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Covid 19

Coronavirus, la paura è la vera infezione. E la nostra economia ne uscirà a pezzi

Non ci fidiamo della Cina e dei dati cinesi. Per questo abbiamo deciso che lo scenario peggiore possibile fosse anche il più realistico. In questo modo stiamo affrontando una malattia con un basso tasso di mortalità come se fosse la nuova peste, bloccando la nostra economia e mandando al collasso il sistema sanitario. E quando ce ne accorgeremo sarà troppo tardi.
A cura di Redazione
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di Michele Boldrin

I mercati finanziari, italiani e non, hanno cominciato a calare se non ancora a crollare. Sorprendeva chi scrive avessero resistito così a lungo vista, per dirla con una frase fatta, l’aria che tirava: quando il panico mondiale cresce e viene alimentato senza sosta, le dighe della razionalità e della cautela, ad un certo punto, crollano. L’impressione è che siano crollate lunedì 24 febbraio 2020, dopo una resistenza durata svariate settimane, anche se ci si augura d’essere smentiti dai fatti.

Il punto di fondo è che oggi sta avvenendo (con le dovute tare quantitative) esattamente l’opposto di quel che avvenne nell’autunno del 2008, quando il crollo era inevitabile perché i fondamentali lo imponevano e le credenze eccessivamente ottimistiche dei mercati ad un certo punto cedettero. Oggi sembriamo essere prima di tutto vittime delle nostre aspettative o, peggio, delle nostre paure e del nostro malgoverno di una situazione di crisi grave che sta diventando catastrofica per scelta collettiva. Vale la pena aggiungere che la politica – la quale, dopo gli errori iniziali di Bush, attuò da ammortizzatore nel 2008-09 – oggi sta agendo da moltiplicatore del danno.

Tralasciamo quindi altri fattori che pure giocano un ruolo nelle circostanze attuali – l’espansione ha battuto tutti i record e una “qualche recessione” era dovuta, i conflitti sul commercio internazionale continuano ad essere seri, la crescita cinese era comunque indebolita e così via – e concentriamoci solo sugli effetti economici del Covid-19.

Per ragionarci non ci si può esimere dall’affrontare una questione medica: quanto infettivo e, soprattutto, quanto mortale è il virus chiamato Covid-19? La risposta scientificamente corretta non la conosce nessuno. Ne segue che l’unica scelta razionale è oggi quella di basarsi sui dati esistenti, che sono parziali ed inesatti e verranno certamente modificati nei mesi a seguire. Ma i dati, per il 95% al momento, vengono dalla Cina e questo li rende inaffidabili, ci viene detto. Quindi tutto è possibile ed il principio di precauzione (versione guru televisione-social) dice che occorre assumere il peggio, altrimenti si è degli irresponsabili. Questo l’approccio oggi dominante in Italia e non solo: non per caso il regime cinese lo ha fatto proprio quasi immediatamente.

Gli effetti sono auto-evidenti. Se ci piacciono e li riteniamo essere un prezzo da pagare adeguato per ridurre i potenziali danni che una diffusione più massiccia del virus, non abbiamo che da continuare su questa strada per qualche settimana ancora. Avremo, per scelta collettiva, generato una grave crisi economica e, molto probabilmente, messo in crisi il sistema sanitario nazionale con dannose conseguenze sulle persone affette da malattie altre da (e maggiormente gravi di) Covid-19. Sul piano mondiale avremo probabilmente creato una sostanziale recessione la quale potrebbe trascinarsi a lungo e diventare una depressione se le scelte politiche che l’avranno causata innescassero anche processi di ristrutturazione forzata (ovvero, non per motivi economici) della catena globale del valore.

Se, davvero, riteniamo adeguato l’approccio “cigno nero” e se, davvero,  pensiamo che la chiusura di ogni attività produttiva, l’assalto a supermercati, farmacie ed ospedali sia la maniera giusta di gestire un’epidemia simil-influenzale che è quasi sicuramente già diffusa nella popolazione italiana da circa un mese o poco più, continuiamo allegramente così. Saremmo, alla fine, vittime delle nostre irrazionali fobie, ma vittime contente, soddisfatte.

Il tempo che il panico collettivo libererà dal lavoro spendiamolo davanti alla televisione o in rete ad ascoltare esperti predicatori di catastrofi. Essi ci confermeranno la giustezza del film che stiamo recitando sotto la loro direzione e giustificheranno l’accresciuto potere di chi le misure di sanità pubblica – per irrazionali, contraddittorie e mal gestite siano – delibera e controlla, in Italia come in Cina.

Quando, con l’arrivo dell’estate, il film dell’orrore terminerà e ci verrà comunicato che abbiamo scampato un immane pericolo grazie alle straordinarie misure adottate, non proviamo a riflettere sul fatto che, forse, il pericolo non era così immane e che il 90% dei danni sociali li ha causati la nostra incapacità di gestire razionalmente una grave epidemia simil-influenzale. Prepariamoci invece ad interpretare il prossimo film dell’orrore globale che ci verrà servito da chissà quale altra infezione o incidente entro pochi anni.

Questo doveva essere un articolo sulle conseguenze economiche della epidemia/pandemia Covid-19. Poiché esse dipendono dalle nostre decisioni politiche, le quali dipendono dal modello del mondo che domina i cervelli della maggioranza della popolazione, questo è stato descritto. Questo modello oggi domina la mente della stragrande maggioranza degli italiani e non solo. Se non vi piacciono le conseguenze, operate per cambiare modello.

Per cambiare modello consiglio di provare ad accettare il fatto che, forse, i dati cinesi non sono del tutto falsi e che il rischio di mortalità per effetto diretto+indiretto del Covid-19 è in un segmento d’incertezza statistica che include la normale influenza, l’influenza suina ed il morbillo. Perché questo oggi sappiamo e da questo dovremmo partire per costruire un modello del mondo che guidi le nostre azioni collettive.

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