Coronavirus, l’insegnamento di Carlo Urbani: l’infettivologo morto per fermare l’epidemia di Sars
In questi giorni difficili di emergenza sanitaria nazionale, molti stanno ricordando un medico marchigiano che 17 anni fa, con coraggio e dedizione affrontò un'altra epidemia rimanendo contagiato e perdendo la vita. Si chiamava Carlo Urbani, infettivologo noto in tutto il mondo per essere stato il primo a scoprire la Sars in un paziente ricoverato nell'ospedale francese di Hanoi. Ieri nel frattempo l’Organizzazione mondiale della Sanità ha dichiarato il Covid-19 pandemia globale. Dopo aver provocato oltre quasi 120mila contagi in più di 90 paesi in tutto il mondo, gli esperti corrono ai ripari per evitare che il virus dilaghi ulteriormente, richiedendo una serie di misure anche drastiche, come lo stop alle attività produttive e i limiti alla circolazione anche via terra.
La storia di Carlo Urbani
Nato a Castelplanio, paesino in provincia di Ancona, da ragazzo si adopera per dare sostegno alle persone disabili e con gli amici raccogliendo le medicine per Mani Tese, promuove un Gruppo di solidarietà che organizza vacanze per i disabili. Dopo la laurea, lavora in un primo tempo come medico di base, poi diviene aiuto nel reparto di malattie infettive dell’Ospedale di Macerata, dove rimane dieci anni. Poi si unisce a Medici Senza Frontiere e come infettivologo inizia a collaborare con l’OMS, trasferendosi ad Hanoi, in Vietnam, nel 2000. Tre anni dopo nell'ospedale di Hanoi arrivò un paziente con una polmonite che registrava una progressione fulminante e dalla struttura chiamarono Urbani poiché era il maggiore esperto riguardo alle malattie infettive. Lui, anche stavolta non si tirò indietro cominciando a studiare la nuova malattia, non lasciando da soli i suoi pazienti, spendendosi nella battaglia per fermare il contagio.
Il racconto del figlio Tommaso
Tommaso Urbani, figlio di Carlo, ha seguito le orme del padre lavorando nel campo della solidarietà internazionale, e in questi giorni si trova in Nigeria per una missione umanitari ma sta seguendo con attenzione l'evolversi della situazione in Italia. Inevitabilmente questo difficile momento storico lo riporta a 17 anni fa, quando ancora adolescente perse il padre. "Aveva messo in piedi tutta una serie di procedure per poter contenere il contagio ed evitare la pandemia e ci è riuscito. Il suo protocollo è stato sviluppato dalla Oms ed è ancora attuale", così Tommaso ricorda l'impegno del padre e il suo sacrificio.