Cop27, il bilancio di Mercalli: “Nessun impegno concreto per abbattere le emissioni inquinanti”
La Cop27 è finita. Le decine di migliaia di delegati (e lobbisti) che hanno partecipato alla ventisettesima Conferenza quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici hanno lasciato Sharm el-Sheikh ed è il momento di tracciare un bilancio.
Dopo la stesura del documento conclusivo, possiamo considerare il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Difficile rispondere: se è vero che l'istituzione di un fondo loss and damage che compensi i danni climatici sugli Stati poveri e più esposti a fenomeni estremi ha rappresentato un indubbio passo in avanti, è altrettanto vero che sul fronte dell'abbattimento delle emissioni di gas serra non sono stati presi neppure questa volta impegni vincolanti. Tutto rimandato al 2023, quindi, ma ogni anno che passa ci allontana dal raggiungimento degli obiettivi concordati negli Accordi di Parigi del 2015.
"La fisica del clima e del sistema-Terra non aspetta e non perdona", spiega a Fanpage.it il professor Luca Mercalli, climatologo e presidente della Società Meteorologica Italiana.
La Cop 27 è finita: possiamo tracciare un bilancio?
I negoziati delle ultime settimane sono stati molto faticosi. Non è stato facile mettere insieme 195 Paesi e da questo punto di vista sicuramente un obiettivo è stato conseguito: quello di aver concluso un accordo sui fondi di compensazione per i danni climatici sugli Stati poveri e più esposti a fenomeni estremi. Questo è stato l'unico risultato importante conseguito, lo aspettavamo ormai da decenni ed era tutt'altro che scontato viste le bassissime aspettative della vigilia. Rimane però un altro problema: le leggi fisiche che regolano il comportamento del clima se ne infischiano di tutto ciò e vanno avanti per la loro strada in modo inesorabile. La fisica del sistema terra non aspetta le decisioni dei diplomatici. E non perdona. Da questo punto di vista il ritardo continua ad essere drammatico. A Sharm El Sheik non è stato fatto nessun passo avanti sulle cause del cambiamento climatico, ovvero sull'aumento delle emissioni di gas serra e sulle conseguenti strategie di uscita dai combustibili fossili. Se ne riparlerà alla Cop del 2023: un altro anno perso.
L'Accordo di Parigi persegue l'obiettivo di limitare il riscaldamento medio globale, rispetto al periodo preindustriale, al di sotto degli 1,5 gradi Celsius entro la fine del secolo. È ancora possibile riuscirci?
Il documento finale della Cop27 mantiene esplicitamente l'impegno a restare sotto gli 1,5 gradi. Di fatto, però, non si spiega in alcun modo come fare né sono stati presi impegni vincolanti per l'abbandono delle fonti fossili, tant'è vero che al ritmo attuale l'aumento sarà di ben 2,8 gradi. Nel 2021 a Glasgow i Paesi avevano promesso sforzi maggiori per assicurare l’obiettivo 1,5 gradi, ma appena 33 su 195 hanno poi presentato un piano credibile di riduzione delle emissioni di gas serra, che intanto continuano a crescere. Nel testo di Cop27 non vi sono infatti riferimenti al picco globale delle emissioni entro il 2025, detto “red line”.
Si parla infatti di "riduzione" del ricorso alle fonti fossili e non del loro abbandono.
Si continua a giocare con le parole: rispetto al consumo di carbone la Cop27 ha abbandonato la locuzione "phase-out" (intesa come uscita dai combustibili fossili) sostituendola con "phase-down" (da intendere come calo graduale). Curiosamente è stato dato più rilievo alla compensazione dei danni del cambiamento climatico – che pure oggettivamente ci sono – piuttosto che alla causa di quei danni, ovvero le emissioni di gas serra. Dal mio punto di vista, quindi, in assenza di una road map seria, con date vincolanti e impegni cogenti, è ormai certo che sforeremo di molto gli 1,5 gradi. Il 2022 è l'anno con le emissioni maggiori della storia dell'umanità. L'unica buona notizia è che l'aumento rispetto al 2021 è stato contenuto. Penso che ormai l'obiettivo reale sia quello di restare sotto i 2 gradi di aumento entro il 2100, ovvero il limite di sicurezza massimo previsto dall'Accordo di Parigi.
Ci ricorda cosa cambia concretamente tra 1,5 e 2 gradi?
Può sembrare una piccola differenza, ma quel mezzo grado spalmato sulla media planetaria è già capace di attivare eventi estremi molto più violenti e frequenti. Come ha ricordato il segretario generale dell'ONU Antonio Guterres ogni frazione di grado conta. In fondo basta pensare al corpo umano: se si ha la febbre a 41,5 si è ancora vivi. A 42 si muore.
La Cop27 è stata sponsorizzata da 18 (su 20) società legate alle fonti fossili. Ai negoziati hanno partecipato inoltre oltre 600 lobbisti di gas, carbone e petrolio. Quanto conta la loro presenza sulle decisioni da prendere?
Non sono un esperto di queste dinamiche. Da "uomo della strada" mi chiedo cosa ci facciano dei lobbisti del petrolio in un consesso internazionale che deve discutere proprio di come abbandonare il consumo di petrolio. Mi sembra paradossale. È come chiedere a dei narcotrafficanti quale sia la migliore strategia per abbattere la diffusione delle droghe, o quale sia la miglior terapie da adottare con un tossicodipendente. Le aziende legate alle fonti fossili non dovrebbero partecipare alla Conferenza Mondiale sul Clima. Ed è superflua anche la presenza di oltre 40 mila delegati.
Un ultimo giudizio sulla delegazione italiana che ha partecipato alla Cop27?
L'Italia ha partecipato alla Cop compatta insieme all'Unione Europea, quindi direi che la nostra influenza è decisamente limitata. Fortunatamente la strategia dell'UE è una delle migliori al mondo. Quello che conta, comunque, è sempre e solo un dato: se crescono o diminuiscono le tonnellate di Co2 emesse in atmosfera. Al momento continuano a crescere. Il resto sono chiacchiere.