Cop28, perché l’istituzione di un fondo per i danni dei cambiamenti climatici è una decisione storica
La Cop28 di Dubai sembra essere iniziata con il piede giusto. Ieri, infatti, nel corso della prima giornata della Conferenza è stato istituito il Fondo “Perdite e Danni”, definendo concretamente uno dei principali strumenti di supporto finanziario ai Paesi più poveri, quelli che subiscono le conseguenze più gravi dei cambiamenti climatici pur avendo contribuito meno al surriscaldamento globale.
Su impulso della Presidenza emiratina, che ha promesso un finanziamento di 100 milioni di dollari, si è arrivati a un totale di circa 403 milioni di dollari, assicurando così la capitalizzazione iniziale del fondo. Tra questi sono arrivati gli impegni di Germania (100 milioni di dollari), Regno Unito (60 milioni), Stati Uniti (17 milioni), Giappone (10 milioni). Anche l'Italia ha annunciato oggi che contribuirà con 100 milioni di dollari.
A Dubai sono già arrivati il Ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin e la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Il nostro Paese è tra gli "osservati speciali" della Conferenza sul clima: sono infatti note a tutti le posizioni di alcuni esponenti del governo italiano che più volte hanno messo in discussione le solide evidenze scientifiche sull'origine antropica del cambiamento climatico. L'impegno finanziario a favore del fondo loss and damage, tuttavia, costituisce senz'altro una notizia positiva. Fanpage.it ne ha parlato con Eleonora Cogo, esperta senior Riforme Finanza Internazionale in ECCO, il Think Tank italiano sul clima.
La Cop28 è iniziata ieri a Dubai con l'istituzione del loss and damage fund. Perché si tratta di una decisione molto importante?
Quella di ieri è stata una decisione non solo importante ma storica, la conclusione di un percorso iniziato trent'anni fa e soprattutto la risposta a una richiesta molto forte che arrivava dai Paesi più poveri e vulnerabili, quelli che hanno emesso nell'atmosfera meno gas serra ma che oggi subiscono maggiormente le conseguenze dei cambiamenti climatici. Ebbene, per decenni le nazioni più ricche hanno opposto resistenza all’istituzione di un fondo dedicato alle perdite e ai danni per timore che ciò comportasse richieste di compensazione. La prima svolta è arrivata l'anno scorso, alla Cop27 di Sharm El Sheikh, i Paesi in via di sviluppo hanno insistito per avere un punto in agenda per discutere dei finanziamenti per i danni e le perdite (loss and damage) ottenendo, alla fine della Cop, un impegno formale a istituire tale fondo. Si trattava però ancora di una "scatola vuota": nel corso del 2023 un comitato di transizione ha lavorato in cinque incontri per definire le regole per rendere operativo questo strumento, presentate ai Paesi durante la giornata di ieri. Normalmente questo tipo di decisioni vengono prese alla fine di una Conferenza sul Clima. Invece la presidenza degli Emirati ha deciso di mettere immediatamente sul piatto questo tema. Si è trattato di un segnale molto importante che ha dato subito seguito ad annunci con i primi impegni finanziari.
Di quali cifre parliamo?
I primi a impegnarsi sono stati gli Emirati Arabi, che hanno messo sul piatto cento milioni di dollari. La Germania ne ha mesi altrettanti. Poi sono arrivati altri annunci da Stati Uniti, Regno Unito, Giappone e Unione Europea, che nei prossimi giorni comunicherà maggiori dettagli. È di questa mattina la notizia che l'Italia si è impegnata a stanziare cento milioni di dollari.
I Paesi che ha menzionato si sono impegnati a immettere nel fondo 503 milioni di dollari. Non sono pochi?
Sono largamente insufficienti se comparati alla scala del problema: si stima che ogni anno i bisogni dei Paesi potrebbero raggiungere i 300 miliardi di dollari entro il 2030. Ad ogni modo quella impegnata ieri a Dubai è una somma di denaro indispensabile per rendere effettivamente operativo il fondo loss and damage. Per questo possiamo certamente essere felici di come è iniziata la Cop28.
Veniamo all'Italia. Martedì scorso la Camera dei Deputati ha approvato una mozione molto importante che impegna il Governo ad andare a Dubai a "stimolare un’azione più incisiva e coordinata per affrontare la crisi climatica globale". L’Italia sta facendo abbastanza sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici?
L'Italia ha preso impegni in linea con gli obiettivi europei. Però, certo, non possiamo che registrare delle derive preoccupanti quando il governo decide di puntare ancora sulle fonti fossili, proponendo investimenti che sono totalmente disallineati rispetto agli accordi di Parigi e alle indicazioni dell'IPCC, che indicano la necessità di uscire dalla dipendenza da gas e carbone per dimezzare le emissioni di CO2 entro il 2030 e azzerarle entro il 2050.
Ieri il sottosegretario all’ambiente Barbaro ha partecipato a un evento organizzato a Cagliari da negazionisti del cambiamento climatico. Che segno è?
Tenderei a separare le iniziative dei singoli membri del governo dalle indicazioni del Parlamento, alle quali l'esecutivo deve attenersi. Nella mozione approvata martedì scorso, ad esempio, le linee guida sono rigorosamente scientifiche. Vengono riconosciuti gli impegni dell'Italia in relazione agli Accordi di Parigi, viene confermato il limite di aumento della temperatura media globale di 1,5 e poi 2 gradi, viene menzionata la necessità di adattarsi al cambiamento climatico, viene suggerito un percorso finanziario coerente con uno sviluppo a basse emissioni e viene citato persino l'ultimo rapporto dell'IPCC pubblicato a marzo. Insomma, presterei più attenzione alle indicazioni del Parlamento e ci auguriamo che il Governo voglia seguirne l'indirizzo. Ricordo, inoltre, che la mozione approvata alla Camera impegna a sostenere l'istituzione del fondo loss and damage, invita a raggiungere l'obiettivo dello 0,7% del Pil in aiuti allo sviluppo e a dedicare il 50% di queste risorse alla lotta al cambiamento climatico. Il Parlamento, inoltre, impegna il Governo a ridurre le fonti fossili e a stanziare contributi per fondi per l'adattamento. Il governo deve rispettare queste linee guida.
A che punto siamo con il raggiungimento degli obiettivi della finanza per il clima? Quanto deve versare l’Italia, e quanto ha versato?
Una recente ricerca condotta da ECCO in collaborazione con ODI e Flood Resilience Alliance ha analizzato i flussi finanziari pubblici dei 23 Paesi più industrializzati, Stati che devono fornire complessivamente cento miliardi di dollari per la lotta ai cambiamenti climatici. In questo studio è stato analizzato quello che stanno facendo le nazioni sviluppate in merito a tale impegno finanziario: la Norvegia risulta essere la più virtuosa, seguita da Francia, Svezia, Germania, Danimarca, Svizzera, Lussemburgo e Paesi Bassi. L'Italia non è messa male come gli Stati Uniti, ma sta facendo ancora troppo poco. Il nostro Paese dovrebbe contribuire a questo target con circa 4,73 miliardi di dollari, ma ha effettivamente versato il 64% di questa somma. Per questo recentemente abbiamo inviato delle raccomandazioni affinché il Governo faccia di più dando attuazione al Fondo per il Clima e contribuendo ai vari fondi verticali previsti dai negoziati ONU, ad esempio il Green Climate Found, il fondo per l'adattamento e quello per le perdite e i danni.
Insomma, l'Italia può e deve fare molto di più nella lotta ai cambiamenti climatici.
Sicurante, ma possiamo festeggiare un ottima notizia. La Presidente del Consiglio Meloni a Dubai ha appena annunciato lo stanziamento da parte dell’Italia di 100 milioni di euro per il fondo Loss and Damage. È un impegno straordinario, il più altro tra quelli annunciati finora. Ci auguriamo che ci sia la volontà politica di continuare in questo senso e di dare attuazione ad altri impegni concreti anche su uscita dai combustibili fossili.