Primario Codogno: “L’anestesista ha capito che Paziente1 aveva il Coronavirus e ci ha salvato tutti”
"Tireremo il fiato per altri due giorni, poi capiremo se qui la grande ondata dell'epidemia è passata oppure è solo all'inizio". Stefano Paglia, 49 anni, è il primario del pronto soccorso dell'ospedale di Codogno, nel Lodigiano, epicentro del focolaio lombardo di Coronavirus. Qui, infatti, è scoppiata lo scorso venerdì 22 febbraio l'emergenza Covid-19 in Italia, dopo il ricovero del 38enne, ribattezzato "paziente 1". Da allora, Paglia insieme ai suoi colleghi non ha lasciato un minuto il nosocomio, ma la situazione sta cominciando a diventare pesante. Lo ha raccontato lui stesso in una intervista rilasciata a Repubblica, anche se fino ad oggi ha preferito tacere perché "come ogni altro medico travolto dall'emergenza, penso solo a chi si ammala".
Proprio sul "paziente 1" Paglia si sofferma. "All'inizio aveva i sintomi classici di un'influenza – ha ricordato – e per due volte ha negato relazioni sospette con la Cina. Non rispondeva alle terapie ed essendo giovane era stato invitato invano a rimanere in ospedale sotto osservazione. Si è ripresentato il 19 notte, la polmonite si era aggravata, nessun farmaco funzionava. Nel primo pomeriggio di giovedì 20, dopo il trasferimento dalla medicina alle terapie intensive, si è accesa la lampadina all'anestesista che ha salvato tutti dalla catastrofe". Poi una collega "forzando il protocollo, ha fatto fare il tampone. Prima ancora di avere conferme, personale e reparti sono stati messi in sicurezza". Secondo il primario, tuttavia, il virus circolava a Codogno molto prima che scoppiasse l'emergenza, almeno da fine gennaio: "I medici di base registravano un boom di polmoniti: ci siamo preparati senza aspettare i finanziamenti".
Su quale sia la priorità al momento, Paglia non ha dubbi: "Quella del primo giorno. Rallentare il contagio per salvare Milano, le grandi città della Lombardia e il resto del Nord Italia", perché "se a Milano, Bergamo e Brescia la percentuale di positivi nei prossimi giorni raggiungerà quella del Basso Lodigiano e ora della Bergamasca, l'organizzazione sanitaria finirebbe sotto forte stress. Per fortuna chi deve sapere, lo sa". Poi, conclude: "Dobbiamo tenere duro ancora un paio di giorni. Tra domani e venerdì nella zona rossa scadono le due settimane di quarantena. Si tratta di un termine cruciale per capire il comportamento del Coronavirus. Faremo i conti e analizzeremo la tendenza. Anche Milano e l'Italia sapranno qualcosa di più su quanto ci aspetta. Si deve assolutamente rallentare il contagio e continuare a riorganizzarci per aumentare gli spazi riservati, a vari livelli, al Covid-19. La fase più assurda forse è passata, ma davanti potremmo misurarci con quella più drammatica. Lavorando con la testa però dimostreremo che la scienza guarisce".