Coronavirus, l’epidemiologo Demicheli spiega perché le scuole devono rimanere chiuse
![Immagine](https://staticfanpage.akamaized.net/wp-content/uploads/2020/02/CORONAVIRUS-5-ARTICOLO-1200x675.jpg)
In un'intervista sul ‘Corriere della Sera' Vittorio Demicheli, epidemiologo dell'Unità di Crisi della Regione Lombardia spiega perché le scuole, che in alcune regioni riapriranno regolarmente a partire dalla prossima settimana, dovrebbero rimanere chiuse come misura di precauzione contro la diffusione del coronavirus: "La priorità resta limitare i contatti tra le persone, è l'unica strategia per rallentare il virus". Da una parte Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, dove è in cura il 93 per cento dei positivi degli 821 totali del Paese, probabilmente gli istituti resteranno chiusi per altri otto giorni. Mentre in Piemonte, Liguria, Friuli Venezia Giulia, Marche e nelle province autonome di Trento e Bolzano gli studenti torneranno in classe. A Palermo e provincia le scuole rimarranno chiuse fino a lunedì 2 marzo, compreso. Poi tutto dovrebbe tornare alla normalità.
Ma Demicheli non pensa che la riapertura delle scuole sia una buona strategia, anche a fronte della bassa pericolosità: l'infezione infatti nel 90% dei pazienti non dà problemi clinici gravi. Ma, ricorda l'epidemiologo, c'è un 10% di casi che riguardano pazienti anziani che finiscono in terapia intensiva. E il sistema sanitario, dal punto di vista strutturale, è debole: da una parte gli ospedali vicino alle aree del contagio sono pieni, e i posti per i malati che hanno bisogno della Rianimazione rischiano di non essere sufficienti; dall'altra, fa notare Demicheli, il 10% dei malati sono medici e infermieri.
"I dati ci dicono che oggi ogni paziente con il coronavirus trasmette la malattia ad altri due. E dove ci sono molti contagi la curva epidemiologica cresce in modo esponenziale: bloccare a quel punto non serve più a nulla. Bisogna intervenire prima. Lo dice la scienza e la politica deve ascoltarla", spiega.
Secondo l'esperto, per isolare il virus, non basta chiudere le ‘zone rosse': "Il caso di Codogno, dove il contagio continua a essere di 5-6 casi al giorno come all’inizio, ci dimostra che intervenire dopo serve a poco: la corsa del virus ormai è partita. Se invece che nel Lodigiano, dove comunque ci sono solo 50mila abitanti, la stessa situazione succedesse a Milano, sarebbe un disastro. È il motivo per cui è fondamentale agire prima".
Demicheli spiega che mantenere queste misure di sicurezza per un'altra settimana significa far trascorrere 14 giorni dalla diagnosi di Covid-19 riscontrata nel paziente 1, cioè il 38enne di Codogno: "A quel punto possiamo avere un quadro più chiaro. L’obiettivo è rallentare i contagi in modo da portarli a uno a uno, cioè con una persona che ne infetta un’altra e non due come adesso. Per farlo bisogna limitare i contatti".