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Comune di Mezzojuso sciolto per mafia, Massimo Giletti: “Le sorelle Napoli oggi sono meno sole”

Il conduttore di Non è l’Arena commenta la notizia dello scioglimento per mafia del comune in provincia di Palermo, dopo che con il suo programma ha affrontato per mesi la vicenda delle sorelle Napoli, andando anche in piazza a Mezzojuso: “Spero che tanta gente di Mezzojuso che quelle sere era chiusa in casa trovi il coraggio di uscire e non nascondersi”.
A cura di Andrea Parrella
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Lo scioglimento per mafia del comune di Mezzojuso ha generato una reazione importante nell'opinione pubblica. Il Consiglio dei ministri, su proposta della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, ha infatti disposto lo scioglimento del consiglio comunale in provincia di Palermo, per il rischio di infiltrazioni mafiose. L’amministrazione del comune è stata affidata a un commissario straordinario fino a nuove elezioni e da giorni si discute del peso che può aver avuto sulla vicenda l'importante attenzione mediatica che il programma di Massimo Giletti Non è l'Arena ha riservato alla vicenda delle sorelle Napoli.

Il conduttore di La7, che alcuni mesi fa aveva portato il suo programma in piazza a Mezzojuso in diretta, oggi non si sente di gioire, ma non può nascondere la soddisfazione per la decisione del prefetto.

Giletti, percepisce un senso di rivalsa oggi?

Ho ricevuto molti insulti in quella piazza e non solo, sono stato chiamato anche a processo per difendere quelle tre donne e lo rifarei ancora. Quello che è successo dimostra che la televisione, ancora oggi, è capace di fare luce su zone d'ombre che ancora esistono. Non esulto, perché quando un paese viene commissariato per mafia non può essere una vittoria. Ma è giusto per lo Stato: è una vittoria dello Stato.

Quanto ha inciso la diretta in piazza ai fini di questa svolta?

Andare lì 15 anni dopo che Santoro aveva fatto l'ultima diretta televisiva di quel tipo in Sicilia, ha rafforzato sicuramente l'attenzione su quello che succedeva a Mezzojuso, però io mi porto ancora dentro un'amarezza profonda da quella sera. C'è una parte di questo Paese che ha un problema culturale e che continua a non capire che  si deve cambiare modo di vivere.

Il sindaco vi ha querelati e stava anche per aggredirla sul palco quella volta. 

Il sindaco quella sera non ha avuto nessun dubbio nel dire che era andato ai funerali del capomafia del paese, l'uomo che portava i pizzini a Provenzano. Si giustificò dicendo di essere andato ai funerali di tutti, salvo poi smentire il giorno dopo di essere andato a quei funerali. Come diceva Pirandello, in Sicilia ho incontrato molte maschere e pochi volti.

Gli elementi che hanno portato alla decisione del commissariamento fanno emergere elementi aggiuntivi rispetto a ciò che avete raccontato nei mesi scorsi?

La decisione del prefetto di Palermo di inviare a Mezzojuso ispettori di altissimo livello è stata determinante. Avranno trovato sicuramente molto materiale, perché non si commissaria un paese così.

La puntata di domenica sarà prevalentemente dedicata a questo caso?

Faccio una scelta di basso profilo, mi collegherò con le sorelle Napoli perché la loro emozione è stata la mia, voleva dire che non avevamo sbagliato e che nostra intuizione era giusta. Ma vuol dire anche che queste donne da oggi sono un po' meno sole e che per loro è stata una rivincita importante: avevano ragione loro.

In piazza quella volta molti ti diedero del farabutto. Credi che oggi si comporterebbero in modo diverso?

Io non ho avuto paura a scendere dal palco e andare faccia a faccia con chi mi gridava farabutto. Io spero però che tanta gente di Mezzojuso che quelle sere era chiusa in casa trovi il coraggio di uscire e non nascondersi. Voltando la testa dall'altra parte si perde sempre.

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