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Covid 19

Negli Stati Uniti i tamponi per il Coronavirus scarseggiano, costano troppo e non sono accessibili a tutti

Negli Stati Uniti d’America sono oltre 200 i contagi da coronavirus: la situazione sta cambiando velocemente e i medici e le strutture sanitarie non sembrano essere attrezzate per affrontare una possibile emergenza. I test per accertare il contagio sono limitati e non tutti i laboratori ne sono forniti: le lungaggini così come i costi proibitivi sia per gli americani che per i turisti potrebbero creare un buco da milioni di dollari nell’economia del Paese.
A cura di Chiara Ammendola
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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump
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Pochi giorni fa la notizia di un uomo che aveva ricevuto una fattura a casa da 3200 dollari dopo essersi sottoposto ad accertamenti medici per escludere un ipotetico contagio da coronavirus aveva fatto il giro del mondo: siamo negli Stati Uniti d'America dove il sistema sanitario si basa sulla stipula di assicurazioni private per potere accedere a qualunque tipo di assistenza medica. La notizia è stata smentita nei giorni scorsi sia dal portavoce del Dipartimento della Salute dello stato di New York, Jill Montag, che dalla direttrice del Global Health & HIV Policy Jennifer Kates che hanno assicurato che i test per il Covid-19 sono gratuiti e che solo accertamenti successivi potrebbero avere un costo accessorio "che ogni assicurazione potrebbe coprire". Ma in realtà in merito al coronavirus e alla sua gestione negli Stati Uniti da parte del presidente Trump c'è ancora molta confusione.

L'emergenza coronavirus potrebbe creare un buco da milioni di dollari

Ad oggi negli Stati Uniti sono più di 200 i casi positivi da coronavirus eppure la situazione medico sanitaria non è così chiara, tanto da rischiare di creare per far fronte a una ipotetica emergenza secondo gli esperti un buco nella sanità americana di milioni di dollari. Dopo la diffusione di un primo test per accertare la positività al coronavirus, poi rivelatosi "fallato", così come spiegato dal CDC, il Centro per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie, ad oggi esistono due modi per accertare un contagio: uno attraverso analisi specifiche da effettuare in ambulatori ai quali sono stati concessi i permessi e uno simile a un test per l'influenza che ha bisogno però della conferma proprio del CDC in un secondo passaggio obbligatorio. Secondo quanto riportato dal New York Times in un recente articolo, i medici americani hanno denunciato di aver sottoposto a test finora solo persone che avevano avuto contatti con zone a rischio (vedi Cina, Italia e Iran) a causa della difficoltà da parte di laboratori e ospedali di ottenere strumenti e autorizzazioni per effettuare analisi. Lo screening approfondito dei pazienti, anche sospetti perché con sintomi riconducibili al coronavirus, sarebbe avvenuto solo negli ultimi giorni:

"Experts said they feared a rush by the worried well who may flood the health care system, just as new private and hospital labs are gearing up for testing. The federal government had promised to ramp up testing, but some companies and public health officials cast doubt on the government’s assurances. A spokesman for the Department of Health and Human Services said on Monday that the labs currently could handle 15,000 tests a day, though that figure was expected to grow". (New York Times)

In America il coronavirus non è considerato ancora un'emergenza sanitaria

In America il coronavirus non è ancora un'emergenza sanitaria e per questo le regole che ne determinano la gestione sono ancora poco chiare così come i costi che al momento sembrano affidati interamente alla copertura privata delle assicurazioni dei singoli cittadini. La storia, riportata dal Miami Herald, del giovane imprenditore americano che, di ritorno dalla Cina con sintomi influenzali, si è sottoposto ad alcuni controlli medici a Miami e si è visto recapitare una fattura da 3.270 dollari, di cui 1.400 a suo carico, apre a scenari possibili non solo per i cittadini statunitensi ma anche per i turisti che possono trovarsi ad affrontare spese obbligate e improvvise.

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Se si guarda infatti ai turisti, in particolare a quelli provenienti dalle cosiddette zone gialle e rosse del mondo, dove i contagi sono bel al di sopra della media mondiale, la situazione sembra complicarsi. Tra i paesi maggiormente colpiti dall'emergenza coronavirus, oltre alla Cina, all'Iran e alla Corea del Sud, c'è anche l'Italia, ad oggi al terzo posto nel mondo per numero di contagi. E mentre internamente il governo italiano ha varato un decreto con delle misure specifiche che possano contenere i contagi, esternamente la situazione nei confronti dell'Italia e degli italiani che si muovono e viaggiano è in continua evoluzione: ad oggi gli Stati Uniti hanno emanato un livello di allerta di tipo 4, il più alto, nei confronti di Lombardia e Veneto, le due regioni italiane con il maggior numero di casi positivi da coronavirus, e di livello 3 di allerta nei confronti del resto del Paese. Il governo americano consiglia dunque ai propri cittadini di non recarsi nelle due regioni italiane maggiormente colpite e di "riconsiderare" i viaggi nel resto d'Italia. E per quanto riguarda gli italiani che decidono di raggiungere gli Stati Uniti? Per quelli che potranno ancora contare sulla conferma del proprio volo visto che molte delle compagnie aeree stanno cancellando i voli da e per l'Italia, la Farnesina ha pubblicato sul sito ufficiale "Viaggiare Sicuri" una sorta di vademecum con tutte le informazioni necessarie a chi ha in programma un viaggio nei prossimi giorni:

"Le Autorità locali, al fine di fronteggiare la diffusione del coronavirus nel Paese, hanno dichiarato lo stato di emergenza sanitaria. Alla luce del numero di casi registrati in Italia e del progressivo innalzamento del livello di allerta da parte degli Stati Uniti in merito ai viaggi in Italia […] alcune compagnie aeree stanno riducendo o sospendendo i voli da/per l’Italia. […] I passeggeri provenienti da località a rischio coronavirus, ivi inclusa l’Italia, saranno inoltre sottoposti a screening sanitari sia negli aeroporti di partenza che all’arrivo negli USA. Durante i controlli in partenza (controllo termico, valutazione medica, questionario con la storia di viaggio), in caso di sintomi o di casi sospetti, potrà essere negato l’imbarco. All’arrivo, per i passeggeri sintomatici sarà disposto l’isolamento, mentre per i viaggiatori, anche italiani, che non presentino alcun sintomo e che abbiano quindi superato tutti i controlli e siano entrati nel Paese, il CDC (Centro per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie https://wwwnc.cdc.gov/travel/notices/warning/coronavirus-italy), consiglia a titolo precauzionale, tra le altre cose, una quarantena domiciliare volontaria di 14 giorni. Si raccomanda di seguire le indicazioni delle autorità di frontiera".

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Italiani in viaggio verso gli Stati Uniti: tamponi e spese mediche fino a 3700 dollari

Ed è su questo punto che sembra esserci poca chiarezza. La Farnesina infatti non specifica quali potrebbero essere gli "screening sanitari" ai quali possono essere sottoposti gli italiani in arrivo negli Stati Uniti, senza contare il fatto che ogni Stato in America ha un suo specifico regolamento che può mutare dunque di città in città. Il rischio è che un italiano che atterra, ad esempio a New York, in questi giorni di emergenza da coronavirus, possa trovarsi ad affrontare una serie di controlli obbligatori e a pagamento per entrare nel paese come accaduto a una donna, imprenditrice romana, che solo qualche giorno fa è volata insieme con marito e figlio negli Stati Uniti. Atterrata all'aeroporto JFK di New York è stata fermata ai controlli e le è stato chiesto di sottoporsi a test specifici che potessero accertare il suo stato di salute ed escludere la positività del virus. Il costo di questi test? Circa 3700 dollari. Nel caso si fosse rifiutata avrebbe dovuto trascorrere 14 giorni in quarantena presso il proprio domicilio. L'assicurazione, che la donna aveva poiché viaggia spesso da e per gli Stati Uniti, avrebbe coperto metà del costo totale delle spese mediche. A quel prezzo la donna ha deciso di cambiare il suo biglietto e rientrare in Italia.

Esistono altresì testimonianze di italiani che dicono invece di non essere stati sottoposti ad alcun tipo di controllo medico una volta atterrati negli Stati Uniti e di aver avuto invece libero accesso, sinonimo effettivo della confusione anche da parte della autorità americane nella gestione del traffico di turisti in entrata e in uscita dal Paese. L'ambasciata italiana non è al corrente di misure di questo tipo adottate dal governo americano e lo stesso governo non è chiaro nelle proprie comunicazioni istituzionali circa i provvedimenti adottati nei confronti degli italiani in arrivo nel proprio paese, così come per gli Americani in viaggio verso l'Italia ai quali consiglia, tra le altre cose, di evitare il contatto con persone che abbiano febbre, tosse o raffreddore, di lavare le mani con prodotti disinfettanti specifici e di, una volta rientrati negli Stati Uniti, mettersi in auto isolamento per almeno 14 giorni.

Coronavirus, gli Stati Uniti vicini allo stato di emergenza

L'assicurazione sanitaria non è obbligatoria per chi parte per gli Stati Uniti, ma in un momento del genere potrebbe essere fondamentale se non necessaria per chi decide di recarsi in America i cui confini sono ancora aperti e che per questo dovrebbero garantire trasparenza a chiunque li superi. Trasparenza che al momento non sembra essere riservata nemmeno ai cittadini statunitensi: il presidente degli Stati Uniti Donald Trump aveva proposto di stanziare 2 miliardi e mezzo per affrontare una possibile emergenza coronavirus ma la Camera dei Rappresentanti ha rilanciato con una cifra pari a 8,3 miliardi di dollari che dovranno ricevere il benestare finale proprio di Trump: il punto di rottura anche per gli Stati Uniti sembra essere vicino.

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