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Convivere con il dolore, storie di chi soffre di fibromialgia: “Anche i gesti quotidiani diventano difficili”

Il 12 maggio ricorre la Giornata mondiale della fibromialgia, patologia cronica invalidante che colpisce circa 2 milioni di persone in Italia, soprattutto donne. Una malattia che non è ancora stata riconosciuta in Italia. Fanpage.it ha raccolto le storie di due donne, Martina Sparacio e la vicepresidente Aisf Giusy Fabio, che tra mille difficoltà ci convivono ogni giorno.
A cura di Eleonora Panseri
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Da sinistra a destra, Martina Sparacio e la vicepresidente Aisf Giusy Fabio.
Da sinistra a destra, Martina Sparacio e la vicepresidente Aisf Giusy Fabio.

"Il primo episodio risale a quando avevo 15-16 anni. Durante una gita in montagna avevo messo i piedi in un torrente freddo e nel viaggio di ritorno ho avuto dolori in tutto il corpo".

Martina Sparacio ha 30 anni e da 15 convive con la fibromialgia, una patologia invalidante che coinvolge il sistema nervoso centrale. "Ogni stimolo viene amplificato: un dolore lieve, per esempio, diventa molto acuto. Da quel momento ho anche iniziato a soffrire tantissimo gli sbalzi di temperatura", spiega ancora la 30enne che sul suo profilo Instagram racconta la sua quotidianità e cerca di informare e sensibilizzare sulla malattia.

La patologia è stata riconosciuta dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 1992 e oggi, domenica 12 maggio, ricorre la Giornata mondiale della fibromialgia. In Italia sono circa 2 milioni le persone che ne soffrono, soprattutto donne.

"All'epoca soffrivo già anche di cefalea tensiva cronica, di cui tutt'ora soffro, avevo avuto anche degli infortuni in palestra a scuola e un incidente. A volte, anche se non sempre, la fibromialgia può svilupparsi in conseguenza di traumi: io ne ho avuti diversi nella zona cervicale dorsale", racconta ancora.

Martina è riuscita ad avere una diagnosi in 6 mesi, un tempo relativamente breve rispetto all'esperienza di altri pazienti. Una persona affetta da fibromialgia trascorre in media più di 2 anni prima di ricevere la diagnosi, dopo almeno 3 differenti visite specialistiche e diversi esami. Questo perché, come ci spiega Martina, non esiste un biomarcatore, ovvero un indicatore biologico, genetico o biochimico, che possa essere messo in relazione con l'insorgenza o lo sviluppo della fibromialgia.

"Di solito si fa una diagnosi per esclusione, si fanno esami per altre patologie che, se risultano negativi, permettono di scartarle", spiega la ragazza che negli anni ha scoperto di soffrire, oltre che di cefalea cronica, anche di endometriosi e spondiloartrite.

Per la fibromialgia a oggi non esiste nemmeno una cura: "Io sto cercando di avere un approccio multidisciplinare. Non servono solo farmaci, ma anche altre cose possono aiutare: la fisioterapia e l'attività fisica specifica, l'alimentazione corretta, avere un sonno il più regolare possibile e il supporto psicologico".

Essendo una malattia con diversi sintomi ma nessun metodo diagnostico preciso (per questo viene anche definita una ‘malattia invisibile‘), c'è il rischio che chi sta attorno alle persone che ne soffrono possa sottovalutare la gravità della situazione, come ci spiega ancora Martina.

"I miei genitori, per esempio, mi hanno capita molto di più dopo che sono andata ad abitare da sola perché, pur vedendomi di meno, notano quanta fatica faccio, quanto lavoro nonostante io stia male, hanno capito i miei sforzi. Altre persone, anche senza cattiveria, in passato mi hanno detto: ‘Di questa malattia però non si muore', oppure: ‘Ma tu sei abituata al dolore‘. Spesso c'è chi non capisce che portiamo avanti la nostra vita con un dispendio di energie enorme".

La malattia in Italia non è ancora stata inserita nei Lea, i Livelli essenziali di assistenza, e i pazienti, anche gravi, si trovano a dover sostenere costi importanti per alleviare il loro dolore. "Ci sono delle proposte di legge, ma non è ancora stata riconosciuta", spiega Martina che fa parte del Comitato Vulvodinia e neuropatia del pudendo, che si occupa anche di fibromialgia. "Non essendoci una cura specifica, si provano tante cose diverse. Terapie e nuovi macchinari che però costano molto. Se invece fosse inserita nei Lea, almeno qualcosa verrebbe passato".

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A chi soffre come lei di questa patologia, Martina consiglia di non smettere di cercare soluzioni che possano aiutare: "Io soffro in continuazione, ma bisogna sempre credere che il singolo sintomo possa migliorare. Se ho il reflusso, posso fare una cura su quello, anche se tornerà, visto che è un sintomo legato alla malattia. La cervicale, di cui soffro molto dopo gli infortuni, a volte mi blocca, ma posso lavorarci con cerotti e ginnastica per stare meglio".

E a chi invece si trova a contatto con una persona affetta da fibromialgia spiega: "Non è necessario che una persona capisca, anche se da ragazzina volevo tanto che gli altri lo facessero. Ora penso che basti che chi mi sta accanto mi creda. Il primo passo è questo, fidarsi di quello che dice chi soffre di fibromialgia. E poi è importante chiedere: ‘C'è qualcosa che posso fare per te?'. Noi pazienti spesso non chiediamo aiuto perché cerchiamo di non pesare mai su chi ci sta attorno".

Giuseppina Fabio, vicepresidente nazionale Aisf Odv: "Sette anni per una diagnosi, oggi maggiore attenzione ma non basta"

"Ho avuto la diagnosi solo nel 2015, dopo ben 7 anni dal momento in cui avevo iniziato ad avere i sintomi della malattia, che sono stati molto invalidanti all'inizio, tanto da bloccarmi per un periodo su una sedia a rotelle. Nel 2009 mi ricoverarono perché sentivo come se avessi degli aghi in tutto il corpo. È stato frustrante, i medici non mi credevano, pensavano che fosse tutto frutto della mia immaginazione. Dagli esami effettivamente non risultava nulla, ma la mia famiglia sapeva che non mi sarei potuta inventare questa sofferenza".

Così Giuseppina Fabio, 49 anni, vicepresidente e segretaria dell'Associazione italiana sindrome fibromialgica (Aisf Odv), inizia a raccontare la sua lunga storia con la fibromialgia.

Giuseppina Fabio, vicepresidente nazionale Aisf Odv, 49 anni
Giuseppina Fabio, vicepresidente nazionale Aisf Odv, 49 anni

"La diagnosi è differenziale, quindi complessa, anche se oggi è meno complicato individuare la malattia perché c'è più attenzione e una maggiore sensibilità. – spiega la vicepresidente – Anche se, purtroppo, esistono medici che sostengono che la malattia sia inventata e inesistente, ma stanno fortunatamente diventando pochi. Il paziente dev'essere trattato nella sua totalità, per ristabilire un sistema che ha perso il suo equilibrio".

Come hanno raccontato le due donne, i pazienti convivono con il timore di non venire creduti e, in alcuni casi, la solitudine e il mancato sostegno delle persone vicine. "Il supporto psicologico è fondamentale perché è una malattia che genera una sofferenza continua e può scatenare ansia e depressione. Spesso le persone si chiudono in se stesse perché non vengono capite, nemmeno dagli affetti più stretti. E tra i pazienti ci sono anche tanti casi di tentato suicidio. Non è una malattia mortale ma non si soffre solo da un punto di vista fisico, ma psicologico", precisa Fabio.

"Il dolore però si sente, è reale, ma non è visibile perché non c'è un danno. – continua la vicepresidente – Spesso è concomitante con altre patologie, soprattutto di natura reumatologica, infiammatoria, immunologica. E possono coesistere, per questo è importante trovare una figura che riesca a fare una diagnosi differenziale".

Oltre al dolore, alla stanchezza cronica e ai problemi cognitivi, di concentrazione e del sonno, vengono alterate anche le funzioni del colon e della vescica, la malattia può dare rigidità muscolare o parestesie. "Anche i normali gesti quotidiani, a volte, diventano estremamente difficili. Nell'arco della giornata la malattia ha le sue fasi, soprattutto, la mattina è molto faticoso mettersi in piedi", racconta Fabio.

Da un punto di vista politico, la vicepresidente riconosce una maggiore attenzione negli ultimi tempi, anche se al momento il Governo non ha preso posizione sul tema e a livello legislativo manca ancora il riconoscimento ufficiale.

"È stato dato parere favorevole per l'inserimento della fibromialgia nei Livelli essenziali di assistenza, ma l'attuazione continua a venire rimandata. – spiega – L'esenzione non sarà destinata a tutti, verranno seguiti determinati criteri, ma ancora non sappiamo quali saranno le prestazioni rimborsabili. Sono stati presentati anche diversi progetti di legge, i lavori su questi però sono attualmente bloccati".

Non c'è quindi ancora una normativa che risolva la mancata tutela e il mancato diritto alla salute. "Noi pazienti a oggi siamo costretti a pagarci tutte le cure di cui abbiamo bisogno. E chi ha difficoltà economiche spesso rinuncia. È importante che ci sia il supporto da parte dello Stato. E questa giornata servirà a sollecitare ancora una volta il riconoscimento di questo diritto".

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