Come si è arrivati all’accordo per produrre 10 milioni di dosi di vaccino Sputnik V in Italia
Adienne Srl, azienda italiana parte della multinazionale Adienne Pharma&Biotech, produrrà il vaccino Sputkik V nello stabilimento di Caponago, in provincia di Monza Brianza, a partire da luglio 2021. L'annuncio è stato dato questa mattina da Vincenzo Trani, presidente della Camera di Commercio Italia-Russia e "facilitatore" dell'intesa stipulata da Antonio Francesco Di Naro, amministratore delegato società farmaceutica italiana, con Kirill Dmitriev, omonimo alla guida del Russian Direct Investment Fund (RDIF). Le trattative tra l'azienda brianzola e il colosso russo hanno avuto inizio alcuni mesi fa e sono state sollecitate dalla Camera di Commercio italo-russa, che ha lavorato alacremente nel tentativo di trovare – tra i suoi associati – imprese che disponessero delle tecnologie per produrre milioni di dosi di vaccino contro il coronavirus. "Regista" dell'operazione è stato Vincenza Trani, imprenditore italiano che vive da 20 anni a Mosca e che già all'inizio di novembre si è vaccinato contro il Covid-19 facendosi somministrare due dosi di Sputnik V.
Lei è stato vaccinato ormai quattro mesi e mezzo fa. Come sta?
Continuo a star bene, non ho avuto nessun effetto collaterale e ogni due settimane mi sto sottoponendo a degli esami volontari per monitorare la presenza di anticorpi. Nonostante siano trascorsi quattro mesi e mezzo, la loro quantità continua ad essere costante. Ciò significa che il vaccino sta funzionando.
Cosa prevede l’accordo stipulato tra il Russian Direct Investment Fund (RDIF) e la Adienne Slr?
Come avevo auspicato da tempo l'accordo prevede una produzione in Italia del vaccino Sputnik V presso lo stabilimento Adienne di Caponago, in provincia di Monza Brianza, a partire da luglio 2021. Da adesso all'estate vi sarà tra le parti un costante scambio di informazioni e materiale, quindi si partirà con la produzione vera e propria. Nei mesi scorsi ho presentato al Russian Direct Investment Fund tre società farmaceutiche italiane ma solo la Adienne – piccola realtà virtuosa specializzata in farmaci oncologici, antitumorali e per malattie rare – aveva i requisiti tecnici e le attrezzature necessarie. Non conosco, naturalmente, le condizioni economiche dell'accordo stretto tra l'azienda italiana e quella russa, come Camera di Commercio ci siamo limitati a "presentare" le due parti. Conosco bene, però, il ceo di Adienne Antonio Francesco Di Naro: si tratta di un imprenditore serio e solido.
Il vostro ruolo di "facilitazione" della trattativa è stato richiesto dal Ministero della Salute italiano?
Assolutamente no. Come Camera di Commercio non abbiamo mai parlato con soggetti del governo italiano. Ci siamo limitati a mettere in contatto aziende nostre associate con il Russian Direct Investment Fund affinché venisse avviate una produzione del vaccino Sputnik V anche in Italia. Come detto erano tre le società italiane potenzialmente interessate, ma una soltanto ha concluso l'accordo. Credo che ciò dipenda dal fatto che negli ultimi anni le società farmaceutiche avevano di fatto dismesso la produzione di vaccini a favore di quella di altri medicinali, smantellando degli apparati produttivi che invece – durante questa crisi sanitaria – sarebbero stati molto preziosi.
Lei vive in Russia da vent'anni, ci tolga una curiosità: perché lì la campagna di vaccinazione procede così a rilento anche se il paese può contare su un vaccino da molto tempo?
Sputnik V è disponibile ovunque, persino nei centri commerciali. Anche gli stranieri si stanno vaccinando, tra loro tantissimi svizzeri che possono raggiungere la Russia perché hanno le frontiere aperte, senza dimenticare i molti italiani che si sono trasferiti qui. Tra la popolazione russa, invece, c'è un comportamento diverso: già dal periodo sovietico vi era l'abitudine ad evitare vaccini ed antibiotici, infatti oggi si stanno vaccinando contro il Covid-19 solo gli anziani e i soggetti a rischio, mentre i giovani preferiscono evitare perché sono piuttosto diffidenti verso i farmaci. Ciò potrebbe però rappresentare per loro un problema, se quando si potrà tornare a viaggiare sarà necessario esibire un certificato di vaccinazione.