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Neonati sepolti in giardino a Parma

Come si può spiegare il gesto di una donna che sceglie di uccidere i propri figli

Il caso dei neonati trovati sepolti nel giardino di una villetta nella provincia di Parma: come è possibile spiegare il gesto di una madre che scegli di uccidere i propri figli, soprattutto quando questa madre è una ragazza di 22 anni con una vita apparentemente “normale”.
A cura di Margherita Carlini
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Il corpicino di un bambino rinvenuto nel giardino di una villetta in provincia di Parma il 9 agosto, nelle stesse ore in cui una ragazza di soli 22 anni era partita per New York con i suoi genitori. Un esame del DNA su quel corpicino che consente agli inquirenti di stabilire che la ragazza è la mamma di quel bambino. Poi, attraverso l’attività di indagine, emergono dal telefonino della ragazza delle ricerche effettuate in internet su “come abortire un secondo figlio”. Si torna quindi nel giardino di quella villetta e a distanza di quasi un mese vengono rinvenuti i resti di un altro corpicino, un altro bambino, occultato lì forse più di un anno prima.

La ragazza, ora accusata di omicidio volontario ed occultamento di cadavere, sembra aver ammesso le proprie responsabilità per entrambi i casi, sostenendo di aver fatto tutto da sola, senza che nessuno la aiutasse o fosse al corrente delle due gravidanze. Lo stesso sembrano sostenere il fidanzato e i genitori che, appresa la notizia, oggi dichiarano che loro quei bambini li avrebbero tenuti, se ne sarebbero fatti carico.

L’orrore in un contesto di apparente normalità. Chi conosce la ragazza parla di lei come di una giovane affidabile, ben inserita nel contesto sociale, culturale ed amicale. Studentessa di giurisprudenza, impegnata al centro estivo e come baby-sitter. La sera del 7 agosto si sarebbe indotta il parto, “ho partorito da sola senza l’aiuto di nessuno” avrebbe dichiarato, per poi uscire con le sue amiche per poi l’indomani, partire con la famiglia. Amiche che dichiarerebbero di non aver notato nulla di anomalo, nemmeno un cambiamento fisico in quella coetanea che indossava abitualmente anche abiti attillati.

Ma come è possibile che avvenga qualcosa del genere?

Quello dell’infanticidio, del neonaticidio o del figlicidio è un agito che sconvolge le nostre coscienze, un gesto che per cultura e istinto appare inaccettabile e incomprensibile, ma purtroppo presente anche nel nostro Paese, dove, statistiche alla mano, avverrebbe un figlicidio quasi ogni due settimane. Sono i bambini di età inferiore quelli maggiormente a rischio di essere uccisi da un genitore, nella maggior parte dei casi quelli che hanno meno di cinque anni.

Sarebbero prevalentemente le madri, come in questo caso, a commettere infanticidi o neonaticidi, ad uccidere cioè, nel caso del neonaticidio, bambini nelle loro prime 24 ore di vita. Un dato che contrasta fortemente con quello che è l’immaginario generale e sociale comunemente diffuso che associa al periodo della gravidanza ed alla maternità, quasi con un automatismo, vissuti gratificanti o comunque positivi per le madri.

Nella realtà sappiamo che la gravidanza e la maternità rappresentano per la donna un periodo di grandi mutamenti che sono associati a emozioni differenti, spesso fortemente destabilizzanti. La gravidanza prima e la maternità poi, implicano un processo trasformativo per la donna non solo di tipo fisico ma anche psichico al quale corrispondono sostanziali modificazioni fisiologiche ma anche psicologiche.

È innanzitutto per questo che la gravidanza può essere vissuta in maniera differente da donna a donna, ma anche dalla stessa donna in fasi e periodi differenti della propria vita. Spesso ad accompagnare le donne sono sentimenti di paura, vissuti di inadeguatezza, sentimenti di impotenza. In alcuni casi, seppur rari, la gravidanza viene negata dalla donna, sia a livello fisico che psicologico.

Seppur in campo ampiamente ipotetico, sembra sia ciò che è accaduto a questa ragazza, una gravidanza indesiderata, poi una seconda, entrambe negate, come se non stesse accadendo. In questi casi il bambino viene vissuto come un corpo estraneo, da espellere e da eliminare. Siamo di fronte a situazioni in cui il neonato, frutto di quella gravidanza non accettata, negata e pertanto nascosta al mondo, viene percepito dalla madre come un oggetto, che le suscita sentimenti di estraneità e ostilità.

Molto spesso in questi casi la psiche, che rifiuta e nega la gravidanza, condiziona anche i processi fisiologici, è pertanto frequente che la donna non aumenti di peso significativamente o adotti comportamenti per evitare che questo avvenga. Nel caso specifico sembra che le amiche della ragazza riferiscano che la stessa ultimamente non mangiasse o mangiasse pochissimo, probabilmente, appunto, per evitare di prendere peso.

Ma come dicevamo, anche la crescita e il posizionamento del feto, in queste situazioni, sembrano essere condizionate dalla negazione psichica materna, sviluppandosi prevalentemente in verticale, nella parte alta dell’utero e limitando i suoi movimenti. La negazione psichica della gravidanza in questi casi gioca un ruolo centrale, anche in grado di poter condizionare quella che è la percezione delle persone che sono vicine alla madre.

Sembra che questa ragazza, negando questa gravidanza, abbia come scisso la sua condizione fisica dalla gestione della sua quotidianità, che ne è risultata pertanto, agli occhi degli altri, invariata ed assolutamente normale. Sarà fondamentale ora comprendere le ragioni e le cause che sono state alla base di questi agiti, anche per determinare il grado di responsabilità della ragazza.

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Sono Psicologa Clinica, Psicoterapeuta e Criminologa Forense. Esperta di Psicologia Giuridica, Investigativa e Criminale. Esperta in violenza di genere, valutazione del rischio di recidiva e di escalation dei comportamenti maltrattanti e persecutori e di strutturazione di piani di protezione. Formatrice a livello nazionale.
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