Come sta Alberto Scagni, la madre: “Febbre alta dopo infezione. Lotto perché sconti la pena da vivo”
Alberto Scagni, condannato per l'omicidio della sorella Alice avvenuto nella sera del 1 maggio 2022 a Genova, si trova ora in una cella di isolamento collocata nel reparto di Nefrologia, seppur clinicamente in carico al reparto di Fisiatria, situato due piani sopra, dell'ospedale di Imperia, dopo essere stato massacrato di botte nel carcere di Sanremo lo scorso novembre.
Per quasi un mese il 43enne, affetto da gravi disturbi psichici, è stato in coma farmacologico nel reparto di rianimazione a Sanremo. Poi il risveglio, a singhiozzo, perché le sue condizioni erano troppo critiche. In seguito, il 26 dicembre il trasferimento nel nosocomio di Imperia.
Antonella Zarri è la madre tanto della vittima quanto dell'omicida e continua a battersi perché il figlio "sconti la pena, ma lo faccia da vivo e trattato da essere umano". La donna racconta con preoccupazione a Fanpage.it le condizioni in cui ha trovato Alberto dopo il trasferimento dalla rianimazione.
Deperito e con febbre da infezione
"Mio figlio – dice la signora Zarri – è stato messo in una cella di 3 metri per 3, con branda da carcere bullonata a pavimento. Si muove con estrema difficoltà e, nonostante ciò, in quell'ambiente non è presente nessun campanello per avvisare i sanitari in caso di malore. E comunque, per aprire la cella, ci vogliono almeno cinque minuti".
Alberto è stato di recente colpito da febbre alta in seguito a un'infezione da catetere venoso: "Gli è stato applicato di fretta il giorno del trasferimento – racconta Antonella – e per quattro giorni, oltre a non avergli lavato né viso né denti, ha tenuto lo stesso bendaggio sporco di sangue nel braccio destro, dove era applicato il catetere".
Date le condizioni di difficile mobilità e la febbre, rimasta alta fino a qualche giorno fa, Scagni fatica a nutrirsi: "Dopo due giorni di rialimentazione – riporta la madre – lo hanno pesato, su mia richiesta, e vestito è 55 kg per 1 metro e 80, non si regge in piedi".
L'intervento del garante
"A tutto ciò – aggiunge – si somma la condizione psichica estremamente compromessa di Alberto, registrata anche dalla perizia psichiatrica svolta durante il processo, e dall'epilessia, di cui soffre da quando era bambino". Letteralmente, dal testo di perizia: "Scagni Alberto è portatore fin dalla prima età adulta di un Grave e Complesso Disturbo di Personalità di Tipo Antisociale, Narcisistico e Borderline complicato da un Comportamento da Disturbo da Poli-Abuso di Sostanze psicoattive (Alcool e Cannabinoidi)".
Allarmata da questa situazione, Zarri ha contattato il garante dei detenuti, che il 2 gennaio ha preannunciato un sopralluogo la settimana successiva per verificare le condizioni del detenuto. "Da allora – riferisce Antonella – il trattamento nei confronti di mio figlio è migliorato, la prossima settimana verranno finalmente svolte tac e ecocardio per scongiurare che l'infezione abbia provocato o possa provocare danni agli organi interni".
Ma una domanda, tuttavia, Antonella continua a farsela: "Se Alberto, che pur essendo l'omicida di sua sorella rimane mio figlio, non fosse stato un detenuto, questo trattamento di totale noncuranza rispetto alle sue condizioni psicofisiche sarebbe passato così in sordina?".