video suggerito
video suggerito
Covid 19

Coronavirus, nell’unica fabbrica italiana di ventilatori polmonari: “Possiamo farne 650 al mese”

La produzione è stata affidata dalla Protezione Civile alla Siare Engineering, una delle uniche quattro aziende di tutto il mondo specializzate in ventilatori polmonari. “Per qualche mese non potremmo più produrre per i nostri clienti, ma il nostro Paese è più importante” spiega il presidente Giuseppe Preziosa. L’accordo prevede 500 apparecchiature al mese, prodotte anche con l’ausilio dei tecnici dell’Esercito.
A cura di Beppe Facchini
24.653 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

I ventilatori polmonari: sono questi gli unici macchinari medici in grado di salvare le persone colpite da Coronavirus nella forma più grave, che sono circa il 10% dei positivi. “Ho fatto un po’ di calcoli: probabilmente da 500 possiamo spingere l’acceleratore e arrivare anche a 650. E cioè 150 in più per ogni mese. Ma più di così non possiamo”. Giuseppe Preziosa, 74 anni, è il fondatore e presidente della Siare Engineering, una delle uniche quattro aziende di tutto il mondo (le altre sono una svizzera e due tedesche) specializzate in ventilatori polmonari. Si tratta di macchinari insostituibili per la respirazione di pazienti ricoverati in terapia intensiva e vista l’emergenza Coronavirus, da due giorni, la sua azienda è stata contingentata dalla Protezione Civile per la produzione di 500 ventilatori al mese, da spedire verso gli ospedali di tutta Italia.

“Personalmente sento il dovere di fare qualcosa, visto il momento incredibile che stiamo vivendo – spiega Preziosa – e difatti avevamo già 300 pezzi pronti per essere spediti in Vietnam, India, Corea e Filippine, ma poi il dottor Borrelli ci ha chiamati ed abbiamo bloccato tutto”. Le prime apparecchiature, quindi, sono già in partenza dal magazzino di Valsamoggia, in provincia di Bologna, verso la Lombardia e le altre zone del nord Italia che prima di altre hanno cominciato a fare i conti con l’emergenza. “Il problema però è che ce ne vorrebbero mille e non cinquecento –aggiunge Preziosa- ma se non le facciamo noi, non le fa nessuno”. Anche in altri Paesi, infatti, i governi nazionali hanno contingentato le produzioni delle altre aziende specializzate nello stesso settore, evitando esportazioni. Le stesse che hanno fatto finora la fortuna della Siare, azienda fondata nel 1974 da un ambizioso 28enne diventato oggi il capo di una vera e propria eccellenza italiana in grado di fare la differenza nella “guerra” al coronavirus.

Video thumbnail

“Siamo presenti in 61 Paesi con tutte le certificazioni necessarie, con 80 persone che lavorano per noi più tutto l’indotto delle altre aziende che producono pezzi particolari che poi qui assembliamo –continua Preziosa-. In Italia abbiamo sempre lavorato pochissimo, con oltre il 90% della produzione destinata ai mercati esteri. Siamo fornitori ufficiali di General Electric e Philips, fra gli altri, producendo solitamente 220-230 pezzi al mese”. Per questo nuovo sforzo richiesto dalla Protezione Civile, verranno inviati nel Bolognese “25 o 30 tecnici dell’Esercito, che lavoreranno insieme ai nostri. In questi mesi non potremmo più fornire la nostra clientela –aggiunge il presidente della Siare- però il nostro Paese è più importante”.

Immagine

L’accordo prevede entro la fine di luglio la consegna di circa 2.300 apparecchiature, “ma probabilmente si dovrà raddoppiare e continuare a produrne 500 al mese fino a dicembre. In tutto, 5.000 apparecchiature per il territorio italiano potrebbero bastare, ma poi, eventualmente, non è che ci fermiamo dal giorno successivo –sottolinea ancora Preziosa-. Dopo aver soddisfatto questo fabbisogno la nostra produzione normale potrebbe essere sufficiente”.

Il compito di produrre esclusivamente per il mercato interno è stato affidato alla Siare tramite una gara con la Consip, la società per gli acquisti della pubblica amministrazione, andata ovviamente deserta, vista l’assenza di aziende specializzate. “La richiesta mondiale è di 35mila macchine all’anno, che costano fra i 15 e i 20mila euro: a noi ne stanno chiedendo 5mila in pochi mesi, è una cosa impossibile se ci si pensa –conclude Giuseppe Preziosa- però io mi metto comunque a disposizione. Ormai sono quasi al capolinea, vorrei lasciare un bel ricordo”.

24.653 CONDIVISIONI
32830 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views