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Covid 19

Emergenza Covid, a Tolentino 250 terremotati chiusi nei container con bagni, docce e mense in comune

A Tolentino, città terremotata in provincia di Macerata, 250 persone – a tre anni e mezzo dal sisma – vivono ancora in un villaggio di container con bagni, docce e mensa in comune. Rispettare il distanziamento sociale è impossibile e – come se non bastasse – il sindaco li ha “chiusi” dentro con una recinzione e un unico varco di ingresso e uscita.
A cura di Davide Falcioni
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Immaginate se un giorno, uscendo di casa, vi trovaste davanti il sindaco della vostra città. Immaginate se vi dicesse che, per contrastare la diffusione del coronavirus, per il vostro condominio non sono sufficienti le norme in vigore ma è necessario installare una recinzione metallica, con un solo varco di ingresso e uscita costantemente presidiato, al fine di evitare che le persone entrino ed escano a loro piacimento. Immaginate che per i residenti del vostro condominio – e solo per loro – non ci si limiti a far applicare le restrizioni imposte dal governo con il decreto “Io Resto a Casa”, ma si arrivi a chiuderli letteralmente in spazi angusti, costringendoli a condividere ogni giorno bagni e mense.

Quel luogo esiste e si chiama Tolentino, in provincia di Macerata. Cittadina duramente colpita dai terremoti del 26 e 30 ottobre 2016, qui il sindaco Giuseppe Pezzanesi, alla guida di una giunta di centrodestra, ha fin dall’inizio rifiutato di richiedere alla Protezione Civile l’installazione delle soluzioni abitative emergenziali (le cosiddette Sae, o "casette") promettendo ai cittadini, in tempi rapidi, la costruzione di veri e propri appartamenti dotati di tutti i comfort e soprattutto definitivi. A tre anni e mezzo di distanza quelle promesse non sono ancora state ancora mantenute e quasi 250 terremotati sono ancora costretti a vivere in un villaggio di container allestito nella zona industriale della città: tre blocchi di container bianchi, con stanze tutte identiche tra loro, cucina, bagni e docce in comune. In questo ghetto vivono circa 250 dei terremotati della città, molti dei quali immigrati con problemi economici e quindi impossibilitati a cercarsi una soluzione alternativa più dignitosa.

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Qui, dopo l’esplosione dell’emergenza coronavirus, è decisamente più difficile che altrove rispettare il distanziamento sociale tra persone visto che gli spazi sono comuni e angusti. A lanciare l’allarme è stato nelle scorse settimane il comitato 30 ottobre: “Vogliamo porre all’attenzione delle autorità comunali e regionali la situazione dei container per gli sfollati ancora presenti a Tolentino – dice il comitato -. Le prescrizioni previste dalle autorità sanitarie, dal distanziamento sociale all’isolamento, lì rischiano di non essere rispettate per oggettivi motivi fisici. Ricordiamo che gli ospiti dei container condividono sia i bagni che la mensa con spazi comuni promiscui anche dai tanti bambini lì presenti. Nonostante i continui appelli, è opportuno che si intervenga affinché venga garantita l’incolumità dei cittadini ospitati nella struttura”.

A fronte di ciò il sindaco Pezzanesi  non si è limitato a chiedere il rispetto delle norme del decreto “Io Resto a Casa”, ma ha deciso di contingentare ulteriormente la già scarsissima libertà di movimento dei residenti dell’area installando una recinzione metallica con un unico varco di ingresso e uscita. Laddove sarebbe stato sufficiente pretendere il rispetto delle leggi – come accade per tutti gli altri cittadini – è stata applicata una misura ben più rigida che somiglia a una vera e propria segregazione. Il risultato è che i circa 250 terremotati di Tolentino oggi, in piena emergenza coronavirus e con 11 casi già registrati in città – sono chiusi in "scatole di lamiera" e costretti a condividere mense, bagni e docce. Il rischio che all'emergenza abitativa si aggiunga anche quella sanitaria è decisamente elevato.

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