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Cambiamenti climatici

Cop28, cosa manca nel testo dell’accordo finale secondo il climatologo Luca Mercalli

Luca Mercalli: “Nel documento finale della Cop28 mancano cronoprogrammi e impegni stringenti, non viene formalizzato con quali tassi e tempistiche avverrà la transizione fuori dal fossile. L’unico impegno è quello di cercare di arrivare a zero emissioni entro il 2050, ma in fondo è quello che chiedeva anche l’Accordo di Parigi. La sensazione è che si continui a procedere in modo generico e annacquato continuando, comunque, a lasciare pieno potere alle leggi di mercato”.
Intervista a Luca Mercalli
Climatologo
A cura di Davide Falcioni
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Luca Mercalli
Luca Mercalli
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La "fumata bianca" della Cop28 di Dubai è arrivata nel cuore della notte tra il 12 e il 13 dicembre. Dopo una lunga ed estenuante trattativa – e dopo una prima bozza di accordo largamente insoddisfacente presentata da Sultan Al -Jaber, il contestato presidente della conferenza nonché numero uno dell'azienda petrolifera di Stato degli Emirati – i quasi duecento Paesi partecipanti hanno raggiunto un'intesa di compromesso da alcuni definita "storica": per la prima volta, infatti, il documento finale menziona tutti i combustibili fossili come causa principale del cambiamento climatico ed esplicita chiaramente la necessità di una transizione verso le fonti rinnovabili.

In sintesi: l'accordo faticosamente raggiunto alla Conferenza delle Nazioni Unite getta le basi per la fine dell’era di carbone, petrolio e gas già a partire da questa decade, con lo scopo di raggiungere la neutralità climatica (Net Zero) nel 2050. Tutti gli stati sono chiamati a contribuire, su fasce temporali diverse, determinate dalle circostanze nazionali, per triplicare la capacità di produzione delle energie rinnovabili e duplicare gli sforzi per l’efficienza energetica. Il testo finale della COP28 afferma inoltre che nell’ultimo decennio queste tecnologie "sono diventate sempre più disponibili" e che i costi "siano diminuiti costantemente grazie ai progressi tecnologici, alle economie di scala, all’aumento dell’efficienza e ai progressi tecnologici e alla razionalizzazione dei processi di produzione".

Secondo Luca Mercalli, climatologo e presidente della Società Meteorologica Italiana, dall'accordo raggiunto alla Cop28 tuttavia mancano ancora impegni vincolanti: "Nel documento finale – spiega a Fanpage.it – sono assenti cronoprogrammi e impegni stringenti, non viene formalizzato con quali tassi e tempistiche avverrà la transizione fuori dal fossile". Insomma, bisogna fare in fretta: "Le leggi della fisica sono ineluttabili, vanno avanti per la loro strada e con i loro tempi. Siamo noi a doverci adeguare a loro, e non viceversa".

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Professore, l’accordo della Cop28 è stato definito da molti "storico" perché menziona per la prima volta esplicitamente la necessità di una "transizione" dai combustibili fossili, che sono la causa principale del cambiamento climatico. Lei è d’accordo?

Non parlerei di accordo storico ma solo migliore rispetto alle premesse dalle quali eravamo partiti. Quando un anno fa abbiamo appreso che la conferenza si sarebbe tenuta in un Paese petrolifero e sarebbe stata presieduta da un petroliere abbiamo temuto il peggio. Quando anche durante la Cop Al -Jaber ha detto che non esiste nessuna evidenza scientifica che provi il legame tra cambiamento climatico e fonti fossili si è materializzato un fallimento assoluto davanti ai nostri occhi. Invece c'è stato un colpo di scena finale, il raggiungimento di un accordo comunque di compromesso. La vera novità è stata quella di indicare esplicitamente le responsabilità delle fonti fossili nel surriscaldamento globale, ma dobbiamo dirci la verità: oltre agli scienziati tutto il mondo sa da tempo che occorre uscire da gas, carbone e petrolio. Gli ultimi ad arrivarci sono stati i politici…

Insomma, un testo non così rivoluzionario…

Tutt'altro: nel documento finale mancano cronoprogrammi e impegni stringenti, non viene formalizzato con quali tassi e tempistiche avverrà la transizione fuori dal fossile. L'unico impegno è quello di cercare di arrivare a zero emissioni entro il 2050, ma in fondo è quello che chiedeva anche l'Accordo di Parigi. Nulla di nuovo anche da questo punto di vista, quindi. Insomma, la sensazione è che si continui a procedere in modo generico e annacquato continuando, comunque, a lasciare pieno potere alle leggi di mercato.

Dal punto di vista fisico quanti anni abbiamo di fronte prima di trovarci di fronte agli scenari peggiori?

Le leggi della fisica sono ineluttabili, vanno avanti per la loro strada e con i loro tempi. Siamo noi a doverci adeguare a loro, e non viceversa. I produttori di fonti fossili, invece, continuano ad avere ampi margini di manovra senza particolari vincoli. Eppure la scienza è estremamente chiara su questo. L'umanità ha di fronte ancora una manciata di anni prima che si concretizzino gli scenari peggiori.

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Cosa dicono le previsioni scientifiche su questo aspetto?

Secondo i modelli climatici la curva dei due gradi a fine secolo (il massimo che ci possiamo permettere se non vogliamo avere un pianeta ostile) e quella dei quattro gradi a fine secolo divergono in un punto entro i prossimi dieci anni. Addirittura se si vuole mantenere il limite di 1,5 gradi, che in alcuni giorni del 2023 abbiamo già superato, abbiamo 6/7 anni di emissioni di gas climalteranti residue all'attuale tasso. Insomma, possiamo continuare a intossicarci non oltre il 2030.

Poi cosa accadrà se non rispetteremo gli impegni di riduzione della CO2?

Già nel 2023 abbiamo visto chiaramente cosa comporta un'intensificazione degli eventi estremi. Questo è stato per l'Italia – e mi limito solo al nostro piccolo Paese – un anno incredibile: da gennaio ad aprile abbiamo avuto una siccità epocale nel bacino del Po, poi ci sono state le due alluvioni della Romagna coi suoi morti e gli almeno 9 miliardi di euro di danni, quindi un'ondata di caldo estiva coi 48° in Sardegna, le tempeste a Milano e la grandine da un chilo in Friuli, qualcosa di mai visto nella storia europea. Interi paesi sono stati distrutti, i tetti delle case sbriciolati con decine di migliaia di euro di danni per ciascuna abitazione. Ma non è tutto: in Italia abbiamo avuto l'autunno più caldo della storia, a inizio novembre l'alluvione in Toscana e le mareggiate sulla costa tirrenica e la laguna veneta. E ho menzionato solo gli eventi principali, senza nominare i tanti eventi su scala locale e i danni, ad esempio, all'intero comparto agricolo nazionale.

Insomma, siamo già costellati da eventi estremi…

E siamo solo a 1,2 in più di aumento della temperatura media globale rispetto al periodo pre-industriale. Questi eventi estremi diventeranno più frequenti e più intensi, e ciascuno di questi causerà danni economici e perdite di vite umane. Aggiungo che durante la Cop il professor Tim Lenton, dell'università di Exeter, ha pubblicato i tipping points sul cambiamento climatico. Quello che non capiamo ancora è che, oltre ai cambiamenti lineari, nel clima ci sono 25 processi che possono mutare repentinamente al mutamento di alcune soglie, e questo è estremamente rischioso per l'umanità. Con un aumento di 1,5 gradi, ad esempio, scattano cinque "tipping points", ad esempio il collasso della Groenlandia che farebbe aumentare il livello del mare di metri. C'è poi lo scongelamento del permafrost, il collasso delle barriere coralline e dei ghiacciai nella penisola antartica. E parliamo dello scenario migliore, quello di +1,5 gradi. Se si verificasserro queste previsioni potremmo salutare definitivamente la nostra società, almeno per come l'abbiamo conosciuta finora. D'altro canto pensiamo a cosa potrebbe accadere se il mare aumentasse di un metro nel giro di un mese, ipotesi che potrebbe verificarsi se collassasse la Groenlandia. Insomma: nel clima ci sono dei "mostri dormienti". Se continuiamo a stuzzicarli, questi mostri si sveglieranno diventano inarrestabili.

La classe dirigente italiana, a partire dal governo, sta sottovalutando questi mostri?

Non ci si rende conto che questo non è un gioco. Ho sentito Giorgia Meloni dire che non si può sacrificare il pil al green: purtroppo è una colossale mancanza di conoscenza scientifica. La premier non si rende ancora conto che se falliamo salterà il nostro ordine sociale, la nostra agricoltura, ci saranno migrazioni di popoli di proporzioni bibliche. Anche l'Italia rischia di diventare un Paese invivibile.

Nell’accordo finale della Cop28 viene menzionato il nucleare. Cosa ne pensa?

È troppo lento e costoso, un progetto pachidermico che non riuscirà ad abbattere le emissioni nei tempi a noi necessari. Credo l'evocazione del nucleare sia prevalentemente una questione di business: consente di riaprire un certo tipo di cantierizzazioni di grosso calibro molto convenienti per pochi soggetti perché molto concentrate, a differenza delle energie rinnovabili che sono molto più democratiche e diffuse sul territorio. Una centrale nucleare non la possiamo costruire io e lei, mentre i pannelli solari possiamo facilmente installarli sui tetti delle nostre case.

Il documentyo della Cop28 cita anche “le tecnologie di abbattimento e rimozione, come la cattura e l’utilizzo e lo stoccaggio del carbonio (CCUS)”. Ma queste tecnologie sono effettivamente disponibili o lo saranno in tempi utili?

Sono assolutamente favorevole alla ricerca scientifica su questo campo. È possibile che nei prossimi decenni venga inventato qualcosa di decente. Per il momento, però, la cattura del carbonio è una piccola proposta sperimentale che non funziona, soprattutto su larga scala.

Allora qual è la ricetta?

Intraprendere un percorso di maggiore sobrietà. La "festa" del petrolio ci ha consentito di arrivare fin qui, ma ormai gli svantaggi superano ampiamente i vantaggi. Dobbiamo uscire dalle fonti fossili e puntare sulle energie rinnovabili. E farlo più in fretta possibile.

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