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Covid 19

Italiani bullizzati e presi in giro a Londra: “Ci hanno buttato fuori dalla metro”

A Londra inizia a farsi difficile essere italiani. Valeria, bullizzata perché indossa la mascherina, e Cinzia, costretta a scendere dalla metro perché, italiana, ha tossito, raccontano di un clima sospeso tra negazione del pericolo e primi sintomi di isteria collettiva, dove la risposta più semplice sembra essere, ancora, quella del capro espiatorio. Intanto è di oggi la lettera che la comunità italiana ha fatto recapitare al Primo Ministro Boris Johnson, cinque fitte pagine riassumibili in un concetto chiaro: prima la salute, poi il business.
A cura di Stela Xhunga
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“Amici, non vi lamentate se il vostro motto adesso è #IORESTOACASA, perché il nostro, attualmente, è #IOHOPAURA”. Valeria Di Tullo è solo uno dei tanti italiani espatriati a Londra, vive lì da ormai 5 anni, di professione fa la tatuatrice e da settimane, oltre alla paura, è alle prese con le discriminazioni che subisce per il solo fatto di girare in strada con la mascherina, “non capiscono che lo faccio anche per loro”, dice.

Vive in zona 1 e prima della pandemia del Covid 19 non aveva mai avuto problemi di discriminazione. Durante la conferenza stampa di ieri, quando Boris Johnson ha parlato di “selezione naturale di massa”, ha rabbrividito, “chi avrà soldi per una sanità privata sopravviverà sicuramente, chi non li ha, starà alla sorte”.

Brexit o non Brexit, in Gran Bretagna la sanità è ancora gratuita, ma a giudicare dalle misure finora adottate (niente lockdown, nessun obbligo di precauzione, nessuna campagna di informazione e prevenzione, poca trasparenza su dati reali ed eventuali “zone rosse” da evitare”) sarà una selezione dolorosa. E visto che a Londra vivono circa 9 milioni di persone ma i posti negli ospedali pubblici assicurati dal premier britannico sono 4mila, oltre che dolorosa, la selezione sarà anche reddituale, con una corsa alle cliniche private che si sta già verificando. “

Siamo costretti ad andare a lavorare e mischiarci tra gli infetti, le metro e i bus sono sempre pieni, quasi nessuno indossa maschere, poche salviette igienizzanti e se li indossano e sono italiani vengono discriminati”. Londra sembra attraversare quella fase di mezzo tra la negazione e le prime avvisaglie di paura: “zero distanza di sicurezza, anzi, ti tossiscono addosso, nemmeno il rispetto di coprirsi, con estrema disinvoltura continuano a toccare tutto e tutti ma poi li vedi in faccia e leggi il timore. Qualche scaffale vuoto c'è già”. Molti italiani all'estero creano blog e chat collettive in cui scambiarsi informazioni utili e impressioni, in una chat di italiani a Londra, dice Valeria, un'altra ragazza riportava la sua storia: “Licenziata a un mese dalla scadenza del contratto per essersi recata di recente in Italia”.

C’è poi chi, come Cinzia Fusco, che vive a Londra con compagno e figlia adolescente, di rientro dal lavoro si sente dire “devi scendere dalla metro”. La colpa? essere italiani e tossire: “Mi era semplicemente andata di traverso la saliva, ma questo ha destato interesse nel vagone. Le persone a fianco a me hanno iniziato a coprirsi il volto, dopo poco si è avvicinata una donna, credevo volesse sincerarsi se stessi bene, invece mi ha detto di scendere dal vagone. Parlava veloce, le ho chiesto di rallentare perché non riuscivo a seguirla e dal mio accento ha capito che ero italiana. Mi sono trovata tutti gli occhi addosso, con lei e altra gente che mi chiedevano di scendere, e così sono scesa”. Cinzia è rientrata dall’Italia con la famiglia alcuni giorni fa, ma nessuno le ha fatto controlli, né in aeroporto né altrove. “Per rispetto dei miei colleghi e dei compagni di scuola di mia figlia, mi sono imposta da sola la quarantena, per giorni ho chiamato il numero di emergenza nazionale ma nessuno si è presentato a casa, nonostante avessi sintomi influenzali e provenissi da un Paese a rischio. Soffro anche di asma”.

E la scuola? “Sempre aperta, mi hanno già fatto sapere che se dovessi tenere mia figlia a casa prenderanno provvedimenti seri, qui l'istruzione è una cosa seria”. La sanità, si vedrà. Intanto è di oggi la lettera a firma di cento italiani residenti nel Regno Unito inviata al Primo Ministro Boris Johnson, nel testo si esprime “preoccupazione per le mancanza di iniziative immediate” che limitino il diffondersi del Covid19. “Auspichiamo – sostiene da Londra Manfredi Nulli, membro del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE) e primo firmatario della lettera – che il governo britannico tenga in massima considerazione le indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e implementi il prima possibile le misure prese dagli altri governi europei, dolorose ma necessarie, al fine di arginare il Coronavirus”. La lettera cita i dati inglesi ufficiali come inattendibili  (“è chiaro che il numero di persone infette da Covid-19 nel Regno Unito sta crescendo rapidamente. È anche chiaro che test più estesi di quelli attualmente in corso mostrerebbero che il numero di infezioni da Covid-19 è significativamente superiore alla stima ufficiale”) e si conclude con una stoccata al governo inglese e un plauso all'Italia:

[…] Nel Regno Unito sembra essere business as usual. La limitazione della libera circolazione delle persone attraverso misure imposte dallo stato come quelle disposte dal governo italiano sarà sempre controversa. Tuttavia, è significativo che l'Organizzazione Mondiale della Sanità abbia elogiato le azioni dell'Italia in questo senso come la cosa giusta da fare. Misure simili sono state istituite anche in altri paesi. Tali misure drastiche avranno, evidentemente e infelicemente, ripercussioni importanti e negative su ciascun paese e sull'economia globale. Tuttavia, è molto probabile che salveranno molte vite umane, il che sembra il problema più importante da considerare nell'attuale crisi sanitaria. Speriamo che questa comunicazione sia utile.

Come a dire, prima la salute, poi il business.

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