Coronavirus, i morti “sono tutti anziani e malati”: ma è proprio loro che la società deve proteggere
Anziani e con un "quadro clinico già compromesso". Questo il macabro refrain che continuiamo a sentire da giorni, da quando cioè l'emergenza Coronavirus ha investito il nostro Paese e ha iniziato a fare delle vittime. Dodici, quelle registrate finora, dieci in Lombardia, una in Emilia-Romagna e una, il 78enne Adriano Trevisan, a Vo' Euganeo, in Veneto. Proprio la figlia di Trevisan in un'intervista rilasciata oggi si è sfogata: "Adriano Trevisan non è un numero, non è la prima vittima italiana del coronavirus, non è un nome e un cognome sul giornale – ha detto la figlia Vanessa -. Adriano Trevisan è mio papà. È il marito di mia madre Linda. È il nonno di Nicole e di Leonardo".
Non siamo nell'antica Sparta: proteggere i più deboli è il compito della nostra società
L'ansia della macabra conta dei morti di questi giorni rischia di minimizzare delle tragedie che investono famiglie alle prese con la scomparsa di una persona cara. Che fosse un anziano, e magari anche molto malato, niente toglie al dolore delle persone che lo amavano. Non siamo nell'antica Sparta, non possiamo sentirci rassicurati dal fatto che a morire per il Coronavirus siano persone in là con gli anni e già debilitate da altre malattie. Anzi, in una società matura e responsabile sono proprio loro, le persone più deboli, che devono essere maggiormente difese e protette.
Non si può calpestare il dolore dei famigliari per il desiderio di rassicurare
Certo, c'è una ragione per la quale da giorni la Regione Lombardia e altri esperti ci ricordano, in maniera quasi ossessiva, che le persone decedute a causa del Coronavirus (o per altre ragioni, di cui poi il virus è concausa) sono tutte anziane. C'è la volontà di rassicurare la popolazione sul fatto che non si tratti di un virus troppo pericoloso, che sia "poco più di un'influenza", come ha detto il governatore lombardo. La necessità di rassicurare – che poi però si scontra con i dispositivi eccezionali messi in campo in tutta Italia – è comprensibile, ma le rassicurazioni non possono arrivare calpestando il dolore dei famigliari delle vittime, che non possono in nessun caso essere ridotte a un numero da aggiornare senza mostrare un minimo di umanità e rispetto.