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Covid 19

La denuncia di una lavoratrice call center: “In ogni stanza lavoriamo in 60, rischiamo di ammalarci”

Una lavoratrice di un call center di Roma scrive a Fanpage.it: “Come è possibile evitare questo in un luogo, dove in ogni stanza lavorano minimo 50/60 lavoratori contemporaneamente, senza postazioni fisse e con pc, tastiere, mouse e cuffie in comune, senza mascherine e altri dispositivi di protezione? Com’è possibile evitare assembramenti nelle aree break e nei corridoi, se in una struttura lavorano migliaia di dipendenti?”.
A cura di Redazione
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Si firma come "una lavoratrice che chiede di essere tutelata" ed è una delle migliaia di dipendenti dei call center che stanno continuando a lavorare anche in questi giorni di emergenza coronavirus. Questa è la lettera che ha inviato a Fanpage.it per – spiega – "segnalare la delicata situazione che riguarda i lavoratori presenti nei call center e la mancanza di tutela nei nostri confronti".

"Sono una lavoratrice in un grande call center di Roma, zona Tiburtina, che gestisce varie commesse, tra cui un assistenza backoffice di poste italiane e SDA, iniziata a Marzo in questa azienda, a seguito dell'aggiudicazione della gara con clausola sociale.

Se la prima cosa che stiamo cercando di fare per limitare e arrestare la diffusione del virus è quella di evitare assembramenti e utilizzo promiscuo di strumenti e cose, come è possibile evitare questo in un luogo, dove in ogni stanza lavorano minimo 50/60 lavoratori contemporaneamente, senza postazioni fisse e con pc, tastiere, mouse e cuffie in comune, senza mascherine e altri dispositivi di protezione? Com’è possibile evitare assembramenti nelle aree break e nei corridoi, se in una struttura lavorano migliaia di dipendenti?

A conferma di ciò, ho appena saputo tramite i social, che presso l’azienda dove lavoro, un ragazzo di 34 anni, positivo al coronavirus, ricoverato venerdì, è morto sabato notte e sembrerebbe che ci siano altri casi di contagio, non ancora ufficialmente comunicati. E l’azienda è tutt’ora aperta e non ha mai comunicato niente a tutti i lavoratori, di tutte le commesse, presenti in azienda.

Dov'è la tutela per noi e di conseguenza anche per gli altri cittadini? Come possiamo aiutare a non diffondere il virus, se la prima fonte di contagio potremmo essere proprio noi grazie al nostro lavoro? Perché non obbligare le aziende e i committenti ad attivare lo smart working o a ricorrere agli ammortizzatori sociali previsti dallo Stato?

Nella mia azienda, nonostante sindacati e lavoratori chiedano lo smart working dalla data della prima ordinanza del Governo, ad oggi l’azienda non l’ha ancora attivato. Come possiamo tutelarci e tutelare gli altri, se essendo in clausola sociale, le richieste di ferie o permessi anticipati e persino i permessi non retribuiti ci vengono negati. Tantissimi lavoratori hanno famiglie , soggetti anziani e con malattie, e in una situazione lavorativa di questo tipo, a cui si aggiunge per molti anche il tragitto con i mezzi pubblici, si trovano ad affrontare un rischio elevato di contagio e a non avere nessuna tutela.

Mi auguro che venga pubblicata questa segnalazione e che serva ad aiutare tutti i lavoratori nelle medesime condizioni che vogliono #restareacasa , ma sono invece obbligati a #nonrestareacasa e a mettere a rischio la loro salute e quella di chi li circonda".

Per scrivere alla redazione di Fanpage.it: segnalazioni@fanpage.it

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