Coronavirus, rimossi i posti di blocco dalla ormai “ex zona rossa” del Lodigiano
Poco dopo la mezzanotte tra domenica 8 e lunedì 9 marzo la zona della Bassa Lodigiana che era diventata "zona rossa" per l'emergenza da Coronavirus è uscita dall'isolamento forzato, per entrare a far parte di quelle più vaste "aree a contenimento rafforzato" che comprendono tutta la Lombardia e altre 14 province: Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Alessandria, Asti, Novara, Verbano Cusio Ossola, Vercelli,Padova, Treviso e Venezia. Le forze dell'ordine che pattugliavano i posti di blocco attorno ai dieci Comuni della Lodigiana in quarantena – Codogno, Casalpusterlengo, Somaglia, San Fiorano, Maleo, Bertonico, Castelgerundo, Castiglione D’Adda, Fombio e Terranova dei Passerini – hanno abbandonato i presidi, dove era giunto anche l'Esercito.
I cittadini sono usciti dopo 14 giorni, ma non tutti sono favorevoli
I cittadini della zona rossa, circa 50mila persone che da ormai due settimane erano confinate nei propri territori di residenza, hanno accolto con sentimenti contrastanti la novità. C'è chi, non appena tolti i blocchi, ne ha approfittato per mettersi in auto e recarsi nuovamente al lavoro. Ma non manca anche chi ha accolto la decisione con perplessità: "In Cina hanno bloccato tutto e i contagi stanno diminuendo. Qui stamattina tutti al lavoro e via i blocchi – scrive un'utente sul gruppo Facebook "Sei di Codogno se…" -. Così sarà una pandemia".
Da più parti è stata criticata la decisione di riaprire la zona rossa
In effetti la decisione di riaprire la ormai ex zona rossa aveva ricevuto diverse critiche, anche da fonti autorevoli. Il professor Massimo Galli, direttore del reparto di Malattie Infettive dell'ospedale Sacco di Milano, in un'intervista rilasciata al quotidiano "Il Messaggero" aveva bollato come una follia l'eventualità, poi realizzatasi, di "aprire Codogno", ossia l'area in cui si è sviluppato il più importante focolaio italiano dell'epidemia da Covid-19. D'altronde, come sottolineato dall'assessore al Welfare della Lombardia Giulio Gallera, le misure di contenimento avevano prodotto negli ultimi giorni un risultato: ieri la zona di Lodi aveva avuto per il terzo giorno consecutivo "una crescita di casi positivi al coronavirus molto inferiore rispetto alle altre province", passando da 811 a 853 casi (con un incremento di 42 casi) contro i 997 della provincia di Bergamo, dove la zona rossa più volte chiesta per la Val Seriana (tra Nembro e Alzano Lombardo) non è mai stata istituita e i casi sono aumentati in un solo giorno di 236 unità. "Non abbiamo ancora i dati consolidati ma questo trend è il segno che lo sforzo fatto nelle scorse settimane sta iniziando a produrre un effetto e quindi il circondare quell'area e renderla impenetrabile con le forze ordine era la strada giusta da seguire", aveva detto Gallera. Ma allora, si è chiesto Simone Gorla su Fanpage.it, perché riaprirle?