Coronavirus, mea culpa di Galli (Sacco): “Ho sbagliato, il virus circola da gennaio in Lombardia”
Dietrofront di Massimo Galli, infettivologo e primario dell'ospedale Sacco di Milano, che ha ammesso, intervenendo a Radio 1 in Viva Voce, di aver in parte sottovalutato l'emergenza Coronavirus in Italia: "Siamo stati presi alle spalle. Io per primo il 20 febbraio mi stavo convincendo che l'avessimo scampata – ha detto l'esperto – ma non è stato così, perché in realtà attorno al 25 di gennaio, dai calcoli che abbiamo fatto, il virus è entrato dalla Germania del tutto inavvertitamente nella zona del Lodigiano e ha potuto fare quello che ha voluto per almeno quattro settimane, spargendosi ovunque in quella zona, ma anche in Veneto e in altre aree della Lombardia, creando l'epidemia così che conosciamo. E quello che vediamo ancora oggi, vi ricordo, cioè la maggior parte dei casi che vengono registrati, tutti in persone con una sintomatologia significativa, è il risultato di un qualcosa che avvenuto prima delle misure restrittive. Il risultato di queste ultime ci metterà ancora del tempo per essere evidente".
"E' difficile – ha continuato Galli – far capire alle persone che devono restare a casa, soprattutto se non vedono direttamente quello che sta succedendo nei nostri ospedali. Vi posso garantire che questa è davvero una guerra, che sta portando problemi seri. Credo che il corteo dei feretri sui carri militari a Bergamo debba insegnare qualcosa. Noi abbiamo bisogno di bloccarla questa storia, ma dobbiamo impegnarci tutti per tutto il tempo che ci vorrà, altrimenti non ce ne liberiamo e ci dobbiamo rassegnare a migliaia e migliaia di morti, soprattutto tra i nostri anziani. Il non fare determinate cose è disertare dal bene comune". Già in mattinata, intervenendo alla trasmissione L'Aria che Tira su La7 aveva dichiarato che "serve una maggiore vicinanza, non fisica ma con strumenti di medicina a distanza, con le persone che stanno a casa. Bisogna fare in modo di aprire altri centri di supporto diagnostico. La Cina ci insegna che la diffusione di questa malattia avviene molto per nuclei familiari".