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Concordia, Schettino accusa la compagnia: “L’inchino me lo chiese Costa Crociere”

Non solo la manovra dell’inchino era diventata una consuetudine tra comandanti che la eseguivano “a Capri, a Sorrento, in tutto il mondo”. Il rituale era una sorta di spot commerciale per Costa Crociere. Lo rivela il comandante della nave da crociera naufragata al Giglio, Francesco Schetino.
A cura di Biagio Chiariello
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non solo la manovra era consuetudine per le navi da crociera

Che l'inchino della Concordia fosse una manovra diffusa tra i comandanti della navi da crociera ormai si era capito. La conferma l'abbiamo avuta dal video in esclusiva per Fanpage in cui lo stesso Francesco Schettino  "saluta" Procida il 30 agosto 2010. Ma quella rischiosa manovra a gomito che ha portato al disastro del Giglio non era semplicemente una tradizione, un'usanza tollerata dalle stesse compagnie di viaggi. L'inchino infatti sarebbe una trovata commerciale della stessa Costa Crociere. E' quanto emerge dalle trascrizioni dell'interrogatorio di garanzia del comandante della Costa Concordia di fronte al gip Valeria Montesarchio. 135 pagine dalle quali vengono fuori altre importanti verità, che sembrano chiarire ulteriormente le dinamiche dell'incidente e, soprattutto, coinvolgono altri ufficiali e personaggi, oltre alla stessa compagnia che già dovrà far fronte allo spinoso capitolo risarcimenti.

Inchini, pubblicità per Costa Crociere

«Gli inchini erano "voluti" da Costa. Li facevamo a Capri, a Sorrento, in tutto il mondo. Le pianificava la Compagnia, ad agosto per le feste patronali per farci pubblicità». Dichiarazioni che smentirebbero la versione l'amministratore delegato di Costa ,Pier Luigi Foschi ,che aveva assicurato che il rituale era stato autorizzato «soltanto una volta».

Addirittura Schettino – ora ai domiciliari – racconta che l'inchino era già in ritardo sulla tabella di marcia della compagnia. «Lo dovevamo fare pure la settimana prima e non lo feci perché c'era cattivo tempo. Perché facciamo navigazione turistica, ci facciamo vedere, facciamo pubblicità e salutiamo l'isola». E all'incalzare delle domande del magistrato, risponde:

Allora le dico: io per esempio la navigazione turistica quando la svolgevo a Sorrento, dalle mie parti, ci andavo proprio vicino, sui 400-500 metri; rallentavo e andavo a fare la navigazione turistica. Adesso io volevo fare solamente un passaggio consapevole del fatto che il Giglio, come infatti poi ho avuto modo di vederlo anche praticamente che ci sta il fondale fino a sotto, ho detto: "Vado giù e mi porto su parallelo e me ne vado". Era pianificata a 0,5 (mezzo miglio) poi l'abbiamo portata a 0,28».

Il comandante, ora sospeso da Costa Crociere, ha anche accennato al fatto che l'inchino stata una sorta di replica ai virtuosismi di un altro comandante della compagnia, Massimo Garbarino della Costa Luminosa. E non ci sta ad essere etichettato come l’unico che voleva omaggiare con «l’inchino» il comandante in pensione Mario Palombo. Dichiara infatti che l’idea è stata di Tievoli. Così dopo aver contattato Palombo «Io gli ho detto “Stiamo passando di qua”, lui mi ha detto: “Okay, fai una bella suonata al Giglio e ti puoi anche avvicinare fino a sotto, che ci sta acqua”». Schettino poi assicura che «sulla plancia c’era anche Manrico Giampedroni». Oltre, naturalmente, alla donna moldava Domnica Cemortan.

Le telefonate con la compagnia dopo il naufragio

Ma Schettino parla anche di quei terribili minuti dopo l'impatto contro gli scogli. Racconta di aver «avvertito la Costa Crociere dell’impatto contro gli scogli e gli ho chiesto gli elicotteri. E Ferrarini [marine operator della compagnia,], della compagnia, mi ha risposto, “ok te li mando”». Poi ammette davanti al giudice di aver ritardato le operazioni di evacuazione, difendendosi così: «Prima di dare l’emergenza dobbiamo essere sicuri, perché non voglio rimanere con i passeggeri in acqua, né creare panico che la gente mi muore per nulla».

Un altro dettaglio importante che emerge dall'interrogatorio è quello relativo alla scatola nera: «Mi disse di spingere il bottone del Voice data recorder, per scaricare i dati di navigazione delle ultime 12 ore e renderli così consultabili e io dissi al mio secondo Roberto Bosio di farlo». Ma c'è problema. Il sistema, riferisce Schettino, quella sera era rotto. «Non so se con il blackout si è spento anche questo qua», sarebbero state le parole di Bosio. Schettino risponde «Va bene». Scatola nera che insieme all'hard disk appena recuperato dai sub dovranno far luce su molte dinamiche dell'incidente.

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