Coronavirus, l’appello di Rita: “Bloccata in Egitto al quarto mese di gravidanza, non so cosa fare”
“Se ci ammaliamo qua è peggio. Io non so più cosa devo fare, avrei bisogno che qualcuno mi risponda”. È la richiesta di Rita T., una ragazza di 34 anni di Bologna, che vive a Marsa Alam, un villaggio egiziano sul Mar Rosso molto ambito dai turisti. Incinta di quattro mesi, Rita era pronta per rientrare in Italia per affrontare la seconda parte della gravidanza aiutata dai parenti e da un sistema sanitario ritenuto decisamente più affidabile, ma il suo volo previsto per il prossimo 29 marzo appare decisamente a rischio.
La giovane bolognese, in Egitto da quasi un anno ma ancora residente ufficialmente sotto le Due Torri, aveva programmato il viaggio di rientro da tempo, prenotando prima con AirItaly e poi con EgyiptAir dopo la messa in liquidazione della prima compagnia. “Dovrò viaggiare da sola e con una bimba di 16 mesi, che fra l’altro è celiaca e deve finire alcuni vaccini che qui non ci sono –continua Rita- per questo è ovvio che volevo informarmi prima, vorrei evitare di rimanere bloccata da sola in un aeroporto”.
Dalla compagnia hanno assicurato che il suo volo non è stato cancellato, mentre dall’ambasciata italiana del Cairo, sostiene ancora Rita, nessuno avrebbe preso in considerazione le sue richieste, dandole solo risposte fumose e poco incoraggianti. “Non è un nostro problema” le avrebbero detto al telefono. “Poi ho scritto una mail e dall'ambasciata, rispondendomi, hanno chiesto dati e numero di telefono, però non mi ha ancora chiamato nessuno –dice la 34enne bolognese-. Non so veramente più a chi rivolgermi. Sono in un momento delicato, sono incinta e con una bambina piccola”.
“Mio marito lavora tutto il giorno e torna a casa solo la sera –aggiunge- e non abbiamo neanche dei vicini”. In Italia, invece, una donna nelle sue condizioni, coi parenti al suo fianco, avrebbe tutto il necessario per poter proseguire con più serenità la gravidanza, nonostante il delicatissimo momento che il Paese (e il mondo intero) sta vivendo. “Qui le visite mediche non sono proprio il massimo, soprattutto quelle ginecologiche –spiega ancora Rita-, non corrispondono a quelle che abbiamo in Italia. Nessuno riesce a darmi conferma di qualcosa –conclude-: qualcuno mi risponda, così posso sentirmi più tranquilla, anche per mia figlia. Oggi invece io non sono tranquilla, perché nessuno sa dirmi che cosa devo fare”.