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Chi è il “paziente zero” del Coronavirus e perché si chiama così

Colloquialmente con la terminologia di “paziente zero” ci si riferisce al soggetto responsabile della diffusione di una malattia infettiva all’interno di una determinata comunità, ovvero colui che è all’origine di un focolaio. La definizione, tuttavia, non ha basi scientifiche e genera spesso confusione tra “caso indice” e “caso primario”. Ecco cosa c’è da sapere.
A cura di Andrea Centini
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Da quando il nuovo coronavirus emerso in Cina (SARS-CoV-2) ha iniziato a diffondersi in alcune zone del Nord Italia, si sta facendo spesso riferimento alla spasmodica ricerca del cosiddetto “paziente zero”, un soggetto ancora non individuato dal quale ha avuto inizio il focolaio di Codogno in Lombardia. Si cerca anche un altro potenziale paziente zero, quello del secondo focolaio di Vo’ Euganeo nel Veneto, ma non si esclude possa trattarsi di una sola persona alla base di entrambi i focolai. Per quanto concerne il focolaio di Codogno sarebbe noto il cosiddetto “paziente uno”, un 38enne ricoverato in rianimazione, dal quale sarebbero partiti ulteriori contagi attraverso l'ospedale in cui si era recato per farsi visitare, e dove infine è stato ricoverato (prima del trasferimento a Pavia). Il termine “paziente zero” è dunque entrato prepotentemente nel linguaggio comune, veicolato dai media, ma quanto è corretto dal punto di vista scientifico? In realtà per nulla, dato che si fa anche confusione con il caso indice, che è diverso dal caso primario. Ma procediamo con ordine.

Il significato di paziente zero, il caso indice e il caso primario

Come sottolineato dalla professoressa Johan Giesecke del Karolinska Institute di Stoccolma (Svezia) nell'articolo “Primary and index cases” pubblicato sull'autorevole rivista scientifica The Lancet, in epidemiologia il caso indice è il paziente di un determinato focolaio che per primo viene individuato dalle autorità sanitarie, quello utilizzato per la descrizione di una patologia emergente (che non deve essere per forza contagiosa) e che non deve necessariamente essere la causa scatenante del focolaio stesso. Il soggetto responsabile di un focolaio è invece il caso primario: questo termine, come specificato dalla Giesecke, “può applicarsi solo a malattie infettive che si diffondono da uomo a uomo, e si riferisce alla persona che per prima trasmette una malattia in un gruppo di persone”. Questo gruppo di persone non deve essere necessariamente un paese o una nazione intera, ma anche una classe scolastica, o una comunità. Il termine colloquiale “paziente zero” viene spesso usato come sinonimo di caso indice, ma in realtà ci si riferisce al caso primario, che in epidemiologia ha un significato specifico e differente. Come indicato dalla Giesecke, infatti, il caso primario per molti focolai “non sarà mai noto”, come ad esempio è avvenuto con l'epidemia globale di HIV, il virus responsabile dell'AIDS. “In alcuni casi – prosegue la studiosa – il caso primario è anche il caso indice, ma spesso non si tratta della stessa persona”. La specialista conclude sottolineando che i due termini sono abbastanza semplici e non meritano di essere confusi.

La nascita del termine “paziente zero”

Il termine “paziente zero” non ha alcuna base scientifica, e nacque in ambito giornalistico in riferimento al soggetto che per primo avrebbe portato il virus dell'HIV negli Stati Uniti. I Centers for Disease Control and Prevention (CDC) americani identificarono uno dei primi casi di AIDS sul territorio nazionale (Gaëtan Dugas) col nome in codice di “paziente O”, dove la O stava a indicare Out, ovvero, Fuori, e più nello specifico, “Fuori dalla California”. Alcuni lettori del rapporto dei CDC confusero la lettera O con lo 0 (zero), e così fu riportato anche in articoli giornalistici e libri sul tema, col riferimento al “paziente zero”. Da allora il termine è entrato nel linguaggio comune, e spesso viene usato a sproposito facendo confusione tra caso indice e caso primario. “Gli scienziati – e i giornalisti – usano sempre più spesso il termine caso indice quando intendono effettivamente riferirsi al caso primario”, ha esordito nel suo articolo su The Lancet la professoressa Giesecke, proprio in riferimento ai continui errori.

Il coronavirus meno pericoloso del previsto

Come dichiarato a fanpage dalla virologa di fama internazionale Ilaria Capua, il coronavirus potrebbe circolare in Italia da diverse settimane, se non mesi. Le numerose diagnosi effettuate in Nord Italia sarebbero tuttavia una buona notizia per la specialista: “Tanto più cresce il numero delle persone infette – o meglio: tanto più scopriamo casi pregressi e passati inosservati – tanto meglio è. Perché vuol dire che il numero degli infetti è maggiore di quanto pensavamo. E il potenziale letale del virus, molto minore”.

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