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Contrae il covid all’ospedale e muore: a Carbonia un focolaio covid a Medicina

Luciana Porcedda, 82 anni, è morta di covid il due gennaio, all’Ospedale Sirai di Carbonia (SU), dove aveva contratto il virus. Il 14 dicembre due tamponi negativi danno il via libera ma il 21 dicembre un ulteriore tampone, rileva la presenza del virus. “Era in cura per una polmonite, il cardiologo ci ha consigliato di passare dal Pronto soccorso del Sirai per fare una tac”. Sono i familiari, Angelo Porcedda e Brunella Ollargiu, rispettivamente fratello e cugina di Luciana Porcedda, a raccontare l’odissea vissuta. “Noi vogliamo sapere cosa è successo e perché è successo in un ospedale”.
A cura di Lisa Ferreli
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Luciana Porcedda aveva 82 anni. È morta di covid il due gennaio, all'Ospedale Sirai di Carbonia (SU), dove aveva contratto il virus. Due tamponi negativi diedero il via libera al ricovero il 14 dicembre; l'ospedalizzazione proseguì fino al 21 dicembre quando, un ulteriore tampone, rilevò la presenza del virus. "Era in cura per una polmonite, sentiva dei dolori alla spalla così il cardiologo ci ha consigliato di passare dal Pronto soccorso del Sirai per fare una tac". Sono i familiari, Angelo Porcedda e Brunella Ollargiu, rispettivamente fratello e cugina di Luciana Porcedda, a raccontare l'odissea vissuta. "La tac ha scongiurato ciò che il cardiologo temeva, ovvero un'embolia polmonare – spiega Brunella Ollargiu, 60 anni – ma c'erano dei sintomi per i quali i medici volevano indagare: dopo due tamponi negativi è stata portata nel reparto di Medicina". Come da prassi, la verifica permette il ricovero: sarà l'ultima volta che i familiari vedranno Luciana Porcedda. "Ci siamo sentiti sporadicamente al telefono" spiega la cugina, che prosegue: "il 21 dicembre ci ha detto che le avevano fatto un altro tampone, che tutti erano stati sottoposti al controllo e che lei era risultata positiva". Un medico chiarisce poi ai parenti che la paziente non presentava sintomi da Covid, "così ci siamo un po' tranquillizzati – aggiunge Angelo Porcedda, 70 anni – anche se sapevamo fosse un soggetto a rischio". L'ospedalizzazione prosegue ma il 31 dicembre una tac evidenzia dei danni a un polmone, causati dal Covid. "Luciana ha smesso di risponderci; il due gennaio, ci hanno chiamato per dirci che era deceduta". "Noi vogliamo risposte – proseguono i familiari – non ci basta sapere che c'è stata una "ventata di covid", come si è giustificato un medico: noi vogliamo sapere cosa è successo, e perché è successo proprio in un Ospedale".

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Anche dall'Ordine delle Professioni Infermieristiche Carbonia Iglesias, una descrizione altrettanto complessa della situazione in corsia: "In Azienda A.S.L. i dipendenti entrano in servizio sani, e rischiano di uscire da lavoro infetti, i cittadini vengono per curare altre patologie, si ammalano di covid e a volte decedono – spiega Graziano Lebiu, Presidente dell'Ordine – le politiche di gestione del personale e delle risorse umane non sono adeguate al contesto, ma gli infermieri raddoppiano le loro forze e lavorano: sono però dei disagi che non merita nessuno, ne i lavoratori ne i cittadini; inizia a essere una situazione insopportabile".

"È vergognoso che in un ospedale succedano queste cose" dichiara Federico Fantinel, consigliere in minoranza del Comune di Carbonia. "Al Sirai c'è un gravissimo problema di personale – prosegue il consigliere – il personale coinvolto nel focolaio non può operare,  c'è un assoluto bisogno di intervenire per poter lavorare in piena funzionalità". In una situazione così complessa, "la Regione non può perdere tempo, il Sirai non è un Ospedale Covid, quest'ultimo non è presente nel nostro territorio: è una grave mancanza, bisogna intervenire subito".

Dalla Direzione del presidio ospedaliero Sirai, una nota stampa chiarisce che "nel mese di dicembre c’è stato il primo focolaio covid nel reparto di medicina, determinato forse da un falso negativo o da qualcuno che ancora aveva il virus in incubazione. Data l’impossibilità al momento di trasferire tutti i pazienti in presidio covid, sono state attivate tutte le procedure per gestire al meglio i pazienti presso lo stesso reparto, sono stati trasferiti i pazienti negativi e attivata la sorveglianza su pazienti e operatori".
"I pazienti più fragili e con patologie importanti – prosegue la nota – hanno manifestato sintomi più gravi e, nonostante le tempestive cure prestate, alcuni sono deceduti per le complicanze del covid. Un grandissimo rammarico per loro e vicinanza alle famiglie, l’assistenza da parte del personale è stata assolutamente idonea ma la contagiosità del virus e la sua virulenza in alcuni soggetti provoca effetti nefasti, non certo solo nel nostro ospedale ma come vediamo e lèggiamo tutti i giorni in tutte le strutture del mondo".

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