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Corona, hai avuto la tua possibilità e l’hai buttata, senza alcun rispetto

Fabrizio Corona è stato arrestato oggi per intestazione fittizia di beni e condotto nuovamente in carcere. Meno di un anno fa, finito l’affidamento ai servizi sociali, Corona lasciò la comunità di Don Mazzi e tornò a casa, a condurre una vita normale. Dagli errori, però, pare non aver imparato nulla.
A cura di Charlotte Matteini
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"Atteggiamenti fastidiosamente inclini alla violazione di ogni regola di civile convivenza" e "ricerca ad ogni costo di facili (ed illeciti) guadagni e da condotte prive di scrupoli volte ad accaparrare risorse da investire in un tenore di vita lussuoso e ricercato”. Con queste parole i giudici della Cassazione descrissero all'epoca la personalità di Fabrizio Corona. Il 16 maggio del 2014, a seguito della pubblicazione delle motivazioni della sentenza che confermava i 15 anni di carcere e la sorveglianza speciale per Fabrizio Corona io, lo ammetto, lo difesi strenuamente.

Non perché pensassi fosse stato condannato "per due foto", come spesso amano ripetere le persone che non conoscono a fondo la vicenda giudiziaria dell'ex agente fotografico, ma perché pensavo che la pena, nonostante tutto, fosse troppo gravosa e che le parole utilizzate dai giudici per descrivere le motivazioni per cui procedevano alla conferma dei 15 anni fossero troppo pesanti e non lasciassero spazio a una riabilitazione futura dell'individuo. Pensavo, e lo penso tuttora, che ogni detenuto debba pagare per i reati commessi, ma allo stesso tempo, come la stessa Costituzione dispone e come Stato di Diritto vuole, debba avere la possibilità di redimersi. Nei Paesi civili il carcere, o qualsiasi altra pena alternativa, non viene utilizzato come mera punizione del reo, ma serve ad avviare un percorso di riabilitazione personale. Una riabilitazione necessaria, se si pensa che a eccezion fatta per alcuni reati di estrema gravità, una volta scontata la pena il detenuto ha il diritto di tornare libero e di essere reinserito nella società. Il reinserimento è utile non solo per il condannato, ma anche e soprattutto per le persone che vivono fuori dalle mura delle carceri: un detenuto che viene riabilitato mediante i corretti percorsi è meno probabile che torni a delinquere, come sottolineano le statistiche.

Per questo motivo esistono numerosi meccanismi, previsti dalla Legge Gozzini, che consentono al detenuto che dimostri di aver effettivamente iniziato quel percorso di riabilitazione e dimostri di essere pronto al reinserimento nella società, di ottenere sconti di pena, permessi premio, conversione della detenzione in arresti domiciliari, libertà vigilata o affidamento ai servizi sociali. Ed è esattamente ciò che ha ottenuto Fabrizio Corona poco meno di un anno fa, il 27 ottobre del 2015: nonostante il cumulo di pena e la conferma della condanna da parte della Cassazione, Corona aveva ottenuto l'affidamento ai servizi sociali prima e quello sul territorio poi. Dapprima un periodo passato nella comunità di Don Mazzi, che per molti mesi si è battuto per far uscire un Corona provato e deperito dal carcere, in seguito Corona ha potuto abbandonare la comunità e tornare a casa propria, in affidamento sul territorio.

Avrebbe potuto essere una storia a lieto fine, quella di Fabrizio. Avrebbe potuto giocarsi meglio la possibilità che i magistrati gli avevano concesso, cercando probabilmente di avviare davvero un percorso di riabilitazione e reinserimento dell'ex agente fotografico nella società. Ma Corona sembra non essere affatto cambiato, tanto che oggi – 10 ottobre 2016 – la Dda di Milano ha spiccato un'ordinanza di arresto nei suoi confronti e in quelli della sua manager per intestazione fittizia di beni. Nel controsoffitto di casa della manager di Corona, Francesca Persi, sono stati inoltre trovati 1,7 milioni di euro in contanti, che sarebbero riconducibili ai compensi percepiti in nero per le innumerevoli serate tenute nelle discoteche di tutta Italia. L'accusa della Dda di Milano, dunque, contesta non solo lo specifico reato di intestazione fittizia di beni, ma anche un'aggravante: l'averlo commesso durante l'affidamento in prova, una misura cautelare attenuata che viene concessa a quei detenuti che dimostrano di essere intenzionati ad avviare il percorso di riabilitazione sociale.

Insomma, Fabrizio Corona è stato inizialmente vessato con una condanna molto dura, successivamente però ha avuto diritto a una seconda possibilità e ha potuto uscire dal carcere e tornare alla sua normale vita di sempre, fare vacanze – fino all'ammonimento impartito dai giudici quest'estate – vivere la sua storia d'amore con la mora del duo Le Donatella, lavorare e provare a ricostruire un percorso professionale e umano improntato alla legalità. Nonostante tutto, nonostante abbia compreso sulla sua pelle che cosa sia il carcere, cosa significhi trovarsi a scontare una pena detentiva molto lunga, nonostante abbia avuto la fortuna, a differenza di molti altri detenuti, di aver avuto numerosi giornalisti, intellettuali e personaggi televisivi schieratisi pubblicamente a suo favore chiedendo potesse avere una possibilità di redenzione al di fuori delle mura carcerarie, Corona quella possibilità ha deciso di buttarla nel cesso, senza alcun rispetto.

Irrispettoso nei confronti dei magistrati che hanno provato a fidarsi delle sue intenzioni, degli amici che ne hanno preso le difese, dei giornalisti che ne hanno raccontato le vicende e, soprattutto, di tutti quei detenuti, magari ingiustamente incarcerati come a volte capita in Italia, che non hanno potuto godere delle sue stesse opportunità perché non abbastanza famosi per essere pubblicamente difesi da stampa e televisione. E proprio per rispetto dei principi sanciti dallo Stato di Diritto che mi portarono a difendere Fabrizio Corona due anni fa, dopo l'ennesima vicenda che mette per l'ennesima volta in luce la sua radicata strafottenza, penso che questa volta sia assolutamente necessario che Corona torni in carcere e rifletta, questa volta veramente, su quanto sia stato stupido a gettare la sua possibilità di riscatto.

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Milanese, classe 1987, da sempre appassionata di politica. Il mio morboso interesse per la materia affonda le sue radici nel lontano 1993, in piena Tangentopoli, grazie a (o per colpa di) mio padre, che al posto di farmi vedere i cartoni animati, mi iniziò al magico mondo delle meraviglie costringendomi a seguire estenuanti maratone politiche. Dopo un'adolescenza turbolenta da pasionaria di sinistra, a 19 anni circa ho cominciato a mettere in discussione le mie idee e con il tempo sono diventata una liberale, liberista e libertaria convinta.
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