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Come si contrasta la dispersione scolastica?

Quando un ragazzo abbandona la scuola, quanto si fa veramente per tutelare lui? Quanto invece solo per rispettare le procedure?
A cura di Rita Cantalino
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Un'operazione di contrasto alla dispersione scolastica ha portato alla denuncia di diciannove genitori tra Barra, Poggioreale e Ponticelli. E' successo il 25 giugno. Sarebbe interessante capire per quale ragione un'operazione del genere la si fa ad anno scolastico concluso. In teoria, se tu vuoi contrastare la dispersione scolastica, lo fai mentre si sta verificando, cioè quando a scuola si va. Qua invece le denunce e i provvedimenti scattano quando a scuola non si va più, a fine giugno. Questi ragazzi da quanto tempo non frequentavano? Sono state fatte delle segnalazioni della cosa? Che rapporto c'era tra la scuola e le famiglie? Ci sono stati dei tentativi di riavvicinarli? Il contrasto alla dispersione scolastica può essere solo repressivo? Che senso ha lasciare che un ragazzo non vada a scuola per un anno, e poi denunciare i genitori?

Quando un ragazzo non va a scuola, a meno che non si tratti di grosse eccezioni, generalmente questo avviene perché, da parte sua e della sua famiglia, c'è una scarsa considerazione dell'istituzione. La scuola è vista come una perdita di tempo. Dal punto di vista del ragazzo, è noiosa, non è interessante ed è un obbligo vissuto come una prigione; dal punto di vista della famiglia è una scocciatura, una spesa e una ragione di stress in più. In altre parole, se tuo figlio non vuole andare a scuola e tu hai ben altro a cui pensare, il problema non te lo poni e anzi magari gli fai pure trovare un lavoro, nel frattempo. Dal punto di vista della scuola, nella maggior parte dei casi, ci si libera da un problema, specie quando ad abbandonare sono ragazzi irrequieti che passano le giornate a disturbare le lezioni.

Poi finisce l'anno scolastico, e il 25 giugno si denunciano diciannove genitori. Ma non possiamo immaginare una scuola nella quale chi non vuole andarci sia invogliato, piuttosto che costretto? Che abbia dei programmi e delle attività alternative, per chi viene da situazioni di disagio? O ci aspettiamo che un ragazzino, che magari tiene l'inferno a casa, la mattina si svegli e si rechi placidamente a scuola, e resti fermo dietro al proprio banco per quattro, cinque, sei ore? È troppo facile lasciar correre per un anno, concentrarsi su chi non dà problemi e lasciare indietro chi ne dà, perché “fa perdere tempo agli altri”, e poi mettere le carte a posto con le denunce alle famiglie a fine anno, quando si chiudono i registri e si contano le presenze e le assenze.

A volte capita che le scuole si dotino di programmi di contrasto. Quando hanno i soldi (mai) o quando vincono qualche bando (a volte), iniziano i famosi progetti contro la dispersione scolastica. Progetti di prevenzione, dove vengono piazzati tutti i soggetti difficili della scuola (spesso sono gruppi molto cospicui e difficilmente gestibili) e li si trattiene ulteriormente dopo l'orario delle lezioni (visto che la scuola gli piace assai) a fare praticamente niente, perché i soldi per le attività non ci stanno. Poi magari quei ragazzi la scuola la abbandonano, visto che tutto questo appeal questi progetti non lo hanno avuto, e nessuno fa niente. Qualche volta, ma non sempre, si segnala la cosa ai Servizi Sociali e, con tutto il tempo del caso, questi intervengono. Tanto l'iter burocratico è stato seguito, tutto è regolare: la scuola il suo l'ha fatto e i servizi sociali pure.

Gli unici che non hanno fatto quello che andava fatto sono i ragazzi. Che a scuola non ci sono andati, e probabilmente la scuola continueranno a odiarla pure se costretti ad andarci. Magari nel frattempo perderanno pure l'unico punto di riferimento che hanno, le famiglie, visto che i genitori sono stati denunciati. Però questo non è importante: la cosa importante è che l'azione di contrasto è stata fatta, le carte stanno a posto.

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Blogger e attivista. Nata a Napoli nel 1988, dove mi sono laureata in filosofia politica. Sono stata coordinatrice provinciale dell'Unione degli Studenti Napoli e coordinatrice cittadina di Link, coordinamento universitario. Ho lavorato come educatrice per Libera in progetti con ragazzi provenienti da contesti di disagio. Il mio blog personale è Errecinque. Ho un sacco di romanzi nel cassetto.
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