Infermiera di Bergamo: “Il Coronavirus ti sconvolge la vita, soccorsi 100 pazienti al giorno”
"È un attimo e questa cosa qui ti sconvolge la vita". Arriva dal pronto soccorso dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo l'ultima drammatica testimonianza della gravità dell'emergenza Coronavirus. A rilasciarla all'agenzia AdnKronos Salute è Laura Maffi, dal 2003 infermiera proprio nel reparto di emergenza del grande ospedale bergamasco, una delle strutture più duramente messe alla prova dal Covid-19. "È impegnativo da un punto di vista professionale e psicologico – dice l'infermiera, 44 anni e tre figli – I primi giorni non sembrava così difficile, invece piano piano tutto è diventato in salita e si continua così, senza tregua". Non è ancora arrivato il momento tanto atteso in cui la curva dei contagi, che nella sola Bergamasca ha toccato i 3760 casi, inizierà ad arrestarsi: "Ad oggi in Pronto soccorso abbiamo una media di 100 pazienti Covid al giorno, con compromissione respiratoria più o meno importante – racconta Laura – e una ventina in codice rosso che necessitano di supporto ventilatorio al di sopra della semplice mascherina".
A sottolineare la gravità della situazione al Papa Giovanni XXIII era stata ieri il direttore generale Maria Beatrice Stasi: "Restiamo in emergenza, abbiamo spostato il superamento della soglia massima di sopportazione tra mercoledì e giovedì. Ci auguriamo che la pressione, intesa come persone che devono essere ricoverate, nel frattempo cali per effetto delle misure di contenimento, a cui invitiamo i cittadini a continuare ad attenersi". Nel frattempo però la pressione è tanta, impone turni extra, come quello fatto ieri da Laura perché, nonostante i dispositivi di protezione, ad ammalarsi sono anche i colleghi, con i quali soprattutto in questi giorni si è creato un rapporto molto forte.
Alle mie colleghe di altre regioni dico: è un attimo, e ti sconvolge la vita
La speranza è che, almeno nelle altre regioni italiane, l'epidemia di Coronavirus non raggiunga mai le dimensioni della Lombardia. Ma Laura comunque ogni volta che sente colleghe che lavorano in altre parti d'Italia le avverte, "perché è un attimo e questa cosa qui ti sconvolge la vita. Un conto è sentire i racconti degli altri a parole, un conto è viverla di persona". E anche la famiglia di Laura ha vissuto in prima persona cosa vuol dire il dolore di una perdita a causa di questo nemico invisibile: lei ha perso sua nonna, 95 anni, morta per i sintomi del Covid: "E man mano che si va avanti amici e familiari colpiti dal virus aumentano". In famiglia i figli di Laura, due ragazzi che adesso stanno col papà (la cui azienda è chiusa in questi giorni di emergenza), sono orgogliosi e fieri del lavoro della loro mamma. Ma infermieri e medici stanno avendo il giusto riconoscimento del loro impegno anche dall'opinione pubblica e dalla popolazione di Bergamo: su una parete dell'ospedale Papa Giovanni XXIII è apparso un grosso murale per ringraziarli.
Unica speranza è che la curva epidemica inizi a diminuire
Dall'inizio dell'emergenza a Bergamo (era il 21 febbraio) sono passate quasi quattro settimane. Qualcosa è cambiato, soprattutto nell'età dei pazienti: prima erano "tutti molto anziani e già debilitati, poi si sono abbassate le medie delle età, fino a 60-55 anni", dice Laura. Ciò che non è cambiato è il dolore nel vedere i pazienti "in completo isolamento, assistere al distacco dai loro cari", dal momento che nessuno può stare con loro per timore di ulteriori contagi. E allora, "l'unica speranza – conclude Laura – ora è che si inizi a vedere questa benedetta curva epidemica che inizia a diminuire". Ma ci sarà da attendere ancora qualche giorno, almeno fino a giovedì, come ha spiegato il governatore lombardo Attilio Fontana.