Come sta cambiando Cosa Nostra un anno dopo la morte di Matteo Messina Denaro
È passato un anno dalla morte di Matteo Messina Denaro, avvenuta otto mesi dopo il suo arresto del 16 gennaio del 2023. È morto a causa di un tumore all'ospedale de L'Aquila, dopo aver trascorso nel carcere del capoluogo abruzzese qualche mese al 41bis. Prima di morire il boss ha parlato per tre volte con i magistrati: ore di interrogatorio ma senza che abbia mai rivelato nomi e cognomi dei suoi fedelissimi. L'ultimo incontro è stato nel luglio del 2023 ed è finito con il procuratore Paolo Guido che ha invitato Messina Denaro a "riflettere": era ancora in tempo a svelare informazioni utili alla giustizia. Il boss però non ha più incontrato i magistrati.
È passato un anno dalla sua morte e Cosa Nostra si sta riorganizzando. O meglio, il mandamento, che per anni è stato nelle mani del boss latitante per 30 anni, sta cercando di capire come continuare i suoi affari: cosa sta succedendo ora nel Trapanese? E cosa ha scoperto la Procura a un anno dalla morte del boss?
Se da una parte la mafia sta cercando di riorganizzarsi dall'altra la Procura di Palermo e le forze dell'ordine stanno ricostruendo gli anni della latitanza del boss. Manca scoprire ancora dove si trova parte del suo patrimonio, così come l'identità delle persone che hanno protetto Messina Denaro ospitandolo nello loro case in Italia e all'estero.
In un anno e mezzo la giustizia non si è fermata: il geometra di Campobello di Mazara che ha prestato la sua identità al boss nell'ultimo periodo da latitante, ovvero Andrea Bonafede, è stato condannato a 14 anni di reclusione. Sono stati arrestati dai carabinieri del Ros, coordinati dalla Procura di Palermo, i fratelli Antonio e Vincenzo Luppino, figli di Giovanni Luppino, nonché l'autista di Matteo Messina Denaro. Giovanni Luppino aveva accompagnato il boss alla clinica La Maddalena dove entrambi sono stati arrestati il 16 gennaio. E ancora: il giudice per l'udienza preliminare di Palermo ha condannato a 13 anni e 4 mesi in abbreviato, per concorso esterno in associazione mafiosa, Lorena Lanceri, la donna che per anni ha protetto Messina Denaro. Nei giorni scorsi è morta la madre di Messina Denaro Lorenza Santangelo, aveva 88 anni.
A spiegare a Fanpage.it questi mesi è il procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia: sotto la sua guida la Procura, e il Ros dei carabinieri, è riuscita a mettere fine alla latitanza dell'uomo più ricercato d'Italia e non solo.
Procuratore come sono stati questi mesi da quando è morto Matteo Messina Denaro? Su cosa vi state concentrando?
Sta andando avanti tutta l'indagine attorno all'entourage di Matteo Messina Denaro. Ora – come sempre fatta salva la presunzione di innocenza finché la sentenza non è passata ingiudicata – rimane il fatto che dal suo arresto abbiamo individuato e portato a giudizio 15 persone. Sono stati arrestati esponenti della sua famiglia, di cui alcuni sono già stati condannati in primo grado. Così come sono state arrestate persone che hanno prestato l'identità al boss o che gli hanno offerto un rifugio. Dobbiamo trovare le prove e farli condannare: il lavoro dunque non è finito.
Il lavoro della Procura infatti è quello di individuare tutti quelli che hanno contribuito alla latitanza del boss. Sia per quanto riguarda l'ultimo periodo, ovvero quando Messina Denaro ha avuto bisogno di assistenza medica, che per i periodi precedenti.
Accanto a questo filone di indagine, ci sono anche i nostri sforzi per individuare tutti gli altri esponenti delle famiglie mafiose del Trapanese che si stanno ora organizzando per sostituire Matteo Messina Denaro. Così come noi ci concentriamo nel post Messina Denaro così lo stanno facendo anche loro.
In Italia, oltre in Sicilia, è emerso che Messina Denaro sia stato anche in altre regioni?
Sì, lui si è sempre mosso. Noi non conoscevamo il suo volto: con documenti falsi si muoveva così liberamente sul territorio. Si è mosso sia per diletto che per affari. Sia in Italia che all'estero.
Cosa manca da capire ancora sulla latitanza di Messina Denaro, oltre che al nome di altri fedelissimi?
Dobbiamo ancora individuare parte del suo patrimonio, ma molto di questo patrimonio era già stato individuato in passato. In questi mesi stiamo continuando a capire soprattutto come si sta evolvendo Cosa Nostra, perché per l'organizzazione l'arresto del boss è stato un colpo importante. È in corso – come costantemente fa la mafia – un processo di rigenerazione alla ricerca di nuove capacità di vertice.
Quindi Cosa Nostra si sta riorganizzando?
Finché esiste tenderà costantemente a riorganizzarsi: è una "struttura" che sta su questo territorio da 170 anni, che ha vissuto guerre, periodo di brigantaggio, periodo di grande espansione sia militare che politica. Perché alla forza militare si accompagna la capacità di fare politica inserendosi nell'amministrazione pubblica.
Forte dell'esperienza del passato e consapevole che non è un momento facile, Cosa Nostra – un po' con i vecchi detenuti e un po' con i giovani rampanti che vogliono spazi e che operano in libertà – sta cercando di ridarsi un progetto e quindi di riorganizzarsi: quando si arresta un capo si crea un vuoto e si cerca sempre di colmarlo. E noi stiamo cercando di impedirlo.
E poi ci sarebbe la Cupola palermitana, il vero vertice di Cosa Nostra. Ci sono segnali di una sua possibile riorganizzazione?
Oggi non c'è una Cupola palermitana. C'è un'aspirazione nel ricostituirla da parte dei giovani boss. Sanno che Cosa Nostra per tornare a essere potente come in passato ha bisogno di un vertice: ci hanno provato in diverse occasioni in questi ultimi dieci anni, ma hanno fallito. Questi tentativi sono stati individuati fortunatamente in tempo. L'aspirazione però rimane. Adesso, ripeto, non c'è un'organizzazione di vertice. E questa resta una forza per lo Stato.
Si può parlare di un successore di Matteo Messina Denaro?
In questo momento non parlerei di successore. Però tutto il mandamento di Trapani si sta riorganizzando per portare avanti i loro affari.