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Coronavirus, l’immunologo Mantovani: ‘Italia ripartirà, ora priorità pazienti e ricerca’

L’immunologo Alberto Mantonavi, direttore scientifico dell’Istituto Humanitas, ha commentato i dati degli ultimi giorni sui contagi da coronavirus in Italia. Intervistato da Repubblica, ha sottolineato: i risultati sono incoraggianti, ma non si può ancora abbassare la guardia. Le priorità restano l’assistenza ai pazienti e la ricerca.
A cura di Nico Falco
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L'Italia ripartirà e i dati degli ultimi giorni sono incoraggianti, ma non è il momento di abbassare la guardia: le misure in atto contro il coronavirus si stanno rivelando valide, ma si deve tenere conto che si ha a che fare con un virus sconosciuto e che potrebbe tornare, mentre per il vaccino si dovranno aspettare ancora parecchi mesi, almeno un anno e mezzo. Lo spiega l'immunologo Alberto Mantovani, direttore scientifico dell'Istituto Humanitas e professore emerito dell'Humanitas University. I dati degli ultimi giorni, spiega Mantovani in una intervista a La Repubblica, sono "incoraggianti", ma non per questo si può fare un passo indietro sulle "misure draconiane" che sono state attuate dal Governo per limitare il contagio in tutta Italia.

Ora la priorità è la cura e l'assistenza ai pazienti, mentre dal punto di vista della ricerca si deve capire come si comportano gli anticorpi. "Il più grande esperto al mondo di coronavirus, Ralph Baric – dice Mantovani – anche sull'esperienza della Sars ritiene che il virus lasci una traccia immunologica nel nostro organismo almeno per un arco che va da 6 a 12 mesi". Quindi, il virus potrà essere tracciato nella popolazione dai saggi degli anticorpi.

L'immunologo si sofferma sull'importanza dei tamponi e sulla necessità di garantirli agli operatori sanitari, che rappresentano "la nostra prima linea": sottoponendoli ai test li si mette in condizione di lavorare con maggiore serenità, e sarebbe auspicabile anche sostenerli con altre piccole agevolazioni, come permettere loro di fare la spesa senza la fila dopo uno stremante turno di lavoro. Per il vaccino, aggiunge Mantovani, sebbene siano in corso una ventina di studi, "realisticamente ci vorranno almeno 18 mesi" e poi lo si dovrà produrre "non in milioni, ma miliardi di dosi".

Sull'Avigan, il farmaco giapponese in questi giorni autorizzato dall'Aifa ma sui cui effetti contro il coronavirus non ci sono evidenze scientifiche, Mantovani richiama il concetto di medicina di guerra: "Nell'emergenza vengono usati strumenti terapeutici diversi, pur senza avere evidenza chiara del loro funzionamento, con lo scopo di aiutare il paziente". Oltre all'Avigan c'è anche la combinazione di altri due anti-retrovirali, il Lopinavir e il Ritonavir, che però secondo uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine non è utile in pazienti con uno stadio avanzato di Covid-19. "La medicina di emergenza – sottolinea l'immunologo – si deve però coniugare con il rigore della sperimentazione clinica".

Dopo il periodo di emergenza si potrà passare dalla fase del lockdown o suppression a quella della mitigation, ma non si potrà abbassare del tutto il livello di guardia: "il virus non scomparirà, in alcuni Paesi è arrivato più tardi e in altri deve ancora arrivare. Bisognerà adattare il livello della guardia a questa situazione reale". E ci si dovrò concentrare sulla ricerca, per conoscere a fondo il Sars-Cov-2. Ma, conclude l'immunologo, "L'Italia si sta dimostrando n Paese straordinario, a partire dal personale sanitario che non si sta risparmiando. Noi ripartiremo. Ci rimetteremo in piedi".

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