“È ancora troppo poco”. Attilio Fontana porge il gomito d’ordinanza, in quello che è diventato una sorta di saluto ufficiale, a Palazzo Lombardia. Siamo al trentacinquesimo piano del grattacielo che ospita gli uffici della Regione, e non c’è nessuno, dagli usceri ai portavoce al presidente stesso, che non indossi quella mascherina che nelle scorse settimane era diventata oggetto di scherno e polemica, quando lo stesso presidente Fontana, nel video messaggio in cui si metteva in auto-quarantena dopo aver scoperto la positività al Coronavirus di una sua stretta collaboratrice, aveva cercato goffamente d’indossarla a favore di telecamera. Oggi, per Fontana, è il primo giorno fuori dalla quarantena, che arriva curiosamente nel primo giorno di quarantena della Regione che amministra: “Su quella mascherina è stata fatta speculazione politica – spiega Fontana a Fanpage.it – Io che entravo in questo auto-isolamento avevo l’obbligo di tenere la mascherina, così come le autorità avevano prescritto. E il significato di quel gesto era di dire alla gente che non era una sciocchezza come parte dell’informazione voleva far credere, che il Coronavirus era una cosa seria, da affrontare senza farci prendere dal panico, e senza commettere imprudenze. Oggi credo che l’abbiamo capito tutti. Anche chi allora diceva che la cosa era già finita, che bisognava pensare ad aprire tutta la città, e che andava a bere gli Spritz sui navigli.
Oddio, anche solo due giorni fa, con una situazione di contagi in rapida crescita, i navigli erano pieni di gente che faceva l’aperitivo…
Evidentemente qualcosa non ha funzionato nella comunicazione istituzionale: io che non sono un medico, né uno scienziato, quando ho guardato numeri e progressioni, e capito le conseguenze, mi sono subito preoccupato e mi hanno dato pure dell’imbecille. Le dico la verità: sarei disposto a prendermi ancora dell’imbecille, se fosse utile a far finire questa situazione.
Ieri era il primo giorno di quarantena della Lombardia. Che lei sappia, c’è un po’ più di consapevolezza, dopo il nuovo Dpcm della Governo?
Oggi non lo so ancora. Ieri non ero contento. Ieri abbiamo visto che la gente, i giovani, gli anziani continuavano a comportarsi come se non fosse cambiato assolutamente niente, un brutto segnale. Spero che da domani ci sia maggior consapevolezza, anche perché purtroppo i numeri dei contagi continuano ad aumentare. Con un’unica importanze eccezione, che ci deve far riflettere.
Quale?
Nella Zona Rossa, quella di più alto contagio, dove si sono prese le misure più rigorose e draconiane, si inizia a vedere qualche sintomo di rallentamento nella diffusione del virus. Se questo ha un significato, dobbiamo estendere quelle misure, il più possibile, al resto della Regione.
Però ora non ci sono più Zone Rosse? Lei è preoccupato?
Mi auguro di non dovermi preoccupare. Sono scelte che sono state prese da illustri ed esimi esperti. Se hanno fatto questa valutazione, presumo che alla base ci sia un ragionamento scientifico e che sia la scelta giusta.
Zaia non la pensa come lei…
Le condizioni di Lombardia e Veneto sono talmente diverse che giustificano anche reazioni diverse. Io credo che dopo aver visto qual è la situazione di sovraffollamento, di difficoltà, ai limiti della sopportabilità di diverse strutture della regione, credo che non si possano che invocare misure più dure possibili, per evitare che il contagio continui. Luca Zaia ha avuto una sorte diversa: ha avuto l’abilità, o la fortuna, di enucleare l’unico focolaio nato da loro. Da noi ne sono nati tre, di dimensioni molto ampie e molto complicati da contenere.
Lei cosa avrebbe messo nei due Dpcm che il Governo non ha messo?
Io credo che le misure di questi due Dpcm avrebbero dovuto essere rafforzate chiudendo tutti i luoghi in cui si potessero generare assembramenti, sia anche nei confronti della persone anziane, di un rigore maggiore nel convincerle a non uscire, a rimanere in casa, ad essere aiutati, a non mettere a rischio la loro salute e quella degli altri.
Di fatto, una Zona Rossa grande come l’Italia…
Le dico questo: oggi abbiamo circa 440 posti occupati da malati Covid. Quando siamo partiti ne avevamo a disposizione poco più di 230-240. Tutti gli altri sono letti che siamo riusciti a recuperare in queste settimane facendo miracoli.
Ne serviranno molti altri, se va avanti così…
Esatto. Siamo costretti ad aumentare ancora, a questo ritmo, per evitare di trovarci in difficoltà. Se non ci fossimo mossi, saremmo in difficoltà già da una settimana almeno. È chiaro che se la progressione sarò quella attuale ancora per un po’, anche noi non saremo più in grado di fare altri miracoli di questo genere. Ecco perché avrei preferito misure più stringenti.
Il peggio deve ancora venire, quindi?
Lavoriamo affinché il peggio non arrivi mai. Adesso siamo in contatto con la protezione civile che ci ha promesso di mettere a disposizione alcune centinaia di strutture mobili. Con queste strutture, avremo altri 250-300 letti di terapia intensiva, e sarà bel sospiro di sollievo.
Che ruolo sta avendo nella gestione dell’emergenza la sanità privata?
Con loro c’è una grande collaborazione: ci hanno messo a disposizione i loro medici e dato ospitalità nelle loro strutture. Nei giorni scorsi iniziavamo a essere in affanno coi posti in rianimazione e un privato ci ha messo a disposizione sei letti di una sua struttura accreditata, che ci hanno dato la possibilità di dare risposta ad alcuni pazienti che avevano bisogno.
Però è strano che tutto questo succeda nella regione con la migliore sanità d’Italia, una delle migliori al mondo. I tassi di contagio e di mortalità da Coronavirus della Lombardia non ce li ha nessuno, nemmeno l’Iran…
È questione che andrebbe posta ai nostri grandi scienziati. Anche io vorrei sapere la risposta. Va detto che l’epidemia si sta sviluppando in modo eterogeneo anche in altri territori: tempi diversi, aggressività diversa, modalità diverse. Però non sono un tecnico e lascio a loro la risposta.
La Lombardia è anche una regione che da sola fa più del 20% del PIL dell’Italia. Come ne uscirà, l’economia lombarda, da questa emergenza?
Mi lasci dire che il vero rischio è che la nostra sanità ne esca con qualche problema, innanzitutto. Per quanto riguarda l’economia, noi abbiamo fatto richieste molto puntuali al governo, dando conto dei problemi che fanno capo a tutti i soggetti della nostra economia. Se tutte queste richieste saranno accolte noi non ne usciremo senza particolari conseguenze. E se lo faremo, saremo anche i primi in Europa a ripartire senza il fardello di questa malattia sulle spalle. Noi come regione faremo la nostra parte.
Vuole dire un’ultima cosa, ai cittadini lombardi?
Sì. Credete alle misure che vi sono stati imposte. Cercate di assumere stili di vita lontanissimi dalle vostre abitudini e che vi danno fastidio, perché è difficile non stare in mezzo agli altri. Oggi non si può fare. Noi sconfiggeremo il virus, ma è necessario fare sacrifici: convincere nonni e genitori a rimanere in casa e non uscire, cercando di aiutarli per fare la spesa, o per farli sentire meno soli. E rispettare le norme di igiene. Cerchiamo di farlo per quindici giorni, proviamoci. Se lo facciamo tutti, per quindici giorni, ci ritroveremo a parlare del virus come di un brutto ricordo.