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Coronavirus, Rezza (Iss): ‘La privacy? Una c…ata, siamo in guerra: serve metodo coreano’

“Siamo in guerra, serve il metodo coreano”. Duro affondo di Gianni Rezza, direttore del dipartimento Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità, che spinge anche per tracciare il segnale GPS dei cellulari. “La privacy? C…te, dobbiamo rispondere con tutte le armi che abbiamo”. E avverte: “Questa strategia ha consentito di ridurre molto la crescita della curva epidemica”.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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Emergenza coronavirus, duro affondo di Gianni Rezza, direttore del dipartimento Malattie Infettive dell'Istituto Superiore di Sanità: "Siamo in guerra, dobbiamo rispondere con tutte le armi che abbiamo. La privacy? Sono c…te". Rezza, intervistato da La Stampa, non usa mezzi termine, ed invoca il "modello coreano" per arginare la diffusione del coronavirus in Italia, facendo anche più test per accertare la positività al coronavirus: una posizione quest'ultima ribadita nelle ultime ore anche dal professor Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Medicina Molecolare e professore di Epidemiologia e Virologia presso l'Azienda Ospedaliera dell'Università di Padova.

"I coreani", spiega ancora Rezza, "hanno effettuato test rapidi ed estesi ma mirati, utilizzando la mappa degli spostamenti di ciascun positivo accertato, ottenuta utilizzando il sistema di posizionamento globale (GPS) dei cellulari. E così sono riusciti a individuare e a isolare i soggetti a rischio. Poi", ha continuato ancora Rezza, hanno utilizzato quelle informazioni "per creare applicazioni che hanno consentito ai cittadini di individuare le aree di maggior transito di potenziali contagiati, così da evitarle o adottare il massimo delle precauzioni. Una strategia efficace che ha consentito di ridurre molto la crescita della curva epidemica".

Una metodologia, quella di tracciare il segnale GPS dei cellulari che finora in Italia non ha incontrato molti consensi, visti anche i problemi legati alla violazione della privacy. Ma per Rezza, l'obiettivo di contenere ed arginare il virus dev'essere prioritario, magari seguendo l'esempio cinese e dunque "isolare le persone che non sono nelle condizioni di fare la quarantena in casa, magari requisendo alberghi e caserme". Il problema, infatti, è quello relativo al contagio all'interno dei nuclei familiari in quarantena. "Centinaia di migliaia di persone sono in quarantena perché positive o a rischio di esserlo", ha spiegato ancora Rezza. "Se in casa c'è un positivo, questo dovrebbe dormire in una stanza separata, non mangiare con gli altri, usare un suo bagno e i suoi asciugamani. Difficile per una larga parte degli italiani, ma se non teniamo conto di questo, il blocco delle attività produttive non basterà".

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