli più frequenti. Le barriere sono collocate alle bocche di porto di Lido, Malamocco e Chioggia. Il Mose può proteggere Venezia e la laguna da maree alte fino a 3 metri e da un innalzamento del livello del mare fino a 60 centimetri nei prossimi 100 anni". Dunque, un progetto ambizioso per un totale, al 2005, di 5.493 milioni di euro. La sua realizzazione è cominciata nel 2003, quasi 17 anni fa, quando a capo del governo c'era Silvio Berlusconi. I lavoro sono partiti quell'anno a opera del Consorzio Venezia Nuova, che agiva per conto del Magistrato delle Acque di Venezia, emanazione del ministero delle Infrastrutture, con l'obiettivo dichiarato di "assicurare la completa difesa del territorio dagli allagamenti, non modificare gli scambi idrici alle bocche di porto, non avere pile intermedie fisse nei canali alle bocche di porto, non interferire con il paesaggio, non interferire con le attività economiche che si svolgono attraverso le stesse bocche". Ma era già dagli anni Ottanta che l'idea della costruzione di queste barriere cominciava a prendere corpo.
Mose, lo scandalo tangenti riciclate e i guai di Galan
Tuttavia l'opera, ambiziosa, che avrebbe dovuto essere terminata entro il 2016, ad oggi, a novembre 2019, è ancora incompleta. Nel corso degli anni, infatti, il progetto è stato al centro di una serie di scandali. Nel 2014, il Consorzio Venezia Nuova, concessionario del ministero delle Infrastrutture per la realizzazione dei lavori, è stato persino commissariato dallo Stato, visto che vari suoi membri erano stati coinvolti dalle indagini della magistratura per aver ricevuto fondi illeciti e avevano patteggiato la pena. Da allora si sono succeduti diversi commissari. Nel 2018 ci furono altre indagini, che sono state lanciate per riciclaggio internazionale ed esercizio abusivo dell'attività finanziarie, in cui fu coinvolto ancora una volta l'ex governatore della Regione Veneto, Giancarlo Galan (Forza Italia), che aveva già scontato una pena patteggiata nel 2014 per corruzione di 2 anni e 10 mesi, trascorsi poi ai domiciliari. Secondo gli inquirenti, le tangenti del Mose incassate dall'ex presidente sarebbero state reinvestite in appartamenti di lusso a Dubai e fabbricati industriali in Veneto. La ricostruzione dei flussi di denaro legati proprio al Mose e riconducibili a Galan, secondo fonti della procura di Venezia, è partita dallo studio di un commercialista padovano, a sua volta finito nella rete delle 35 persone arrestate nel 2014 dalla Guardia di finanza per le tangenti sul Mose. Non solo Galan. Nell'inchiesta del 2014 è comparso anche l’allora ministro dell’ambiente e delle infrastrutture Altero Matteoli (Forza Italia), a cui toccò una condanna di quattro anni.
A che punto è oggi il Mose
I guai giudiziari hanno fatto ulteriormente rallentare il completamento del progetto che in tutti questi anni è arrivato a costare la bellezza di 7 miliardi di euro, "oggi sommersi sotto l'acqua alta della Laguna", come si legge sul web. Tra i vari problemi riscontrati, c'è poi il fatto che in questi anni di impiego del Mose c’è la risagomatura artificiale delle bocche di porto, che interrompe il naturale idrogeologioco e di ecosistemi con la laguna. Ma a che punto sono i lavori per la realizzazione delle barriere, oggi? Durante l’audizione alla Camera del 26 luglio 2018 l’ingegner Francesco Ossola, amministratore straordinario del Cnv, aveva dichiarato che "sono completate le opere per una percentuale del 93 per cento". Il 31 ottobre scorso il Consorzio Venezia Nuova ha reso noto, invece, che è stato rinviato a un'altra data il sollevamento completo della barriera posata alla bocca di porto di Malamocco, la bocca di porto più profonda della laguna. Per cui ancora un nulla di fatto. Come riferisce l'Ansa, è fissato ora al 31 dicembre 2021 la conclusione e la consegna del Mose, al termine della fase di collaudo del sistema definitivo degli impianti che muovono le dighe del sistema. Ma solo chi vivrà vedrà.