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Covid 19

Coronavirus, l’importanza di stare a casa e rispettare le regole secondo il virologo

Ridurre i contatti è fondamentale per limitare il più possibile la diffusione della COVID-19, l’infezione scatenata dal nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2). A spiegare l’importanza del rispetto delle regole introdotte è il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università di Milano. Ecco cosa ci ha raccontato.
A cura di Andrea Centini
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Il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università degli Studi di Milano
Il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università degli Studi di Milano
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Con la diffusione in Italia del nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2), il governo sta mettendo sul campo tutte le iniziative necessarie per contenere il numero dei contagi, che continua a crescere sensibilmente giorno dopo giorno. Nel momento in cui stiamo scrivendo, sulla base della mappa interattiva del contagio, nel nostro Paese si registrano 3.858 casi e 148 vittime. Fra le misure adottate per contrastare l'epidemia vi sono la creazione delle zone rosse attorno ai focolai; la chiusura delle scuole su tutto il territorio nazionale; il rinvio di eventi pubblici (compreso il referendum per il taglio al numero dei parlamentari); le partite a porte chiuse; la raccomandazione di tenersi alla distanza di almeno un metro gli uni dagli altri (il cosiddetto droplet) e molto altro ancora. Sono tutte misure atte a evitare il contatto stretto fra le persone, che è alla base della trasmissione della COVID-19, l'infezione scatenata dal coronavirus. Fra le indicazioni più importanti vi è quella di non recarsi direttamente al pronto soccorso in caso di sintomi respiratori, ma di contattare il proprio medico curante o il numero 1500. Questo perché i pazienti colpiti dal coronavirus, all'interno di un ospedale, trovano una popolazione particolarmente suscettibile alla diffusione dei contagi. Lo dimostra il caso di Mattia, il “paziente 1ricoverato all'ospedale di Codogno, e quello della coppia di anziani ricoverati all'ospedale Molinette di Torino, ritenuti colpiti da una semplice influenza ma che in realtà erano affetti da coronavirus, contagiati dal figlio che lavora a Lodi. Ciò ha determinato la chiusura di un intero reparto e la quarantena per 6 medici e 25 infermieri, personale preziosissimo in uno degli ospedali più grandi e importanti in Italia, tra i baluardi in questa emergenza. Il 10 percento dei pazienti colpiti da COVID-19, infatti, finisce in terapia intensiva, e poiché i posti letto e il numero degli operatori sanitari sono limitati, bisogna fare tutto il possibile per evitare di saturare i nosocomi con un numero enorme di pazienti infetti. A sottolineare l'importanza di seguire le regole per ridurre la diffusione del coronavirus è il professor Fabrizio Pregliasco, virologo presso il Dipartimento Scienze biomediche per la salute dell’Università degli Studi di Milano, Vice Presidente Nazionale dell’A.N.P.A.S. (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze) e Direttore Sanitario della Casa di Cura Ambrosiana SRL di Cesano Boscone.

Professor Pregliasco, ci spieghi perché per contenere l'epidemia di coronavirus sono così importanti iniziative come la chiusura delle scuole, lo smart working, il fatto di restare a casa il più possibile.

L'elemento è quello di ridurre la quota percentuale di contatti. Questo è l'obiettivo finale. Poi i meccanismi sono diversi e singolarmente potrebbero anche essere criticati, perché volendo, potrebbe essere utile anche chiudere tutti i viaggi, i treni, gli aerei, però è chiaro che è un livello che sarà valutato in un caso ancora più emergenziale. L'obiettivo è quello di ridurre statisticamente i contatti, ed è l'unico elemento che noi possiamo realizzare e attuare per ridurre quell'R0 di 2,5, che sono in media i soggetti che un singolo malato contagia. Normalmente con l'influenza quei casi che sono tranquilli – l'80 percento – vanno a lavorare, si prende la tachipirina e via, però in questo contesto il soggetto è pesantemente infettante perché siamo tutti suscettibili. Quindi si chiede a queste persone di stare a casa, di fare quello che avrebbero dovuto fare ogni volta che c'era l'influenza e magari non lo facevano. Ma stavolta è stringente. Perché l'elemento critico che abbiamo adesso è quello di garantire nel prossimo futuro spazi per la rianimazione dei pazienti. La prospettiva della curva evidenzia che almeno in Lombardia, a fine marzo, ci saranno 8mila ricoveri, di cui 400 in rianimazione e 1.200 in ospedale. Questa è la prospettiva se non si fa niente. Quindi è fondamentale in questo senso arrivare a contenere la diffusione. Purtroppo, probabilmente, se non si riuscirà a controllare la malattia tutti ci ammaleremo, o meglio, il 30-40 percento della popolazione potrebbe ammalarsi; una cosa importante è che non lo facciamo tutti assieme, o che almeno lo si faccia scaglionati. Questo il punto.

Quindi fondamentalmente è per non mettere troppa pressione sul sistema sanitario

Sì, qui in Lombardia lo stiamo vedendo pesantemente. Qui c'è ormai quasi l'esigenza di fare delle scelte, rispetto alle condizioni delle persone. Lo stress, la tensione del personale, se si alza la tensione c'è chi potrebbe restare a casa. Ognuno di noi ha la famiglia. Non dico l'egoismo, ma la sopravvivenza è un elemento base.

Nel nuovo decreto per la sicurezza è uscita la misura del droplet, di mantenere la distanza di un metro dagli altri. Ma cosa mi dice delle persone che si riuniscono per andare magari a mangiare una pizza assieme, che si vedono per andare al cinema o a bere un birra? Come dobbiamo comportarci?

Limitare. Si tratta col buon senso di limitare questi comportamenti. Noi lo sappiamo che non possiamo stare a zero, però facciamo degli aperitivi in meno, incontriamoci di meno. Riduciamo statisticamente gli incontri.

Si sono viste anche maestre che hanno radunato ragazzi a casa propria, per via della chiusura delle scuole. Cosa ne pensa?

Non ha senso, non ha senso.

Ma questo solo nelle città dove si registrano più contagi?

In tutta Italia, in tutta Italia. È fondamentale.

Lei pensa quindi che ci sarà un peggioramento della situazione?

Sì, la prospettiva è quella. Dobbiamo prepararci al peggio. Forse non arriva, lo capiremo entro il 15, quello che sarà lo scenario. Ma dobbiamo immaginare come minimo due mesi di situazione di emergenza. Dobbiamo pestare adesso, schiacciare il freno ora.

L'OMS sembra sia pronta a dichiarare lo stato di pandemia

Siamo lì, ormai siamo lì. In tutto il mondo, anche in Germania, in Francia, comincia a esserci un incremento a suon di tre zeri, insomma.

Pensa che il virus stia ormai circolando in tutta Italia?

Dobbiamo riuscire a fare in modo che “scivoli” lentamente, questo è l'obiettivo.

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