Confermata la condanna a morte di Pakhshan Azizi, l’operatrice umanitaria curda incarcerata in Iran
L’Iran non ferma il suo boia e conferma la condanna a morte di Pakhshan Azizi, l’operatrice umanitaria curda incarcerata in Iran dall'agosto del 2023 dopo un arresto delle autorità locali con l’accusa di “ribellione" e attività sovversive contro la Repubblica islamica. Per lei nei giorni scorsi la Corte Suprema iraniana ha confermato l'esecuzione capitale rigettando il ricorso presentato dal suo legale. Ora l’unica speranza rimasta è quella di un nuovo processo per il quale l’avvocato presenterà una nuova richiesta.
La quarantenne nel frattempo rimane rinchiusa nell'ala femminile della prigione di Evin a Teheran, la stessa dove è stata rinchiusa Cecilia Sala prima della liberazione. Pakhshan Azizi era stata fermata da agenti del ministero dell’Intelligence il 4 agosto del 2023 mentre svolgeva attività umanitaria nei campi profughi curdi nel nord del paese e accusata dalle autorità iraniane di far parte di gruppi armati locali.
Nell’estate scorsa un tribunale locale ha condannato a morte l’operatrice umanitaria nonostante le prove che dimostravano che le sue attività nei campi erano pacifiche e "non avevano alcuna dimensione politica ed erano incentrate sulla fornitura di aiuti umanitari" come ha spiegato l’avvocato. La 40enne giudicata colpevole di “ribellione alla Repubblica islamica”
"Questa sentenza è illegale ed è stata emessa per incutere timore nella società e impedire nuove proteste. Deve essere condannata con la massima fermezza dalla comunità internazionale", ha affermato il direttore di Iran Human Rights.
Quello di Pakhshan Azizi è stato “un processo gravemente ingiusto", e il suo arresto "una sparizione forzata", secondo Amnesty International che denuncia anche "torture e altri maltrattamenti durante gli interrogatori per costringerla a confessare legami con gruppi di opposizione curdi, da lei ripetutamente negati".
Anche la vincitrice del premio Nobel per la Pace 2023, l'iraniana Narges Mohammadi, ha affermato che "è nostro dovere non restare in silenzio” aggiungendo che “La conferma della condanna a morte di Pakhshan Azizi da parte della Corte Suprema riflette la determinazione del regime ad aumentare la repressione delle donne e a vendicarsi del magnifico e potente movimento Donna, Vita, Libertà".