Nell’emergenza Covid 19 che da settimane piega l’Italia ci sono gli sforzi di una categoria che sta passando un po’ sotto traccia, quella dei Vigili del Fuoco. Non solo medici, infermieri e Protezione Civile, a sacrificarsi con turni da 24 ci sono anche loro, i Vigili del Fuoco, ancora senza mascherine.
Come disposto dalla disposizione ministeriale emessa sull’intero territorio nazionale, ogni vigile che entra in servizio deve restare in caserma per 24 ore in modo da ridurre da due a uno i turni al giorno e così limitare i contatti tra persone. “Dall’apertura di una porta quando si deve soccorrere una persona, al trasferimento dei pazienti in un altro ospedale quando mancano i mezzi, in un’emergenza così drammatica stiamo dando ogni tipo di supporto necessario alla principale attività istituzionale, la sanità” dice Alessandro Lupo, segretario nazionale del sindacato UIL PA Vigili del Fuoco.
Dopo l’11 settembre anche il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco si è dotato di attrezzature e tecniche specifiche per fronteggiare eventi ad alto rischio di contaminazione, “abbiamo reparti speciali con conoscenze in materia chimica, biologica e radiologica, come pure tecniche e attrezzature, ad esempio tute anti stagno, per affrontare eventi straordinari”.
E le mascherine contro il Coronavirus? “No, ma quelle mancano dappertutto” abbozza Lupo, “in alcuni comandi non ce n’è nessuna. Non più tardi di ieri abbiamo diffuso un comunicato sull’assenza di mascherine”. Il problema è diffuso, “non è il momento delle lamentele, ma la certezza dell’incolumità individuale, al momento, non ce l’abbiamo, nel mio comando stiamo usando quelle poche che avevamo già in dotazione” in attesa di rifornimenti che ancora non arrivano.
Solo la Gvs di Zola Pedrosa (Bologna), azienda che dal 1979 si occupa di soluzioni di filtrazione avanzata in ambienti altamente regolamentati, ha già dato 3mila alla Croce Rossa Italiana e aperto cinque nuove linee produttive operative su tre turni, spalmati sulle 24 ore, in modo da garantire entro la fine del mese 650 mila mascherine all’Italia.
C’è perfino chi, come la sarta in questo video, le produce con la pelle di uovo, le cuce e le regala. Nonostante l’impegno collettivo, il problema dell’assenza delle mascherine non si risolve, tale è stata la sproporzione tra domanda e offerta a causa della crescita esponenziale dell’epidemia. “Non c’è stata abbastanza lungimiranza” prosegue Lupo “e in un momento di difficoltà l’assenza di lungimiranza fa la differenza, ma questo vale per tutti, non solo per noi, prendiamo atto che nel Paese in questo momento non si è in grado di proteggere con certezza chi opera per far fronte al virus”.
Intanto, i pompieri lavorano con quello che hanno, caschi dotati di due “barriere” che li proteggono dal fuoco, dai liquidi contaminanti (sangue, composti chimici, eccetera) ma non dal Covid 19. Il Dpcm dello scorso 9 marzo – se n’è molto discusso – lascia all’individuo la possibilità di autocertificare le “situazioni di necessità” e il requisito è troppo soggettivo perché possa definirsi univocamente alla base di una regola dotata di sanzione.
Non essere troppo permissivi ma nemmeno autoritari (invocando l'esercito, come ha fatto il presidente regionale De Luca in Campania) è impresa tutt'altro che semplice. Perciò, a fare la differenza sono gli appelli, il passaparola, l’agire comunitario, ed è proprio alla comunità che i sindacati dei Vigili del Fuoco, da UIL PA a USB, mandano un messaggio tanto semplice quanto chiaro: “Restate a casa, proteggerete anche noi Vigili del Fuoco”.