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Coronavirus, gli operatori dello spettacolo: “Senza sussidi e abbandonati dallo Stato”

Marco de Gregorio è uno dei 200mila lavoratori dello spettacolo bloccati dall’emergenza coronavirus. “A marzo, dovevo iniziare la nuova stagione di concerti in tutta Italia, ma sono fermo a casa senza nessun sussidio, lo Stato si è dimenticato di noi, siamo tra le categorie più a rischio”.
A cura di Dominella Trunfio
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"Siamo stati abbandonati dallo Stato, non abbiamo avuto nessun tipo di sussidio dal decreto ‘Cura Italia' eppure, i teatri sono chiusi e di concerti se ne parlerà l'anno prossimo». Marco De Gregorio è calabrese, ha 37 anni e da quando ne aveva 18, lavora sul palcoscenico dei grandi artisti di fama nazionale ed internazionale.«Il nostro lavoro consiste nel montare, allestire una scenografia e smontarla la sera stessa, con chilometri da fare e tanti tanti sacrifici".

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Ramazzotti, Pausini, Ligabue e poi tutti i concerti sul locali. «Non ci sono mai stati orari di lavoro, di notte, di giorno, festività, Natale, Capodanno e adesso siamo così, allo sbando, lasciati soli ad inventarci un nuovo lavoro, visto che non si sa se mai si tornerà in piazza o nei palazzetti». L'emergenza coronavirus ha, infatti, bloccato la stagione. Marco a marzo avrebbe dovuto iniziare nuove tournée con la squadra della cooperativa con cui lavora, aveva già preparato tutto, pronto a immergersi in un'estate movimentata. «Ho vissuto da nomade in tutti questi anni, ho viaggiato su camion, autobus, treni attraversando l’Italia e l’Europa, ho faticato, ho sudato ho dormito così poco, ma alla fine la mia più grande soddisfazione è stata l’aver reso possibile la riuscita di spettacoli eccezionali e ne sono orgoglioso».

Come lui, altri 200mila lavoratori intermittenti dello spettacolo: sarti, elettricisti, cameraman, assistenti, coristi, una lista lunghissima di maestranze. «In tanti, abbiamo confidato in un aiuto da parte dello Stato, ma ciò non è avvenuto. Sono stato escluso dal bonus indennità di 600 euro poiché, essendo iscritto alla DOCservizi una cooperativa che gestisce i lavoratori nello spettacolo, non rientro tra i lavoratori autonomi , ma tra quelli dipendenti e intermittenti a chiamata», ci racconta. Ma non solo, Marco non ha diritto alla disoccupazione e né alla cassa integrazione.

«Nei mesi in cui la stagione era chiusa ho usufruito del Reddito di cittadinanza ridotto di 200 euro, ma attualmente la cifra irrisoria non mi consente di pagare l’affitto e le bollette che, comunque continuano ad arrivare», dice ancora e lancia un appello. «Colleghi, maestranze dello spettacolo, noi siamo stati dimenticati dallo Stato, non lavoreremo per molti mesi ancora. Chiediamo solo che sia riconosciuto il nostro lavoro e il nostro diritto ad essere tutelati in questa situazione di emergenza sanitaria. La promessa dello Stato “Nessuno sarà lasciato solo” ad oggi non è stata mantenuta».

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