Infermiere italiano in Uk: “Qui è tutto assurdo: ho la mascherina, mi ridono in faccia”
«Esco con la mascherina e mi ridono letteralmente in faccia». Giuseppe Bisesti, infermiere di origini pugliesi, vive e lavora da cinque anni in Inghilterra, il paese che nonostante contagi e decessi, ad oggi non ha attuato misure drastiche di contenimento dell'emergenza da Coivid-19. «Dati alla mano qui ci sono 1395 casi di coronavirus con 35 decessi. Non so fino a che punto questi numeri siano veritieri e perché questo paese ha smesso di fare tamponi, ritenendolo non necessario», racconta.
Il premier Boris Johnson a Londra ha avviato l'operazione ‘immunità di gregge'. Per le strade si continua a condurre un'esistenza normale. «Si va nei supermercati senza precauzioni, si tengono eventi, concerti, si va al pub, al ristorante, si continua a ridere e scherzare, a prendere i trasporti e non mantenere le distanze di sicurezza. Insomma sembra che qui non stia succedendo nulla, c'è stata perfino una maratona», dice allarmato l'infermiere ventisettenne.
«Questo paese secondo me o non sa o non è ancora troppo spaventato dal coronavirus, ma noi che siamo italiani, vediamo quello che sta succedendo e abbiamo paura sia nel nostro quotidiano che in ospedale». In Inghilterra, la comunità italiana è vastissima, solo a Londra vivono circa un milione di italiani. «In Italia è emergenza, tutto bloccato, siamo preoccupati per le nostre famiglie, ma lo sono ancora di più loro per noi che ci sentiamo soli, non ascoltati e in pericolo». Il punto, secondo Bisesti è proprio il non avere consapevolezza da parte delle istituzioni inglesi, che è in corso una pandemia.
«Il premier continua a considerarla epidemia, ma comunque esci e funziona tutto, nessuno mantiene la distanza di sicurezza, l'unica cosa che è cambiata è che non c'è più carta igienica, saponi per le mani, pasta, nei supermercati».
E la situazione in ospedale? «Abbiamo paura del contagio. Sia io che la mia compagna siamo infermieri. C'è paura per noi, ma anche per chi curiamo». In ospedale, racconta l'infermiere non c'è staff, non c'è attrezzatura, mascherine, né respiratori. «Esco per problemi di salute con la mascherina per proteggermi e la gente mi ride in faccia, non capisco come prevedano di fronteggiare il problema se non facendo il classico protocollo d'emergenza che si sta attuando in tutti gli altri paesi».